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Dio, quel padre che si compiace del Figlio. Commento al vangelo del battesimo di Gesù

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Anno B – I per Annum – Battesimo del Signore (Mc 1, 7-11)
A cura di don Andrea De Vico

 “Venne una voce dal cielo: ‘Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento’ ”

Il Vangelo di Marco comincia con il ministero del Battista e il battesimo di Gesù al Giordano. Si tratta di un’azione di penitenza o purificazione, molto simile a quelle praticate in altre religioni del mondo, come al Gange, il fiume sacro degli indiani. Per facilitare la liberazione dell’anima dal ciclo delle reincarnazioni, quei fedeli di altre religioni si sottopongono a diverse abluzioni o immersioni rituali. “Battesimo vuol dire appunto: “immersione”. Gesù conoscerà ben altro battesimo: si “immergerà” nel suo stesso sangue, cioè nella sua morte, al fine di sconfiggerla. La morte del cristiano è una partecipazione alla morte di Cristo, come dice il rituale: “Discenda in quest’acqua la potenza dello Spirito Santo, perché colui che in essa riceverà il santo Battesimo, sia sepolto con Cristo nella morte e con lui risorga a vita immortale”. Immergendosi nel Giordano, non sono le acque a santificare lui, ma è lui che santifica le acque. Infatti l’importanza del battesimo cristiano risiede non tanto nell’acqua, quanto nella voce celeste: “Tu sei il Figlio mio, l’amato!”

Che cosa significa essere figli? La letteratura, l’arte, lo spettacolo, la canzone e la pubblicità prestano un’attenzione quasi del tutto esclusiva alla sola dimensione orizzontale dei rapporti umani, quelli che passano tra maschio e femmina, uomo e donna, marito e moglie. Sembra che non esista altro: storie di sentimenti, sesso e tradimenti, senza limiti di fantasia. Al confronto, il rapporto verticale tra padre e figlio, altrettanto vitale e universale, rimane quasi inesplorato, se ne occupano per lo più gli psicologi, e per giunta in chiave negativa: autoritarismo, paternalismo, conflitto, rifiuto, ribellione, incomunicabilità … ma si tratta di un atteggiamento ideologico che risale ai “padri spirituali” del ’68, che hanno contestato l’istituto familiare, ritenendolo retrogrado e di destra, prima fonte della disuguaglianza e dell’autoritarismo che vige nelle società. Dicevano che la famiglia era fondata sull’autorità assoluta del padre-padrone sulla moglie e sui figli, e si battevano per un nuovo tipo di famiglia che avrebbe decretato la morte della famiglia tradizionale, liberando la donna e i figli dalla “tirannia” della figura paterna.

Per fortuna, nella grande maggioranza dei casi, troviamo che un rapporto intenso, sereno e riuscito coi propri figli, è altrettanto importante e appagante della relazione uomo-donna. Per fortuna i genitori non sono perfetti: gli ideali troppo alti e troppo riusciti metterebbero i figli a disagio, li renderebbero nervosi, inadeguati, inconcludenti. Tra pari è più facile stabilire una rapporto di reciprocità, ma la relazione da padre a figlio è più laboriosa perché implica una priorità, una precedenza, uno svolgimento temporale, un riconoscimento. E’ brutto vedere un figlio che disprezza il padre, ma è peggio quando il figlio intraprende un cammino di vita senza il riconoscimento (o la “benedizione”) del padre. “Dia-volo” significa appunto: “divisore” (da “dia-ballo”, dividere), una metafora che esprime bene l’azione dello spirito maligno che vuole separare gli uni dagli altri. Quando i padri si mettono contro i figli, e i figli contro i padri (Malachia 3, 24) la sofferenza è reciproca, anche il femminile ne risente, e le madri sono quelle che soffrono di più.

La prima esperienza che una donna ha del maschile è proprio lui, il padre. E’ lui il primo uomo di cui una donna si innamora, restandone influenzata per tutta la vita, anche nei futuri rapporti con altri uomini. Cos’è lo “spirito femminile?” Le donne, quando sono invitate a descrivere la propria femminilità, non guardano alla madre, ma si confrontano con il modello maschile interiorizzato. Per (ri)costruire il femminile dentro di sé, la donna deve prima operare un “riscatto” della (o dalla) figura paterna. Di qui le battaglie – soprattutto in adolescenza – tra padre e figlia.  Questo significa che si diventa uomini e donne non soltanto in rapporto all’altro sesso, ma prima di tutto in relazione alla generazione. E’ impossibile diventare “uomini” senza prima essere stati “figli”. Se la figura materna rappresenta la vita, il nutrimento, la Grazia, con la figura paterna fa il suo ingresso la Legge, senza la quale non è possibile “umanizzare” la vita. Talvolta il padre biologico non c’è, è latitante, non si è assunto le responsabilità, si è volatilizzato, ma nulla è perduto: non è la biologia che fa il padre, ma la sua funzione simbolica”. L’ideale è che il padre biologico coincida e faccia il padre anche nel mondo dei simboli, ma non sempre è così. La funzione simbolica del padre rende possibile l’istituto delle adozioni e altre forme complementari.

Con la “fecondazione artificiale” si vogliono saltare i passaggi, ma questo crea anche dei “padri artificiali”, per cui gli esseri umani finiranno per essere identificati non più per via di generazione o di relazione familiare, ma saranno il prodotto di un contratto, brevettati da una azienda, marchiati da una ditta o da una multinazionale. Immaginiamo la Nestlé che, dopo aver prodotto il latte in polvere e i biberon, metta nel paniere delle offerte anche il bambino attaccato al biberon. Una multinazionale in concorrenza con la cicogna: radioso futuro che ci aspetta?

La voce scesa dal cielo, al fiume Giordano, ci dice che la paternità trae esistenza, senso e valore, “altrove”. C’è un Padre dal quale ogni paternità nei cieli e sulla terra “prende nome” (Ef. 3, 15). La paternità umana è frutto di una chiamata, partecipazione e riflesso di quella divina.

Grazie al battesimo, anche a noi viene data la possibilità di essere “il figlio che fa la compiacenza del Padre”. E’ come se una voce intima dicesse: “sono fiero di te, sono contento di essere tuo padre”. Una dichiarazione del genere fa miracoli, detta al cuore di un ragazzo o una ragazza. Riconoscere un figlio, benedire quello che fa, è generare una seconda volta, con più consapevolezza.

La nascita di un essere umano è un prodigio tale da mozzare il fiato, ma senza il Battesimo, senza questa voce dall’alto, la creatura rimane al di fuori della vita trinitaria. I padri dell’antica Siria dicevano che noi cristiani dobbiamo diventare non “a immagine di Dio (perché con la creazione lo siamo già), ma “a immagine del Figlio”. Noi dobbiamo diventare il Figlio”.

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