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Giovani, lavoro e disoccupazione. “Sapersi promuovere con competenza” l’invito del Vescovo Valentino all’Alto Casertano

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vescovo valentino di cerboUn’intervista al vescovo della Diocesi di Alife-Caiazzo pubblicata sul numero di Clarus mensile di aprile. Una riflessione sui disagi, ma anche le possibilità legate al lavoro in Alto Casertano. Un richiamo severo al mondo imprenditoriale locale e alla persistenza di lavoro nero e sottopagato.

A cura della Redazione

Uomo e lavoro. Binomio stridente, binomio discusso e spesso insoluto…
Il binomio uomo e lavoro richiama soprattutto il concetto di dignità e non soltanto quello di sopravvivenza. Infatti, un uomo senza lavoro non è in grado di esprimere se stesso e di promuovere la propria identità. Non può affermarsi, né progettare il suo futuro o peggio ancora quello della sua famiglia. Senza lavoro rischia di sentirsi umiliato e quasi invisibile.
Di fronte al problema della disoccupazione, torna da più parti la necessità di rivisitare il concetto di lavoro.

È possibile cambiare?
Il problema dell’occupazione non è soltanto un affare di governi o di provvedimenti legislativi, ma dell’intera società civile, troppo ancorata – almeno nel nostro contesto locale – ad un concetto superato di lavoro, inteso soprattutto come posto fisso, opportunità rassicurante e talora deresponsabilizzante. I mutamenti in atto nel mondo contemporaneo richiedono, invece, uno sforzo collettivo per ripensare il concetto stesso di lavoro, collegandolo con categorie come investimento, inventiva, ricerca, studio, individuazione di nuove opportunità.
Se la tecnologia sta sostituendo sempre più l’uomo, inevitabilmente si ridurranno i posti di lavoro tradizionali. A questa novità – interessante novità! – che irrompe sempre più nella società contemporanea, il nostro Paese – e l’intero sistema di formazione scolastica e professionale – non sempre si mostrano pronti. Inoltre, a rendere ancor più fragile questa complessa situazione si è aggiunto il fenomeno della delocalizzazione del lavoro ad opera di un certo mondo imprenditoriale in cerca di manodopera a basso costo, prescindendo da ogni forma di responsabilità morale anche nei confronti del proprio Paese, delle famiglie, di tante professionalità e competenze.

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Il disagio sociale è crescente. Anche il nostro territorio risente di questa pesantezza, e Lei, anche in occasione della Visita pastorale, ha avuto modo di toccare con mano la difficoltà di molte famiglie o di tanti giovani…
Bisogna evangelizzare il lavoro, leggendolo in una luce diversa e ripensandolo sempre più come creatività, dignità, progetto e futuro. Solo questa strada, può contribuire a migliorare lo stato sociale e dare serenità all’uomo. Colgo tristezza, amarezza, sfiducia soprattutto tra i giovani, ai quali invece viene chiesto di guardare avanti, guardare oltre le difficoltà di questo momento, spesso senza mettersi in ascolto delle loro esigenze, senza sostenere la loro ricerca e senza aiutarli efficacemente a pensare il lavoro in modo nuovo.

Quali soluzioni – o meglio – quali speranze intravede un Vescovo in questo cammino?
Anche in questo ambito occorre uscire da una visione individualistica. Occorre mettersi insieme, far rete: solo così è davvero possibile guardare oltre. Occorre cercare tra giovani idee vincenti e nuove opportunità. A tal fine, la conoscenza e lo studio del territorio sono presupposti fondamentali.

L’esperienza del nostro territorio è anche quella del lavoro nero, o del lavoro sottopagato. Anche su questi temi è spesso tornato nelle sue omelie. Perché con tanta frequenza?
Perché mi sono confrontato con sentimenti di delusione, di disaffezione al territorio e di voglia di fuggire di tanti nostri giovani e di tante famiglie. È irresponsabile e immorale da parte di piccoli e medi investitori e imprenditori locali l’atteggiamento di mancata “protezione” del territorio: perché un giovane – o ancora peggio un padre di famiglia – costretto a poco più di una paghetta, è esposto ad umiliazione, a disagio, alla consapevolezza di contare poco, ad ansia per il domani, condizioni non degne di una persona umana e non promettenti per il futuro del nostro territorio. Mentre spesso chi ha in mano le sorti di questa microeconomia ostenta un lusso stridente con la difficile realtà dei propri dipendenti.

intervista al vescovo valentino di cerbo
Cosa manca a questo territorio per migliorare?
Guarderei anche a cosa è mancato. L’Alto Casertano è un territorio a vocazione agricola e turistica. Molte famiglie – per tradizione impegnate nel settore – hanno investito sulla formazione universitaria dei propri figli, ma non sul loro futuro nell’azienda di casa o nel territorio, secondo uno schema di antichi retaggi in cui futuro e passato sono forzatamente sganciati tra loro. Da qui è cresciuto notevolmente il numero di giovani laureati, ma anche di aziende che stanno lentamente morendo perché incapaci di reggere il confronto con una moderna concezione del lavoro agricolo e turistico, rispondente alle attese di mercato. Questa inconsapevole contraddizione ha messo in piazza un elevato numero di domande e un ridotto numero di offerte e quindi di giovani – competenti e preparati – ma non per il locale mercato del lavoro, dove prevale il settore della ristorazione, della trasformazione e dell’accoglienza. La fuga di belle risorse dal nostro territorio è diventata così una piaga endemica e preoccupante.

Cosa chiede allora il Pastore al suo territorio?
Sapersi promuovere con competenza, senza temere di lavorare in rete e mettere al servizio di tutti e dell’intero sistema produttivo locale le migliori competenze e professionalità. Ma anche di saper affrontare il sacrificio di un lavoro con dignità e orgoglio.
Se il nostro rimane un territorio a vocazione agricola e turistica, da cui è possibile commercializzare prodotti di qualità e offrire opportunità di relax a turisti provenienti da zone sovraffollate della Regione, allora bisogna reinventarsi le tecniche di proposta e di rivalutazione.
I nostri giovani possiedono creatività ed umiltà illimitati; bisogna includerli efficacemente nei progetti di sviluppo del territorio e contare di più sul loro protagonismo.

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