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Francesco d’Assisi, riparatore di breccia. Da lui imparare a ricostruire per amore. La riflessione di Padre Antonio Ridolfi

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La famiglia francescana chiamata a lenire le ferite. Sul modello di San Francesco, tutti gli uomini, in armonia con il Creato possono vivere l’esperienza della misericordia

di Padre Antonio Ridolfi, ofm
con Don Cesare Tescione

padre-antonio-ridolfi-300x200Dall’insieme degli eventi, della storia  della  salvezza e  storia  della  Chiesa, ritengo opportuno aprire l’articolo su Francesco riparatore di breccia, con  l’espressione di sant’Ireneo da Lione: “La Gloria di Dio è l’uomo  vivente”. Dio, in altre parole, manifesta la consistenza del suo volto (o gloria) nel prendersi cura della vita di ogni essere vivente, specialmente delle persone umane nelle quali ha impresso la  sua  immagine  e somiglianza ( cf. Gn 1,27). E per esse, infatti, che  crea il mondo e le condizioni perché la loro esistenza sia vivibile e possa essere chiamata tale (cf. Gn 1-2) anche dopo il loro peccato (cf. Gn 3-11). E perché tutte diventino veramente creature viventi (Gn 2,7 ) affida alla loro responsabilità un progetto di vita, il  progetto shalom  nell’ Antico Testamento, racchiuso nella “Torah” o nei Vangeli come quello di Giovanni 1,1 : “Ἐν ἀρχῇ ἦν ὁ λόγος” In principio era il Verbo  (pienezza di vita che  poi si rivelerà nel Figlio umile, servo, Crocifisso  e Risorto che in Lui per Lui ed in vista di Lui tutte le  cose  sono state create  cf. Col 1,16).
Esso consiste nel vivere relazioni armoniose con il proprio Creatore e Signore accettato come orizzonte di senso della  propria esistenza , con le  altre persone accolte come  fratelli e sorelle e con il creato da “dominare e custodire ( cf. Gen. 1,26)”. Ma dopo il peccato originale molti uomini e donne hanno scelto e scelgono, sotto condizionamento del male (cf. Gn 3,1-7)  di allontanarsi da Lui, fonte della vita, seguendo le  strade dell’ idolatria, della violenza, dell’inimicizia e dell’ingiustizia (cf Lev. 20,5-6 ). Dio a sua volta da sempre  testimonia  il suo amore come perdono e di restare fedele all’alleanza che lo lega alle sue creature. Per  questo indica  strade verso quali potersi incamminare per ritornare a dare senso alla  propria  esistenza. Sono le strade della  fede della libertà e della santità, sulle quali Egli per primo si fa pellegrino per accompagnare il suo popolo e i suoi eletti per la conoscenza del suo volto misericordioso per tutta l’umanità. Strade  che  si percorrono vivendo in continuo ascolto della sua Parola, formando una comunità che incarna nel quotidiano relazioni di giustizia al suo interno ed esprimendo la  propria fede con un culto che  faccia  memoria dei suoi interventi salvifici.
Quante esperienze  di Grazia  sono raccontate nella Sacra Scrittura ma anche tante drammatiche storie di peccato, di rovina e distruzione verso le quali Dio invia i suoi profeti a richiamare il suo popolo  all’ascolto, al ritorno, alla  fedeltà e alla riedificazione di un regno di pace e di giustizia.
Forti ed emblematiche  le  citazioni di Isaia cap. 58,1-12  “… ti chiameranno riparatore di brecce e restauratore di case in rovina per abitarvi” e del Siracide  cap. 50,1-7  dove Simone Figlio di Onia, sommo sacerdote  “…nella sua vita riparò il tempio, e nei suoi giorni fortificò il santuario”, e come anche Esdra e Neemia e prima ancora Davide e Salomone che costruiscono il  Tempio e la Citta dell’ Eterno.


Ogni volta che Gerusalemme è distrutta, dopo ricomincia la ricostruzione. Il costruttore è chiamato riparatore di brecce. Categoria biblica che indica un lavoro oggettivo, ma anche una  dimensione teologica di salvezza.  Questa categoria della ricostruzione: Riparatore di brecce, costruttore del Tempio o della Citta Santa, è l’ espressione dell’amore di Dio per il suo popolo. Dopo il peccato, l’allontanamento del popolo dal suo Signore Egli esercita il perdono e la misericordia attraverso un gesto di tenerezza e di protezione: suscita riparatori di brecce, che si prendono cura, a nome di Dio, di ricostruire le mura della Città, il Tempio,  la  Chiesa nel caso di Francesco  (2c 10: ff 593-594).
Questa categoria biblica la possiamo applicare a Francesco e per la sua esperienza a San Damiano ben si addice: Francesco riparatore di brecce.
Se si legge l’esperienza di san Damiano in chiave storica come ricostruzione di una chiesa  fatiscente è semplicemente un evento della vita di Francesco, importante, ma resta solo un fatto cronologico.  Ma   leggendo, con pensiero ardito, questa esperienza in chiave profetica, nella luce delle azioni simboliche dei grandi profeti, allora l’esperienza di Francesco, indispensabile a livello storico, diventa  un gesto programmatico tanto importante da gettare luce sul futuro di frate Francesco, sulla sua santità, sulla  Chiesa Universale e sulla  nuova Fraternità evangelica. E’ come l’esperienza di Geremia, di Ezechiele, di Osea. La sua stessa vita deve essere profezia: la vedovanza per Ezechiele, il celibato per Geremia, il matrimonio con una prostituta per Osea, Madonna povertà per Francesco.
Il Signore lo guida, lo accompagna  come  i discepoli di Emmaus ad entrare nel paradosso della  Croce,  solo l’incontro con il Crocifisso lo mette in una  condizione  di “ Incipit  kerygmatico “ il quale   da significato alla sua esistenza, come forza trasformante e salvezza incarnata. Accogliendo l’annuncio/ incontro   fa in modo che  le sue categorie, i suoi desideri, speranze, progetti e aspettative entrino nello  spazio teologico della Grazia (Kayros)  che viene incontro ad ogni ’uomo con la potenza della  Misericordia perché questa faccia breccia nel cuore convertendolo, rinnovandolo, trasformandolo, santificandolo e di conseguenza  testimoniando con la  vita l’opera edificante  di Dio.
Dal racconto del  Testamento si  evidenzia l’inizio del  suo itinerario in cui afferma : “il Signore dette a me…” (cf Test .110). E’ l’incontro che  parte dai lebbrosi, da un ambito di persone  scartate dalla società, da cui  inizia  un cammino di riconciliazione con sé  sul fondamento della pietra scartata ( Sal. 117, 2; Mt 21,42; Mc 12,10; Lc 20,10; At 4.11),  la  chiesa dei poveri, dei lebbrosi, di cui nessuno si interessa più. Francesco acquista il nuovo sapere che  gli viene donato dalla  presenza  tra i lebbrosi che gli permette di avere i presupposti per una scoperta di tipo rivelativo del mistero nascosto nella croce di Cristo, il crocifisso di San Damiano (cf. 3Comp 10, FF 1406).  In esso Francesco rivede risplendere la stessa logica trovata dai lebbrosi; una scoperta che nasce da consonanza e continuità esistenziale e diventa stupore affettivo e concettuale  di una  rivelazione che  ha già il tutto, nel tempo, incominciando a partire da se’, la prima fondamentale  esperienza di riparatore della  casa in rovina, la  sua  vita nei peccati ( cf FF. 110, 1-5).
E’ da’ questa esperienza di se stesso, con la mediazione degli incontri, che Francesco maturerà la misericordia e la compassione con gli altri tramite le parole e il concreto agire rivolgendo il suo messaggio innanzitutto a quelli che desiderano imitare interamente il suo stile di vita che aveva ricevuto dall’Altissimo stesso, per amare Dio con tutto il cuore e con tutta la mente. L’identificazione con il Dio misericordioso e compassionevole nel Cristo crocifisso, povero e sofferente resterà una costante nel pensiero dell’Assisiate, che appare in molteplici aspetti: prima di tutto ha creato una nuova relazione con ogni uomo, ma anche ha portato i frutti nell’amore per la natura e per le sue creature visibili del divino nella sua più immediata epifania (cf. il Cantico delle  creature).
Oggi la famiglia  francescana è chiamata come non mai  alla missione di riparatrice di brecce. E’ il ministero da campo per gente ferita, quasi da pronto soccorso. Compito profetico delicato, di prima linea, ma entusiasmante perché  è  Gesù  che lo chiede, un compito  affidato anche a tutti i battezzati,  uomini e donne  di buona  volontà che  hanno incontrato il Verbo di Dio Salvatore  e Redentore.

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