I giovani non sono “violenza”, non sono l’uno contro l’altro armati. Sono “incontro”, dialogo, scambio di pareri e di visioni, la cultura e la formazione non li dividono perché loro sanno integrarsi, sanno “rubare” gli uni dagli altri il meglio. E non è certo un indirizzo di studio diverso a fare la differenza tra i loro sogni…
Sono cercatori di futuro, talvolta vestiti da Indiana Jones, altre volte da comodi viaggiatori europei dell’Ottocento più pacati sognatori pensanti… ma pur sempre coinvolti da una ricerca, e da un possibile traguardo. Lo conferma il trend europeo che ormai li vede in un Paese o nell’altro nel breve tempo di 24 ore, con uno zaino di abiti, affetti di casa e idee da realizzare.
Sulla loro mappa interiore, che si sforzano di seguire e di costruire, non mancano punti cardinali, l’orientamento verso valori e scelte: quel fiuto che hanno affinato crescendo e conoscendo adulti necessari e talvolta all’altezza del ruolo educativo richiesto. Quel fiuto che nel frattempo li ha portati a distinguere e a scegliere l’educatore di cui fidarsi, da imitare, da ammirare…
I giovani fiutano, scrutano, scelgono. E tante volte dalla torre (come quel gioco tanto caro di quando erano bambini) scelgono di lanciare giù chi più li ha delusi…
Continuate a fiutare il meglio, ragazzi!
Scegliete di incontrarvi e dialogare anche se a dividervi sono i pareri di adulti in disaccordo tra loro. Sono i grandi, talvolta, ad aver bisogno di voi, a capire che una soluzione di pace c’è, esiste, e spesso è racchiusa nel coraggioso gesto di “un passo indietro” da parte di tutti. Per alcuni è resa, ma per gli eroi della Storia, è quello il vero coraggio.
Che ne sarà dei liceali in attesa di nuove aule per svolgere con dignità le loro lezioni?
Che ne sarà delle aule dell’Istituto De Franchis adibite a laboratorio e obbligate dalla legge a quella funzione, e quindi non disponibili a smaltire il sovraffollamento del Galilei?
Anche la cronaca impone un passo indietro e un breve ricordo sugli scontri tra gli studenti in occasione di una recente manifestazione, i liceali armati dall’urgenza di guadagnare un diritto e i giovani del De Franchis da quella di difenderlo: un diritto di nome “cultura”.
Come sono andati i fatti?
Il Liceo Galilei, lo scorso giugno si vede chiudere dalla Provincia la sede distaccata di Alvignano. Verso Piedimonte Matese confluiranno tre classi: dove le collochiamo?
Coinvolta la politica (che dovrebbe spianare la strada al dialogo e alle soluzioni), ci si orienta per la disponibilità del De Franchis, ma lì ci sono aule già destinate dai fondi europei a specifiche attività laboratoriali. La dirigente Balducci mette a disposizione del Liceo tre ambienti presso l’Istituto Professionale di Alife. Ma studenti e genitori proprio non ci stanno a questa nuova collocazione.
L’anno scolastico inizia regolarmente per tutti, fino a gennaio, quando l’arrivo di nuove iscrizioni per l’anno scolastico 2020/2021 conferma che il Liceo Galilei continuerà ad avere ancora problemi di capienza massima e per l’anno in corso ancora quale limite alla vivibilità interna a causa delle aule non sufficienti a garantire lezioni e laboratori contemporaneamente.
La proposta, della dirigente del Galilei, De Girolamo, è quella di guardare un po’ più in là: è l’idea di un nuovo dimensionamento scolastico per Piedimonte e di conseguenza la riorganizzazione degli spazi riservati alle scolaresche. Coinvolti i Sindaci in tale idea, la proposta fa reagire Balducci, e con lei Lombardi (dirigente di Agrario e Industriale), perché ad un tavolo di confronto con le autorità politiche locali è giusto che ci siano tutti i Presidi della Città se al centro del dibattito c’è un piano che tocca più Scuole.
Nel frattempo il vertice fissato per il 18 febbraio tra De Girolamo, Balducci, Magliocca (presidente della Provincia di Caserta, titolare degli edifici scolastici) e Di Lorenzo sindaco di Piedimonte, ormai all’indomani della protesta tra studenti, non porta a nessuna conclusione di fatto, se non ad un aggiornamento circa la disponibilità del De Franchis (che tra l’altro ospita già gli alunni dell’Agrario che dopo il terremoto del 2013 hanno “perduto” la loro scuola). Nella protesta andata in scena e finita con qualche rigo di troppo sui giornali, ha preso vita un fumogeno… Un fuoco dalla miccia lunga; lunga mesi o addirittura anni accesa dalla flebile fiamma di una candela tenue chiamata politica, mai presaga, che pur spegnendosi e consumandosi da sola (perché uomini e programmi politici passano), avrebbe tuttavia lasciato che la miccia bruciasse lentamente fino ad oggi (come non ricordare la fatica costata anni per vedere consegnato al Liceo la nuova palazzina adiacente allo storico istituto?).
Politica flebile e tremante, a più livelli, come quella candela, limitata a fare luce alla sola stanza in cui si discuteva di un oggi e non di un futuro, di un risultato da vedere e godere all’istante e non di progetti d’insieme per le generazioni che sarebbero venute.
Famelica voglia di veder germogliare troppo in fretta i risultati di un lavoro chiamato “dovere politico”!
Non tocca a Dirigenti alunni e agguerriti genitori agguantare soluzioni e alzare la voce per difendere e pretendere quel diritto chiamato “cultura” che ingentilisce, non fomenta scontri…
Il loro sogno comune di una scuola che funzioni è la risposta di civilità che compete ad altri autorevoli, chiamati a servire i cittadini e possibilmente a fornire modelli di dialogo.
Ai Dirigenti e alle famiglie l’arte di educare (al rispetto e ai ruoli), agli studenti il diritto di avere buoni esempi accanto, e non Presidi e docenti esasperati da “altro”.
Ma tant’è di fronte ad un esempio fragile dove il gioco delle responsabilità è diventato un Risiko (gioco da tavolo di strategia): schierare le proprie forze armate in una logica da guerra mondiale, mentre dum Romae consulitur, Saguntum expugnatur…
La vita non è un lancio di dado, ma una presa di coscienza davanti allo specchio ogni mattina.
Torniamo ad educare.