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“Tra regime e burocrazia” la provincia di Caserta

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Matese. Tra moderno e contemporaneo

Una recensione a firma di Aldo Cervo (foto in basso), cultore di storia locale, caiatino, conosciuto per le sue numerose pubblicazioni e per le numerose responsabilità assunte nella città di Caiazzo, ove risiede, in ambito culturale come la guida per molti anni dell’Associazione storica del Caiatino.
Oggi, nella rubrica Matese tra moderno e contemporaneo a cura di Armando Pepe ci offre una accurata recensione del libro Tra Regime e Burocrazia di Fosca Piazzaroni, archivista di Stato, che Cervo inquadra come attententa ascoltatrice di “quello ceh el carte dicono”. Dalla raccolta dell’autrice emerge un particolare (e fuori dalle righe) racconto del periodo fascista e in essa della messa a punto delle Province del Sud: protagonista della raccolta-racconto è la figura del Prefetto Tito Ingarrica.

Fosca Pizzaroni, Tra regime e burocrazia, Caserta 1935-1945, Morlacchi Editore, anno 2018

di Aldo Cervo

Il lavoro segnala, nell’Autrice, interessi per la storiografia che vanno oltre quelli strettamente professionali di archivista di Stato. Il ruolo, anzi, di archivista diventa in lei occasione per «ascoltare» quello che le carte dicono.

Si legge infatti nell’introduzione: «quelle carte hanno un’anima. Quelle carte fanno parlare di nuovo chi le ha scritte e suggerite con chi le sa ascoltare».

Ed è dall’ascolto di quelle pagine, recuperate talvolta da faldoni accumulati alla rinfusa quando non addirittura rinvenuti in ordine sparso sui pavimenti, che la Pizzaroni si imbatte in una figura istituzionale dell’Era fascista – e oltre – la cui preparazione giuridica, il senso del dovere e una «scientifica» obiettività ne fanno soggetto meritevole di attenzione e di stima, emergendo, nel medesimo, i tratti del funzionario integerrimo che, salvaguardando autonomia e dignità proprie, coopera col tiranno ma condizionandone nel verso giusto le scelte, non diversamente da quanto lo storico Tacito ravvisa nel comportamento del suocero, Agricola, generale dell’esercito romano sotto Domiziano, verso la fine del primo secolo d.C. (come si legge nella omonima biografia).

Qui si parla, invece, di Tito Ingarrica, nativo di Cassino, avvocato (come il padre Vincenzo), Vice-Prefetto già nel 1925, operante presso l’Alto Commissariato per la Provincia e la città di Napoli; poi nel 1926 Commissario prefettizio presso la Prefettura di Caserta. E in tale ruolo l’Ingarrica partecipa alla messa a punto della nuova cartina delle province del Sud, che, nei disegni del governo fascista prevedeva la soppressione di quella di Terra di Lavoro, all’epoca seconda in Italia per superficie del territorio, avente Caserta per capoluogo.

Di tale disegno, realizzato nel 1927, e di quello avviato dal 1935, di ricostituzione (benché con superficie e numero dei Comuni notevolmente ridotti) della provincia soppressa non sono chiari gli scopi. È tuttavia verosimile che nell’uno e nell’altro dei provvedimenti abbiano avuto, come sostiene la Pizzaroni, un peso determinante interessi di parte, locali, come si ricava dalle diverse ragioni a favore o contro il ripristino di Caserta capoluogo di provincia.

Ed è qui che emerge la sagacia di Tito Ingarrica e, direi, la robusta struttura argomentativa delle sue relazioni a favore, supportate da tavole riepilogative con tanto di dati topografici, anagrafici ed economici dei Comuni da restituire alla provincia di Caserta.

Nelle pagine del testo è ricordata anche la visita «inaspettata» di Mussolini alla Città vanvitelliana del 19 gennaio 1935, a bordo di un trimotore da lui stesso pilotato, la mobilitazione – per la circostanza – di Autorità civili, religiose e di partito, e la folla delirante che accolse il duce.

Visita da leggersi a garanzia del promesso ripristino, anche se il ripristino sarà compiuto a regime caduto, nel 1945.

Seguono poi biografia e curriculo dell’Ingarrica, un’imponente mole documentaria, le fonti archivistiche consultate e una ricca bibliografia dove, tra gli altri, si leggono i nomi e le opere di Giuseppe Capobianco, Olindo Isernia, Paolo Franzese e Guido Melis, autori – gli ultimi due – rispettivamente, della presentazione e della prefazione del volume:  contributi, entrambi, preziosi per un fecondo approccio al testo.

Lo studio della Pizzaroni, rimesso a un registro linguistico trasparente, fruibile, lessicalmente selezionato, senza concessioni a inutili elementi esornativi, tanto meno del genere ideologico, solleva il velo sulle vicende di una storia sommersa, mostrando coi fatti come l’amministrazione di un Paese è solo parzialmente determinata dal Potere politico centrale, essendo – la stessa –  filtrata attraverso la burocrazia (etimologicamente «governo degli uffici»), ovvero quell’insieme di organismi istituzionali periferici, dai medesimi spesso modificata, quando non stravolta, rispetto agli intendimenti d‘origine della classe politica al potere.

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