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Fra Gaetano è diacono, “servo come Francesco d’Assisi, Gesù Cristo sulla croce è il suo modello”

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fra gaetano diacono

Un clima di preghiera e raccoglimento ha accompagnato la celebrazione in cui Fra Gaetano Paolo Amoruso è stato ordinato diacono da Mons. Valentino Di Cerbo, vescovo di Alife-Caiazzo.
Intorno al giovane, originario di Crotone, ma da settembre membro della fraternità francescana di Santa Maria Occorrevole in Piedimonte Matese, si sono stretti i familiari, alcuni amici giunti dalla sua città, i francescani di diverse case e provenienze.
In numero maggiore e ben visibili numerose persone provenienti dalla città di Piedimonte, o altre parrocchie diocesane.

Il saluto di benvenuto all’inizio della celebrazione è toccato a Padre Gennario Russo, guardiano del Convento di Monte Muto: parole di riconoscenza nei confronti del Vescovo diocesano per aver accolto la proposta di essere le mani di Cristo nell’atto di ordinare Gaetano. “La sua presenza ci dice che la Chiesa oggi è presente, ci dice l’attenzione per la nostra famiglia francescana”.

Visibilmente commosso il vescovo, durante l’Omelia si è rivolto al frate con atteggiamento paterno, familiare, vicino, rivelando la non casualità di tale vicinanza e della sua presenza ad una ordinazione francescana.

“Mi sono chiesto: che senso ha questo nostro stare qui? C’è la cortesia, l’affetto verso fra Gaetano, ci sono delle conoscenze che si sono sviluppate nel tempo, ‘cose casuali’ diremmo noi, perché noi uomini ci siamo inventati il caso, per rifiutare o ignorare che dietro tutto c’è la mano di Dio. Leggendolo da questa prospettiva vediamo che qui si incrociano storie familiari, storie di amicizia, storie diverse che il Signore porta qui, intorno a te, caro fra Gaetano per dirti che ti vuole bene. Perché ognuno di noi, letto in questa prospettiva, ha il compito di essere questa epifania, manifestazione dell’amore di Dio per i fratelli” ha spiegato Mons. Di Cerbo.

“E tale mi sento io adesso. Quando ci siamo visti giovedì scorso mi hai raccontato che facevi il noviziato qui a Piedimonte Matese quando io sono diventato vescovo di questa Diocesi e adesso sono io a darti il dono del diaconato, a prestare le mia mani, la mia voce, la mia persona a Gesù che ti chiama ad essere servo come lui.

Questo lega le persone non per motivi di interesse, ma perché ognuno nella sua vita si è sforzato di essere un piccolo segno di questo amore grande che tutti ci accoglie: tutti noi siamo per gli altri pensiero d’amore di Dio”, da qui l’invito ad essere diacono “per gli altri, alla maniera di Francesco” che il Vescovo ha indicato più volte come immagine speculare a quella di Gesù crocifisso, nell’atto di essere servo al massimo: servo appassionato alle cause degli ultimi che sceglie per sé non la vita da prete ma quella da diacono per vivere la dimensione di colui che senza la gente “non ha motivo di compiere la propria missione”.

“Io, senza gli altri non esisto”. Dalla dimensione personale, quella del diacono è l’esperienza del noi, della condivisione assoluta. “Il rito del diaconato – ha spiegato il Vescovo – rispetto all’individualismo della nostra società, è un po’ deludente perché in esso ricorrono parole che sembrano non esaltare le qualità della persona perché il diacono è uno che è servo, vive in funzione di un altro”.

Le letture, nella festa di San Giovanni Battista, dicono pienamente il valore della chiamata di fra Gaetano, della sua vocazione affidata al suo nome, quello pensato da Dio per ciascuno uomo ancora prima di nascere, e quello da Lui pronunciato per chiamare Fra Gaetano: “In quei momenti hai avuto anche qualche dubbio, ti sei interrogato… ma tu non sapevi che lui già ti aveva chiamato: accettare questo segno dell’amore di Dio significa mettersi in una logica nuova”.

Accompagnato dall’immagine evangelica della nascita del Battista e dalle figure di Elisabetta e Zaccaria, genitori, Mons. Di Cerbo, ancora una volta, a partire dal nome “Giovanni significa donato da di Dio”, ha chiesto a fra Gaetano di essere dono per gli altri, di essere capace di suscitare domande forti  – come accade per la nascita del profeta – irrequietezza nell’animo degli uomini, di stimolare il senso di Dio.

“Noi siamo chiamati ad essere coloro che insieme – e tu diacono ce lo ricordi – sono chiamati a mettere in moto il mondo e riportare le persone a riscoprire la bellezza di stare insieme.
Io ti auguro che tu possa essere un uomo, un diacono, un prete che pone domande e fa sì che la gente si interroghi, mi auguro che tu possa stanare in questo modo le persone dal proprio egoismo; chi è domanda e si misura su Gesù Cristo ed è servo come lui, diventa domanda per gli altri e fa scoprire le grandi possibilità che ognuno di noi è, perché è frutto e oggetto dell’amore di Dio”.

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