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Piana di Monte Verna, scrigno esclusivo del gotico angioino con gli affreschi di Santa Maria a Marciano

Sabato a Piana di Monte Verna la presentazione del restauro sul ciclo pittorico del XVI e XV secolo. Ciò che nel capoluogo campano e nei centri maggiori del Regno è andato perduto, si conserva ancora bene nelle periferie dell'Alto Casertano.

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Scrigno di arte tutto l’Alto Casertano. Scrigno di tesori preziosi di un preciso periodo storico che gli Campania ha perduto e che invece i luoghi più nascosti, più lontani del Regno di Napoli hanno casualmente e a volte inconsapevolmente custodito.

E di questo prezioso tesoro fa parte il ciclo di affreschi conservato presso la chiesa di Santa Maria a Marciano, in Piana di Monte Verna, esempio di scuola gotica angioina, presentati sabato dopo un accurato e minuzioso restauro grazie ai finanziamenti del Programma di Sviluppo Rurale della Campania (2007/2013, misura 323) promosso dal Gal Alto Casertano.

A fare gli onori di casa, il parroco, Mons. Giulio Farina, attento sin dal suo arrivo in città – ormai oltre 30 anni fa – alle sorti di questo piccolo eremo, testimonianza di un passato artistico di notevole pregio e più volte oggetto di studio, chiuso dal 1953 al 2008 per alterne vicende di consolidamento e recupero.

Con lui l’architetto Amalia Gioia, originaria del luogo, funzionario della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio di Caserta che ha seguito il progetto sin dal suo nascere e ha moderato l’incontro di sabato, accompagnando i presenti da un intervento all’altro non senza approfondire, “riprendere”, sottolineare a più riprese il pregio artistico delle opere e il peso delle parole messe in campo dagli ospiti: Mons. Valentino Di Cerbo, vescovo di Alife-Caiazzo; il dott. Ercole De Cesare, presidente del Gal Alto Casertano; il vicesindaco Carla Massaro; la prof.ssa Sandra Perriccioli Saggese docente di Arte Medievale presso la facoltà di Lettere dell’Università Luigi Vanvitelli; la dott.ssa in Scienze dei Beni Culturali, Rosolena Maresca; il restauratore Massimiliano Sampaolesi della Società Giovanna Izzo Restauri.

Diverse voci, diverse e qualificanti esperienze per dire il valore universale e assoluto di un patrimonio che ben sintetizza la vivacità artistica e il genio che ha fatto di Napoli, capitale del Regno, una città ben più florida e produttiva delle grandi corti italiane al tempo della famiglia D’Angiò.

A sottolinearne il valore storico e artistico della Napoli angioina – per spiegare meglio e comprendere la portata degli affreschi di Santa Maria a Marciano attribuiti alla scuola del Cavallini – la professoressa Perriccioli Saggese attraverso un excursus tra le più importanti maestranze presenti in Campania in quel tempo: Montano D’Arezzo, Pietro Cavallini, Simone Martini (non personalmente in Campania, ma impegnato su committenza da Roberto D’Angiò), fino a Giotto attestato in documenti del tempo e in presunte pitture in Santa Chiara.

Ciò che Napoli ha perduto di quel tempo lo conservano le floride terre dell’Alto Casertano: Piedimonte Matese attraverso la Cappella di San Biagio, Sant’Angelo d’Alife nella cappella di Sant’Antonio Abate e Piana di Monte Verna, sono specchio di un sussulto artistico “consultabile” esclusivamente fuori dai centri maggiori.
E quello di Santa Maria a Marciano è solo l’ultimo in ordine di presentazione, di una lunga serie di lavori di restauro realizzati sul territorio tramite il Gal Alto Casertano, grazie al PSR già citato: ben 15 chiese e cappelle rurali, alcune di notevole pregio, hanno beneficiato di tali vantaggi perchè alle comunità venissero restituiti luoghi identitari, non solo memoria storica, ma spazi vitali da abitare ancora.

Che si tratti di bellezza, e che la bellezza arricchisca il territorio e la sua gente lo ha sottolineato il vescovo Mons. Di Cerbo, esprimendo gratitudine per quanti – a vario titolo – hanno a cuore le radici e le sorti della Diocesi di Alife-Caiazzo: “Più volte e in diverse circostanze ho avuto modo di constatare la passione e la professionalità di quanti scelgono di far rivivere questa terra attraverso i suoi tesori d’arte. Il recupero della memoria storica conferma la nostra identità, ci pone allo specchio, ci aiuta a comprendere meglio chi siamo oggi”.

Il dettaglio sul ciclo pittorico, affidato alla dott.ssa Maresca, ha ben sintetizzato non solo la lettura iconografica del ciclo, ma messo in luce come il restauro si è reso necessario a fronte dell’umidità di risalita che aveva danneggiato le pareti e i depositi di polvere che rendevano illeggibili le pitture restituendolo nella sua magnificenza.

A rendere questo momento ancor più suggestivo, la presenza nella chiesa di una reliquia di San Luca conservata nella chiesa Concattedrale di Caiazzo e qui accompagnata dal parroco don Antonio Di Lorenzo, motivata dal fatto che il ciclo pittorico della parete sinistra del coro è  interamente dedicato all’Evangelista.

Nel video, la sintesi a cura di Fernando Occhibove

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