A cura di don Andrea De Vico
Anno A – XII per Annum (Mt 10, 26-33)
“Non abbiate paura degli uomini…non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l’anima …”
In questa pagina di Vangelo c’è un discorso di Gesù filtrato dalla difficile esperienza dei primi missionari della comunità di Matteo, nei decenni che precedono gli anni ’80.
Nel momento in cui i cristiani cominciano a svolgere la loro missione, ecco le prime difficoltà: l’opposizione del mondo, l’atteggiamento ostile della cultura dominante, l’incomprensione della pubblica opinione.
A dire la verità, fin dai tempi di Mosè, anche i primi profeti dovettero fare i conti con la reazione violenta dei destinatari. Questi profeti affermavano la Parola di Dio – ad esempio – contro la corruzione dei potenti, in un sistema di caporalato che vendeva i poveri a giornata per un paio di sandali, vedi il libro di Amos. Inoltre, la missione dell’antico profeta diventa particolarmente dolorosa quando si rivolge non ai pagani o alla parte corrotta della società, ma ai suoi stessi fratelli di fede. Nel momento in cui lo sentono parlare, questi reagiscono male, cominciano a disprezzarlo, a deriderlo, a spiare i suoi passi, le sue imprudenze, con pressioni di ogni tipo, come riferisce Geremia: “sentivo la calunnia di molti … i miei amici aspettavano la mia caduta …”
Anche oggi chi segue il Signore è coinvolto in una dinamica simile. Ogni cristiano che onora il nome che porta, prima o poi ne accetta anche il mandato: un compito da svolgere, un servizio da eseguire, una parola da porgere, cui segue l’immancabile incomprensione dell’ambiente circostante. Voi che lavorate per le persone in stato di particolare bisogno non siete dei semplici “volontari”, ma dei veri “missionari”: è il Signore che vi invita a stare accanto a loro! Non è che uno si alza la mattina e gli viene voglia di “fare il volontario”, magari per una sua gratificazione personale.
Il “volontariato” è una categoria sociologica che va benissimo per descrivere un fenomeno sociale certamente pieno di di valore e degno di rilievo, ma in campo ecclesiale il riferimento è diverso: c’è la vocazione, c’è uno che ti chiama, e poi c’è la tua risposta in direzione di quello che devi fare.
Perché oggi nella Chiesa si parla così tanto di “volontariato” e così poco di “apostolato?” Non è che questo slittamento di parole denoti un arretramento della fede? Se la Chiesa si limitasse a fare il volontariato, che motivo avrebbe di continuare ad esistere come Chiesa? Poniamo il caso di un parroco che fa tanto bene, non disturba nessuno e sta simpatico a tutti. La sua pastorale è un successo, ci sono tante iniziative in parrocchia, tutti dicono bene di lui… Ma se il Vangelo perde la sua forza d’urto e non contrasta l’ingiustizia sociale, a che serve leggerlo ogni domenica a Messa? C’è tutta una folla di gente che insegue le proprie passioni e idolatrie, a rischio dell’eterna dannazione, e questo parroco che fa?
Si mette a fare il filantropo, il cultore d’arte, il bravo organizzatore, un grande simpaticone che indistintamente va incontro a tutti? Quando una comunità, in chi la deve guidare, invece del pungolo, trova una figura rassicurante che conferma una visione tradizionale del passato, questo non è più Vangelo, ma un anestetico paralizzante.
La Chiesa nasce missionaria! E la missione talvolta può sembrare difficile da sostenere: testimoniare dei valori che sono estranei allo spirito del mondo, al punto che uno arriva a dubitare di sé stesso, della sua missione, di Dio. Il mondo non vuole saperne del messaggio di salvezza. Il cristiano vive questo dramma, sente questo attrito, ma va avanti lo stesso, senza avere paura di niente, tanto c’è Uno che sa tutto: “perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati!”
Le omelie di Don Andrea sono salutari, delucidano la mente e rafforzano lo spirito, per la semplicità e la verità che le anima.