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Sinodo diocesano. “Via ogni traccia di cinismo”. Così si cambia

In apertura la riflessione del professore Torcivia sulla "chiesa sinodale"

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Una Chiesa sinodale è diversa, non è quella che guardandosi allo specchio si compiace di se stessa, ma è la comunità che osa mettersi in discussione senza temere il confronto e la rottura con il passato. Un passato anche recente, retaggio di vecchie, comode e consolidate abitudini, di quelle che affondano le radici nell’espressione “abbiamo sempre fatto così”, senza  orecchi ed occhi rivolti al territorio, a chi chiede novità, partecipazione, rispetto.
È faticosa la Chiesa sinodale, quella che ieri sera di fronte ad un’affollata Cattedrale di Alice ha descritto il professore Carmelo Torcivia, pastoralista, docente universitario di Teologia, e da pochi giorni responsabile dell’Ufficio Pastorale della Diocesi di Palermo.
Il primo convegno, quello che ha ufficialmente aperto la fase presinodale della Diocesi di Alife-Caiazzo ha visto Vescovo, sacerdoti e laici confrontarsi con il significato della parola Sinodo e le variabili che nella storia millenaria della Chiesa hanno determinato in chiave sempre più responsabile e partecipata il ruolo di tutti i battezzati, la chiesa-popolo di Dio della Lumen Gentium, costituzione che il Concilio Vaticano II consegnava all’umanità.
Quanta strada è stata percorsa dai nostri vescovi, dai presbiteri, dai fedeli nella consapevolezza che chiesa è sinodo, è camminare insieme e nel cammino lasciarsi accompagnare da Cristo?
Sinodo non è l’assemblea del fare, ma dello stile di coloro che hanno deciso di cambiare, “è la nuova fase della nostra vita diocesana”, come ha detto don Emilio Salvatore, segretario del Sinodo, in apertura dei lavori. “Siamo qui per dare inizio ad un tempo comune di riflessione, non solo un momento puntuale di grazia e di progettazione, ma di acquisizione di uno stile capace di coinvolgerci nell’amore alla nostra chiesa di Alife-Caiazzo”.
Parole che si ancorano alla gioia e alla tenacia del vescovo Valentino, che ha chiesto alla sua comunità il passo oltre, ha chiesto “di prendere il largo, sperimentare la comunione, metterci nelle mani di Dio e diventare sua dimora tra gli uomini”, un sogno che solo condividendolo e partecipandolo diventa vero, diventa realtà.
È pronta la Diocesi di Alife-Caiazzo a cambiare?
Apertura sinodo diocesi alife caiazzoLa risposta del laicato è già nella pronta partecipazione alla prima assemblea di ieri sera e confermata da un disponibilità sempre diffusa al dialogo, ad accogliere proposte e mettersi in discussione ad ogni sollecitazione venuta dal centro purché condivisa, discussa insieme, approfondita, non improvvisata, partecipata. La recente Visita pastorale di Mons. Di Cerbo ha confermato questo modo di essere dei fedeli di Alife-Caiazzo, ma adesso serve di più, da parte di tutti.
Dal Vaticano II ad oggi ci passa la chiesa che siamo diventati, oggi scossa dall’invito di Papa Francesco di essere alle periferie “cioè dappertutto, cioè dov’è Cristo” ha sottolineato Torcivia; non in un luogo scelto, ma dappertutto, senza nascondimenti senza rinunciare allo stile personale di ciascuno, ma “tutti dentro, sicuramente diversi ma insieme coralmente e con carismi diversi” fondendo in maniera assoluta pastorale e missione.
La chiesa sinodale che il Professore ha raccontato all’assemblea di Alife-Caiazzo è quella povera, cioè che qualifica il cristiano come uomo libero, coraggioso davvero di raggiungere senza pigrizia quelle periferie.
Quale speranza riesce a tenere unita una chiesa (quindi anche una Diocesi) dai suoi molteplici volti, aspettative, attese e sogni?
Davvero un sinodo può imprimere la svolta ad un territorio ferito al suo interno?
“I tempi della semina e del raccolto non toccheranno alle stesse persone”, Torcivia ha risposto alle sollecitazioni e a qualche delusione manifestata tra i presenti sul modo di essere chiesa oggi, sulla fatica che ancora si fa nel tentare di essere nel quotidiano, nelle parrocchie, nei luoghi della vita cristiana, chiesa sinodale.
“Ognuno di noi porta ferite, ma esse hanno bisogno di essere rimarginate; le ferite sono anche quelle del Signore crocifisso e risorto che Egli non perde anzi le mostra… Ogni ferita, per noi tutti, per questa chiesa, non possono essere motivo di blocco alla parola del Signore che ci chiede un cambiamento permanente”.
Scuote il messaggio del professore alle parole “Qui si fa obbedienza a Dio, per cui ogni limite, ogni diffidenza, ogni delusione solo a Lui va consegnata”. Messaggio che tocca la spina dorsale della chiesa di Alife-Caiazzo, i suoi sacerdoti, i collaboratori laici, i fedeli impegnati da protagonisti nella pastorale e scossi al cambiamento: “Eliminare qualsiasi traccia, seppur piccola, di cinismo!”, categorico Torcivia, intercettando la fatica, il peso, ma anche i sogni di questa chiesa, toccando un nervo scoperto che ripetutamente porta in vista risentimenti personali, delusioni dispiegate per giustificare il “no” ad ogni possibilità di cambiamento che adesso si rende necessario.
“Obbedienza a Dio” è la sua ultima risposta che secondo Torcivia, si coniuga nell’obbedienza ai ministeri e alle competenze, al ruolo di chi nella comunità pastorale, con esplicito riferimento al laicato, è perfettamente in grado di guidare altri: “questa è la sapienza della comunità cristiana”. Così si cambia.

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