Home I Sentieri della Parola L’obbedienza relazionale. Commento al Vangelo del Battesimo di Gesù

L’obbedienza relazionale. Commento al Vangelo del Battesimo di Gesù

Anno A - I per Annum - Battesimo del Signore (Mt 3, 13-17)

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A cura di don Andrea De Vico
Anno A – I per Annum – Battesimo del Signore (Mt 3, 13-17)

“Ecco il mio servo che io sostengo, il mio eletto di cui mi compiaccio”.
La prima lettura, tratta da Isaia, profeta vissuto nell’VIII sec a.c. durante il periodo dell’esilio a Babilonia, è caratterizzata dalla misteriosa figura del “servo del Signore”, un servo innocente e giusto, chiamato a radunare il popolo disperso e ad essere “luce delle genti attraverso una morte violenta che espia i peccati del popolo. Isaia dice che questo servo “non spezzerà la canna incrinata e non spegnerà lo stoppino fumigante”. In Babilonia l’araldo del Re, quando menava il bando di una sentenza di morte, spezzava una canna e spegneva uno stoppino. Il Servo-Messia invece non verrà per condannare, ma per dare vita. Il Vangelo identifica il servo di Isaia nella persona di Gesù:

“Ed ecco una voce dal cielo che diceva: «Questi è il figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento»”
Giovanni sta dando il battesimo, Gesù si accosta a lui, si sottomette alla sua azione, ma il Battista mostra una certa renitenza: “è più giusto che sia io a ricevere il battesimo da te”. Gesù insiste: “lascia fare, perché conviene che adempiamo ogni giustizia”. Ciascuno dei due, evidentemente, si sente mosso da un dovere di giustizia. Sembra quasi che ci sia un conflitto tra due idee di giustizia. C’è sempre una difficoltà nello stabilire cosa sia giusto e cosa no. Nel linguaggio biblico la giustizia comporta un riferimento alla volontà divina. Gesù e Giovanni vogliono la stessa cosa, ma con un sentimento diverso. Per arrivare a questa giustizia, si esprimono in una reciproca sottomissione, riconoscendo ciascuno la vocazione l’uno dell’altro. L’azione obbediente di Giovanni è ciò che permette a Gesù di fare una straordinaria esperienza di filialità.

Nella Chiesa, in Parrocchia e negli Istituti religiosi c’è il Vescovo, c’è il parroco e c’è il superiore. Questa “superiorità” non va interpretata nel senso che “io dico e voi fate”: questo è totalitarismo, è l’obbedienza del soldato che obbedisce al generale, o del cane che ha paura della cinghia del padrone. L’obbedienza viene sentita, praticata o pretesa come il prevalere della volontà di uno a discapito di un altro. Chi si adatta a questo tipo di “obbedienza colpevole” apre la via ad ogni abuso, gioco di potere e sopraffazione. Talvolta “la virtù dell’obbedienza” viene intesa come un atto infantile o di cieca mortificazione individuale, cosa che non ha nulla a che vedere con la ricerca efficace della giustizia (cioè della volontà di Dio). Se ne accorge frate Elia quando deve mandare dei frati in Germania. Uno di loro non si sente adatto, non sa decidere, per cui si rivolge al superiore: per piacere, ordinami tu! dimmi se devo andare o no! da solo non so decidere. Frate Elia gli risponde: io ti ordino, fratello, in nome della santa obbedienza, di decidere se vuoi andare o no”. E il frate disperato: comandami tu quello che vuoi, preferisco! Chiaro che questo tipo di obbedienza incondizionata non è il massimo della praticità, anche perché si sostituisce alla capacità di assumersi delle responsabilità: l’infantilismo di chi trova più facile rifugiarsi nei poteri forti!

Stando alla relazione che si instaura tra Giovanni e Gesù al Giordano, la vera obbedienza consiste in un “ob-audire”, cioè in un ascolto reciproco, una una sottomissione reciproca, al fine di poter individuare quel che è teologicamente giusto nella vita personale e comunitaria. L’obbedienza adulta e matura è azione comune, è evento di comunione, è atto libero, relazionale, come dev’essere tra marito e moglie, maestro e novizio, parroco e parrocchiani, vescovo e presbiterio. Se non c’è il riconoscimento reciproco, l’obbedienza diventa alienazione. Quando tra fratelli di fede, a qualsiasi livello, c’è un ascolto obbediente, i rapporti restano franchi, limpidi, casti, autentici!

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