Annamaria Gregorio* – “Primo maggio, su coraggio” recitava una vecchia canzone di musica leggera del 1977… e da allora ne è passata di acqua sotto i ponti! Il mondo del lavoro, con le complesse problematiche, continua ad essere quello che maggiormente affligge il quadro della politica, perché, mancando, o non essendo spesso a norma di legge, squalifica la dignità delle persone, mettendo a rischio l’economia di ogni Paese.
La storia
La Festa del Lavoro trae origine da una manifestazione rivendicativa di diritti a favore dei lavoratori, organizzata il 5 settembre 1882 negli Stati Uniti dai “Knights of Labor”, i Cavalieri del Lavoro. Nell’Ottocento, infatti, questa categoria non godeva di nessun diritto: oltre 16 ore al giorno di lavoro, in condizioni pessime che spesso portavano alla morte. Dal 1884 si decise di manifestare ogni anno e, nel mese di maggio del 1886, in una delle tante iniziative avvenute a Chicago per ridurre la giornata lavorativa a 8 ore, ci furono scontri fortissimi, culminati il 4 maggio col massacro di Haymarket, in cui morirono 11 persone. Il 20 luglio 1889, durante la Seconda Internazionale riunitasi a Parigi, si decise quindi di celebrare la Festa del Lavoro il primo di maggio, proprio in ricordo delle vittime di Chicago. Oggi, dopo oltre un secolo, la festa del primo maggio è un’occasione per ribadire la centralità del lavoro nella vita democratica di ogni nazione.
Nella chiesa
Il 1º maggio 1955 papa Pio XII istituì la festa di San Giuseppe lavoratore, perché tale data, già importante a livello sociale, potesse essere condivisa a pieno titolo anche dai lavoratori cattolici.
Ogni anno anche i Vescovi italiani, facenti parte della Commissione per i Problemi sociali e il Lavoro, lanciano un Messaggio per questa giornata, come stimolo rivolto alle comunità e alle autorità civili, per rendere il lavoro sempre più a dimensione umana.
Quest’anno il suggestivo titolo “Il capitale umano al servizio del lavoro” reca un forte desiderio, auspicato anche da Papa Francesco: quello di rendere il lavoro libero, creativo, partecipativo e solidale.
Nella dimensione ecclesiale, il lavoro è un’opportunità per affermare la dignità della persona, collaborando all’opera creativa di Dio. Per attuare questo, si dovrebbero vincere le sfide della globalizzazione e della nuova rivoluzione industriale.
La globalizzazione, delocalizzando qualifiche in paesi poveri o emergenti, dove il lavoro costa molto meno, rischia una corsa competitiva verso il basso, di cui a fare le spese è proprio la dignità del lavoro.
La nuova rivoluzione industriale, trasformando il modo di fare impresa ed eliminando così mansioni obsolete, sostituendole con “macchine intelligenti”, non potrà mai competere con gli esseri umani, fatti di vita di relazioni, prossimità e cura interpersonale.
Il progresso scientifico e tecnologico, sebbene sia un dono dell’ingegno umano, può diventare benedetto o avvelenato, a seconda della maggiore o minore capacità di porlo al servizio della persona; infatti, nonostante i miglioramenti, è ancora difficile promuovere un’equa distribuzione delle risorse, di favorire l’inclusione di chi viene “scartato”, di tutelare l’ambiente e di difendere il lavoro.
L’augurio dei Vescovi è quello di “umanizzare” il lavoro, riscoprendo la collaborazione e il gioco di squadra con tutti, soprattutto con gli ultimi. Il vero tesoro di una comunità e garanzia per il suo futuro è la somma delle fatiche e delle competenze, dell’impegno a contribuire al progresso civile. Se si saprà preservare ed arricchire questo tesoro, si riuscirà anche a vincere la sfida della dignità del lavoro di oggi e del futuro.
In diocesi
Da tempo è attivo, presso l’Ufficio diocesano per i Problemi sociali e il Lavoro, un punto di ascolto e di consulenza sul mondo del lavoro, in rete con il territorio, per coloro che volessero essere orientati ed informati gratuitamente in questo ambito. Per contatti http://sociale.diocesialifecaiazzo.it/ oppure a questa pagina facebook.
*Direttore Ufficio Problemi sociali e lavoro
