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Coronavirus: il sogno interrotto degli anziani

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Il virus, decimando la popolazione più avanti con gli anni, ci ha derubato della saggezza, frutto della storia, della vita, del pensiero degli anziani.Quanto accaduto dice, tra molte cose di estrema importanza per la scienza e la politica, che va ravvivato il dialogo tra generazioni, la conversazione tra diverse età per sconfiggere la cultura dello scarto che è frutto della cultura del consumo, del profitto, dell’apparenza, della politica corta.

Paolo Bustaffa – “Qui, in numerosi territori, con tante vittime, viene decimata la generazione più anziana, composta da persone che costituiscono per i più giovani punto di riferimento non soltanto negli affetti ma anche nella vita quotidiana”. Le parole di Sergio Mattarella ancora una volta colgono una delle ferite più profonde che il virus ha inferto nel corpo di un popolo disorientato. Esprimono il dolore e lo sconcerto per una dissolvenza di volti così consistente in un tempo così breve.

L’immagine della lunga fila di automezzi militari che di notte hanno attraversato la città di Bergamo racchiude l’atrocità di un distacco, atrocità imposta dal male, che è avvenuto senza poter stringere una mano, senza sfiorare il volto con una carezza, senza condividere una preghiera.

Nei giorni scorsi si è parlato della memoria come dono inestimabile che gli anziani offrono al presente e al futuro.

In pochissimo tempo ci è stata sottratta, in ore notturne un ladro è entrato nelle case e negli ospedali, l’ha rubata e ci ha lasciati nel buio. Si sono spente molte stelle che ci guidavano nel mare tumultuoso della vita. Siamo stati derubati della saggezza, un altro meraviglioso dono degli anziani, frutto della storia, della vita, del pensiero degli anziani.

Scriveva il filosofo Romano Guardini in “Le età della vita” che “la saggezza è qualcosa di diverso dall’intelligenza acuta o della sagacia. E’ ciò che si viene a creare quando l’assoluto e l’eterno penetrano nella coscienza contingente e finita, e da questa gettano luce sulla vita”.

Non sempre in una arrogante cultura del nostro tempo, che ora vacilla di fronte all’inafferrabile virus, questi pensieri sono stati accolti e condivisi.
Ora che si é persa molta parte di questa ricchezza ci si rende conto delle occasioni sprecate e dei tentativi patetici di nascondere le rughe.
Troppo tardi per tornare indietro ma non è troppo tardi per fermarsi, per riflettere, per chiedere perdono.

Non è troppo tardi per dare un senso a quanto accaduto.
Non è troppo tardi per coglier il messaggio che viene dalle solitudini estreme che hanno preceduto la morte.
Non è troppo tardi se, usciti un giorno dalla tragedia, ci si metterà in ascolto del silenzio di tante notti negli ospedali dove uomini e donne con il camice e la mascherina si sono fatti padri, madri, figli, amici, preti. Sono diventati i custodi di messaggi che il più delle volte hanno avuto il linguaggio sublime dello sguardo.

Quanto accaduto dice, tra molte cose di estrema importanza per la scienza e la politica, che va ravvivato il dialogo tra generazioni, la conversazione tra diverse età per sconfiggere la cultura dello scarto che è frutto della cultura del consumo, del profitto, dell’apparenza, della politica corta.

Del valore di questo dialogo si fa interprete Papa Francesco (Udienza del 23 ottobre 2018): “Solamente se i nostri nonni avranno il coraggio di sognare e i nostri giovani di profetizzare grandi cose, la nostra società andrà avanti.
Se vogliamo ‘visioni’ per il futuro, lasciamo che i nostri nonni ci raccontino, che condividano i loro sogni. Abbiamo bisogno di nonni sognatori! Sono loro che potranno ispirare i giovani a correre avanti con la creatività della profezia. Oggi i giovani necessitano dei sogni degli anziani per avere speranza, per avere un domani. Dunque gli anziani e i giovani camminano assieme e hanno bisogno gli uni degli altri”.

È questo dialogo il primo passo della ricostruzione dell’anima di un popolo che precede e sostiene la ricostruzione sociale ed economica di un Paese.

Una ricostruzione della verità sull’uomo: ne sono stati e ne sono stati testimoni e maestri gli anziani in tempi bui e drammatici. Essi sanno, scrive lo scrittore-poeta Christian Bobin. che “La verità è ciò che arde. La verità non è tanto nella parola ma negli occhi, nelle mani e nel silenzio. La verità sono occhi e mani che ardono nel silenzio”.

È attorno alle verità del vivere, del soffrire e del morire e del “dopo” che le persone della terza età condurranno per mano la riflessione sul mistero, sull’eterno, su Dio.

Non amano parole dotte e a volte lontane dalla vita, amano parole fatte della bellezza di uno sguardo, di un gesto, di un sospiro, di due mani giunte.

Fonte Agensir

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