La riforma del Titolo V della seconda parte della Costituzione ha lo scopo di rendere più chiaro il riparto delle competenze tra Stato e Regioni. Si definisce meglio chi fa cosa. Lo Stato avrà le sue competenze legislative esclusive e le Regioni avranno le proprie: saranno eliminate le cosiddette “competenze concorrenti”, che troppo spesso hanno causato conflitti tra i livelli di governo, duplicazioni e inefficienze. Un tema cruciale è la sanità: lo Stato si riappropria del diritto alla salute, lasciando alle Regioni la sola organizzazione sanitaria. Sarà così possibile superare le troppe differenze di servizio sanitario tra le Regioni: non è accettabile che in alcune zone d’Italia i cittadini ricevano prestazioni sanitarie peggiori che in altre regioni, che debbano pagare di più o che siano costretti a spostarsi altrove per le malattie più gravi. La riforma del Titolo V rappresenterà anche una svolta meritocratica: le Regioni virtuose, con conti in ordine, potranno avere maggiore autonomia, in materie come governo del territorio o politiche attive del lavoro.
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Con la riforma si cancella la potestà legislativa “concorrente”: lo Stato sarà competente in via esclusiva su molte materie; le Regioni su altre. Si introduce la c.d “clausola di supremazia”: il Governo, se lo richieda l’interesse nazionale o la tutela dell’unità economica o giuridica, potrà chiedere al Parlamento di intervenire con legge nelle materie di competenza regionale. Si pongono diversi problemi. Intanto è fisiologico che l’introduzione di nuove materie trascini con sé l’esigenza di una loro nuova definizione. In secondo luogo, il confine tra ciò che spetti allo Stato e alle Regioni è spesso confuso; si pensi alla tutela della salute: lo Stato sarà competente solo sulle “disposizioni generali e comuni” della materia, mentre sul resto ci penseranno le Regioni. In terzo luogo, le competenze risultano talvolta sovrapposte: ad es. il governo del territorio (di competenza dello Stato) e la pianificazione del territorio regionale (di competenza delle Regioni). In quarto luogo, contro la “clausola di supremazia” le Regioni non potranno opporre alcunché: le condizioni del ricorso ad essa sono di natura politica e non giuridica e le valuterà discrezionalmente il Governo.
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da Agensir