Home Attualità Sacchetto biodegradabile, il rimedio divenuto abitudine e il mal costume degli italiani

Sacchetto biodegradabile, il rimedio divenuto abitudine e il mal costume degli italiani

Polemiche, riflessioni e contestazioni negli ultimi giorni: di chi è la colpa? Può uno strumento ecologico essere oggetto di così tanto astio?

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1 Gennaio 2018. Entra in vigore una legge approvata nell’Agosto del 2017, decreto legge 2017 n°91 (Disposizioni urgenti per la crescita economica del mezzogiorno), che afferma che i sacchetti con spessore della singola parete inferiore a 15 micron, siano biodegradabili e compostabili, certificati da enti appositi. Questo vuol dire che i supermercati, oggi muniti di sacchetti biodegradabili, accreditati sullo scontrino del cliente, dovranno fare uso di questo genere di materiali anche per i sacchetti che comunemente si utilizzano per imbustare frutta, verdura, carni e salumi, a spese del cliente e regolarmente indicati sullo scontrino.

Secondo questa nuova conversione di legge, i sacchetti nel corso dei prossimi anni e a gradi, aumenteranno la percentuale di materiale biodegradabile di cui si compongono, che andrà dall’attuale 40% fino al 60% del 2021. Queste disposizioni, per la verità già impartite dall’Unione Europea nel 2015 e per le quali l’Italia ha subito multe per averle infrante, sono in vigore in tantissimi Paesi da anni.

Sacchetto biodegradabile anche per frutta e verdura

Perché siamo costretti a pagare per un mancato rispetto nei confronti di regole ambientali assiomatiche? Sembra scontato, ma la risposta possiamo trovarla nei nostri gesti quotidiani e nelle nostre case, quando non abbiamo voglia di riempire un sacchetto per raccogliere la plastica e gettiamo una bottiglia riciclabile nel bidone dell’indifferenziato, per chi ne fa uso! Oppure quando la buccia di banana non la depositiamo regolarmente nel contenitore dell’umido, ma la buttiamo via in mezzo al polistirolo, ai pannolini e al vaso di ceramica andato in frantumi.
Come possiamo lamentare l’aumento dei costi per il riparo ambientale se siamo sempre i primi a non rispettare la realtà che ci circonda? Non vi sono, economicamente parlando, nessi che legano i costi dello smaltimento dei rifiuti con la nuova legge sui sacchetti biodegradabili, ma c’è un rapporto eterno innegabile, di amore e di odio, tra uomo e natura.

Ma veniamo ai dati statistici. Secondo l’analisi Gfk-Eurisko del 2017, le famiglie italiane fanno mediamente 139 spese all’anno e considerato che il costo di produzione dei nuovi sacchetti oscilla tra 1 e 3 centesimi, la spesa annua media di ogni famiglia al supermercato avrebbe un aumento pari ad una cifra tra i 4,17 e i 12,51 euro.

L’Italia vanta tra l’altro un ottimo appeal di best practice nella filiera della bioplastica poichè è dotata di ottime strutture di compostaggio dei rifiuti organici, ma il solito neo incombe e per questo produciamo una marea di buste fintamente biodegradabili, contaminate di polietilene. Una considerazione è doverosa a riguardo: se abbiamo la legge e abbiamo le strutture, perché l’Italia deve sempre correre ai ripari? Il sacchetto bio nasceva come rimedio a un problema, ma come tutti i farmaci per combattere l’influenza, prima o poi si smette di prenderli. Invece, purtroppo, abbiamo aumentato la dose.

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