Rosario Di Lello – Nel 2016 è ricorso il terzo centenario del rinvenimento, nella cattedrale di Alife e ad opera del vescovo Porfiri, di ossa di Sisto papa, martire, santo e patrono della Chiesa alifana. Molto s’è parlato e s’è scritto al riguardo; l’argomento è stato esposto in modo – come si usa dire oggi – esaustivo,(1) ragion per cui, al momento, non resta che accennare, se non ad altro, al blasone del vescovo, quale elemento non mai trattato, pare, ma di una certa importanza, non per lo specialista in araldica, è ovvio, ma per il lettore comune, semmai interessato al tema.
Da due miei lavori in via di completamento, concernenti vescovi alifani fra ritratti e stemmi e il culto di san Venanzio in Piedimonte, risulta, oltretutto, che Angelo Maria Porfiri, della marchigiana famiglia patrizia di Camerino, fu vescovo della diocesi di Alife dal 1703 al 1730; ebbe non poco a cuore i suoi antenati; volle divulgare nel territorio la venerazione per san Venanzio, suo conterraneo; nel 1716, rinvenne nella cattedrale di Alife e vi risistemò, in modo degno, resti ossei di san Sisto.
Per quanto attiene alla notevole considerazione del presule per i suoi avi è opportuno rammentare che non appena fu vescovo volle che il suo emblema richiamasse in larga parte l’insegna della casata. Una bella immagine di lui, con relativo blasone in alto a sinistra, sta in cattedrale ad Alife; e Fortunato Fonseca lo descrisse già più d’un secolo or è (2); poi è stata riproposta in qualche articolo; (3) quindi è stata rimessa a nuovo da Michela Acquaro e ricollocata in sagrestia; di essa, la restauratrice mi ha gentilmente trasmesso via e-mail, da Pietravairano e in data 19 ottobre 2015 e 24/ 01/2018, foto che, degne di interesse, riguardano fasi della revisione.
Circa lo stemma, ne caratterizzano lo scudo, dal basso in alto: – uso, da non esperto e per il non esperto in araldica, un modo di dire semplice– tre cucchiai bianchi disposti in verticale e allineati, nella fascia inferiore di colore azzurro cupo; colore rosso della fascia sovrastante; tre gigli bianchi, allineati nella terza fascia d’azzurro cupo; fascia superiore di colore rosso; ultima fascia, di colore ocra, con uccello bianco.
Ebbene, l’emblema del vescovo imita, per certi particolari, l’insegna della famiglia Porfiri di Camerino distinto, dal basso in alto, da: – riutilizzo espressioni semplici – tre cucchiai bianchi, d’argento, in verticale, allineati in fascia azzurra; fascia rossa; tre gigli bianchi, d’argento, allineati in fascia azzurra; croce greca, bianca, d’argento, patente verso i bordi dello scudo e dell’Ordine Costantiniano Angelico di Santa Sofia, in fascia azzurra; croce greca, rossa, biforcata e dell’Ordine di Santo Stefano, in fascia bianca, d’argento; cimiero patriziale, corona comitale, e giglio bianco, d’argento, sovrastanti lo scudo (4).
Colori a parte e nel complesso, dunque, monsignor Porfiri sostituì, per ovvie ragioni, le due croci, proprie di altrettanti Ordini, con una bianca colomba in unica fascia e il cimiero, la corona e il giglio, nobiliari, con il cappello, i cordoni e le sei nappe vescovili per lato. Circa il significato, il detto volatile, compare sovente, quale simbolo di purezza, nei Vangeli; nel caso specifico, mi induce almeno a ipotizzare che il vescovo abbia voluto indicare nella candida colomba, al passo verso destra – non verso sinistra o in volo nel cielo – e, sembra, col becco dischiuso, il proprio comportamento ispirato a quello dei dodici apostoli che Gesù inviò in missione, “dopo averli così istruiti:
– […] strada facendo, predicate che il regno dei cieli è vicino. […] Ecco: io vi mando come pecore in mezzo ai lupi; siate dunque prudenti come serpenti e semplici come le colombe” (5).
Per quanto poi attiene ai significati e al valore, positivi, attribuiti nella Bibbia al termine destro-a, sempre nel Nuovo Testamento si legge, in riferimento al premio per il retto operare:
”Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria […] separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri, e porrà le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra. Allora il re dirà a quelli che stanno alla sua destra: Venite benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo. Perché [….]”. (6)
Per concludere, lo stemma del vescovo Porfiri, durante e dopo il restauro è quello delle figure qui riproposte e, ribadisco, tanto non è per l’esperto, ma per qualche lettore ordinario.
Note
1. San Sisto ad Alife In una noterella bibliografica, In “Quattro passi nella Storia”, Casertasera.it, 12 / 02 / 2018. 2. Cfr. Biblioteca della Diocesi di Alife-Caiazzo, in Piedimonte Matese, Catalogo dei Vescovi della Diocesi di Alife. Rettificato e continuato dal Canonico Teologo Fortunato Fonseca, 1908, ms., in., pp. 70-72. 3. Cfr. Ermelinda Ruggiero, Il culto di San Sisto, in “Clarus”, Diocesi di Alife-Caiazzo, N°. spec., agosto (2001) pp. 10-12. Emilio. Salvatore, Xystus, il santo della nostra storia, Piedimonte Matese, Grillo, 2010, p. 22. 4. Cfr. pure Google, Blasone della famiglia Porfirio-i, Heraldrys Institute of Rome. 5. Mt 10, 5, 7, 16, in La Sacra Bibbia, Roma, CEI, 1974. 6. Mt 25, 31-34 et pass., ibid.