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Napoli. San Gennaro non si smentisce. Torna il miracolo

Si è ripetuto ieri il prodigio della liquefazione del sangue del santo, universalmente riconosciuto come Patrono di Napoli, ma anche il Patrono della regione Campania: dall’episcopato al martirio, dal culto al patronato, ecco la sua storia.

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Si è ripetuto il prodigio della liquefazione del sangue di San Gennaro. Ieri mattina, la Chiesa Cattedrale di Napoli si è riempita di fedeli fin dalle prime ore del mattino, per venerare le reliquie del santo Patrono partenopeo e partecipare alla solenne Concelebrazione, presieduta dal Cardinal Crescenzio Sepe. Come previsto dal rituale, il busto e la teca con le ampolle del sangue sono state estratte dalla Cappella del Tesoro, per essere portate sull’altare maggiore: in tale circostanza, Sepe ed i membri della Deputazione, assieme ai presenti hanno potuto notare come il contenuto della teca risultasse già liquefatto. L’annuncio, dato pochi minuti dopo, ha scatenato l’irrefrenabile applauso dei fedeli. Particolarmente incisivi gli appelli che il Cardinale ha lanciato nel corso dell’omelia, ricordando le vittime del terremoto di Casamicciola ed i migranti e sottolineando che “È arrivato per Napoli il momento di pensare a che cosa ognuno di noi può fare per gli altri e per la città, prima ancora di chiedere che cosa la città può fare per noi. Non si tratta di decretare l’inadeguatezza o l’indolenza o l’inefficienza di alcuno, bensì di venire loro incontro in modo diverso, facendo emergere le rispettive responsabilità per realizzare il bene comune, lo sviluppo e la civile convivenza – perché – nostro compito è frantumare il peso delle ingiustizie che gravano sul nostro futuro”.

Chi era San Gennaro. Vale la pena rammentare la storia di questo Testimone di Cristo, che non è solo il Patrono di Napoli bensì dell’intera regione Campania, come indicato da Giovanni Paolo II nel 1980. Egli sarebbe nato intorno al 21 aprile 272. Il luogo di nascita è taciuto da diverse fonti: alcune tradizioni antiche lo vogliono nativo di Benevento, città della quale fu vescovo, altre lo danno addirittura come nativo della stessa città di Napoli, altre ancora lo identificano come originario di Calafàtoni, un antico villaggio nei pressi di Caroniti, in Calabria. Il martirio del santo sarebbe avvenuto all’inizio del IV secolo, sotto l’imperatore Diocleziano, che scatenò una feroce persecuzione contro i cristiani: il diacono di Miseno, Sossio, amico del santo, fu arrestato mentre si recava ad assistere alla visita pastorale del Vescovo Gennaro ai fedeli di Pozzuoli. Quest’ultimo, insieme al diacono Festo ed al lettore Desiderio si portarono presso il prigioniero per chiederne la liberazione, ma, professatisi cristiani, vennero arrestati e condannati: la pena definitiva fu quella della decapitazione nei pressi della Solfatara.

Il culto delle reliquie e del sangue del Santo. Si racconta che il suo sangue venne raccolto e conservato da una pia donna di nome Eusebia mentre il suo corpo, dapprima seppellito nell’Agro Marciano, fu traslato nelle catacombe di Napoli solo nel V secolo. Nell’831, il principe longobardo Sicone I assediò Napoli e prelevò le reliquie, portandole a Benevento, da dove furono successivamente traslate nell’Abbazia di Montevergine. Il culto a Napoli, intanto, restò vivissimo, per via del fatto che il capo e le ampolle erano rimasti ancora in città, deposti nei preziosissimi reliquiari del busto e della teca che ancora oggi li conservano. Le altre reliquie invece tornarono a Napoli solo nel 1497 e vennero deposte sotto l’altare maggiore, nell’eccezionale Cappella del Succorpo, capolavoro rinascimentale. In seguito alla terribile pestilenza che si abbattè su Napoli fra il 1526 ed il 1529, i napoletani fecero voto a san Gennaro di edificare nuova cappella all’interno del Duomo: i lavori, iniziati nel 1608, terminarono definitivamente nel 1646. Quanto al sangue, la tradizione racconta che si sarebbe sciolto una prima volta ai tempi di Costantino I, quando le reliquie furono trasferite dall’Agro Marciano alle catacombe napoletane, mentre la prima traccia documentata del prodigio risale al 1389: esso avviene in tre date, ossia la prima domenica di maggio, il 19 settembre ed il 16 dicembre.

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