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Un nuovo ponte tra le generazioni grazie alla musica dei Battibotti del Matese

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E’ l’esperienza musicale di sette giovani della nostra terra. Clarus continua a promuovere i giovani talenti (anche musicali). In più occasioni il Vescovo Valentino Di Cerbo ha chiesto ai Comitati festa di “concedere” il palcoscenico “ai talenti di casa nostra”

La Redazione – Melodia e ritmo; tradizione e innovazione; originalità e storia. Sono gli elementi che rendono unica sul nostro territorio l’esperienza musicale della band I Battibotti del Matese. L’appuntamento con la nostra redazione è fissata solo per due di loro, ma in realtà si presentano in sette, il gruppo al completo: “E’ la nostra prima intervista”, ci spiegano.
Hanno tra i 14 e i 20 anni e provengono da Baia e Latina, Gioia Sannitica, San Potito Sannitico: amici che condividono ormai da anni la passione per la musica, seppur ognuno prediliga un genere particolare che continua a coltivare; tuttavia la svolta e la composizione di questo gruppo risale a 6 mesi fa. Tutto ha inizio dopo aver partecipato al concerto di Enzo Avitabile a Gioia Sannitica dove l’artista campano si esibisce con un gruppo di bottari: si tratta di una esperienza musicale rara ma destinata a segnare per originalità e completezza la scena musicale italiana del momento.
Sono i ritmi cadenzati e incalzanti dei bottari di Avitabile ad accendere in questi giovani il desiderio di provare. Nulla è affidato al caso né all’improvvisazione, e così decidono di “studiare” questo genere affidandosi alla cura di maestri esperti della tradizione musicale popolare, fatta non solo di sonorità, ma anche di materiali, tecniche, strumenti inusuali. La novità dei Battibotti del Matese sta tutta nella volontà di fondere tradizione e innovazione, popolare e moderno; e allora botti e tini da percuotere a colpi di mazzafuni e legni (sono gli attrezzi usati per colpire il morbido di castagno di cui si servono) si uniscono alla fisarmonica, alla chitarra e al basso. Non mancano le voci a dare un’anima al repertorio acceso e vigoroso dei loro spettacoli accompagnati da crescenti consensi.
Claudio Leardi (17 anni, botte), Salvatore Fragola (17 anni, fisarmonica e voce), Andrea Augusto Fatone (20 anni, chitarra e voce), Davide Fatone (15 anni, basso), Andrea Fragola (17 anni, tino), Giovanni Gaudio (16 anni, botte), Alfonso Buondonno (14 anni, tino). Sono i nomi di questi sette ragazzi “diversi dal solito”, appassionati di non solo di rap, blues, rock e popolare, ma soprattutto delle proprie radici, quelle che vengono dal popolo, dai ritmi da ballare e quindi da condividere. Nel giro di 6 mesi il loro nome, e soprattutto la competenza dimostrata, trova risposta nel pubblico che applaude e partecipa accompagnando con il ritmo di mani la loro musica: del resto la magia del canto popolare altro non è che partecipazione universale di emozioni e corporeità. I nostri amici, hanno osato qualcosa di folle, fuori dal comune reinterpretando alla maniera dei bottari anche canti del repertorio internazionale e nazionale come We will rock you, Life is life, Brigante se more e finanche La canzone del sole.

Questo è il racconto dei primi mesi di attività, ma poi c’è posto anche per le curiosità, del tipo “dove vi riunite per provare?” dal momento che i loro strumenti risultano piuttosto ingombranti. “Ci troviamo in un garage, che è anche cantina; ma nei giorni di sole ci organizziamo all’aperto. In ogni caso – sorridendo e soddisfatti – a San Potito ci sentono per l’intero paese; spesso dobbiamo ridimensionare ritmi e volumi”. E’ come se fossero sempre in concerto dal momento che la loro musica fa presto a filtrare porte e finestre ed entrare nelle case del circondario. Li apprezzano, ne sono convinti sostenitori, e a maggio in occasione della festa patronale, saranno loro ad animare una serata del piccolo paese matesino.
A cosa puntano questi 7 ragazzi? “A creare un genere nostro che sappia unire le generazioni in nome della musica”. Lo studio dei mesi passati, il sogno di offrire una novità alla loro terra, di far divertire e incuriosire; sguardi attenti ed entusiasti a cui si aggiunge una bella dose di modestia, semplicità e grinta: si raccontano in questo modo, con uno stile che sa di libertà, di voglia di vivere, ma anche di crescere e migliorare.
Dove vorranno arrivare? Rapidamente uno sguardo tra loro (domanda inaspettata?); fino ad ora hanno assaporato il presente di questa esperienza senza ambizioni “lontane”. E’ il presente è l’esperienza più vera per un adolescente, quella – paradossalmente – più vicina ai propri sogni. Poi un’altra carica di vita sbuca dalla voce di uno di loro: “Mio padre mi ripete sempre un noto aforisma: “Punta sempre alla luna, mal che vada avrai comunque vagato tra le stelle”.
C’è da notare, con un pizzico di disappunto per una “massima” tanto cara ai più, che tra la Terra e la Luna non vi sono stelle. A questo punto che si fa? Si deludono i sogni sul nascere? L’augurio che con affetto rivolgiamo ai Battibotti del Matese è di puntare oltre la luna, alla ricerca della loro stella, quelle da cui ci si può affacciare, guardare la Terra e la piccola Luna starle accanto.
Un altro augurio è quello di vederli spesso e presto, dal vivo, nelle nostre piazze.

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