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Covid19. Violenza sulle donne durante il lockdown, anche nel Matese

Gli studenti del Liceo Galileo Galilei intervistano il dott. Davide Cinotti responsabile del Centro diocesano per la Famiglia

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Anno scolastico 2019-2020. Foto scattata prima del lockdown

Ancora un esperimento per gli studenti della IV AC del Galilei di Piedimonte Matese, ancora volta, il laboratorio di giornalismo realizzato con Clarus li ha visti cimentarsi con “l’intervista”: come si fa, come ci si prepara, come si articola, come si rilancia…
Hanno scelto il tema “la violenza sulle donne” da cui è scaturito l’incontro con una figura esperta. 

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(La foto in alto è stata scatta il 2 marzo 2020, in occasione del primo incontro di “Detto tra i banchi”, prima della chiusura delle Scuole a causa del Covid19).

A cura della classe IV AC – Gli studenti della quarta (indirizzo classico) del Liceo statale “Galileo Galilei” di Piedimonte Matese, impegnati nel progetto Scuola Viva “Detto tra i banchi“, coordinati dalla giornalista Grazia Biasi e dal  docente tutor di classe Nicola Sansone, hanno intervistato Davide Cinotti, psicoterapeuta responsabile del Centro diocesano per la famiglia “Monsignor Angelo Campagna” sul tema della violenza sulle donne che ha incontrato la classe presso il Liceo. In vista del suo arrivo i ragazzi si sono documentati sull’argomento scelto, problematica diffusa in tutte le epoche, dall’antichità ad oggi. Le domande formulate vertono intorno alla sessualità, analizzando gli aspetti psicologici che distinguono l’universo maschile da quello femminile. Si è parlato dell’atteggiamento della società nei confronti della violenza di genere, che nel corso del tempo è stata spesso e volentieri trascurata, per via di una mentalità maschilista che riduce la donna ad un oggetto. Un altro elemento di discussione è stato l’incremento della violenza durante il lockdown: il numero Rosa 1522, secondo i dati dell’Istat, si è rivelato un grande alleato.

L’abuso sessuale e psicologico colpisce il 35% delle donne nel mondo e nella maggior parte dei casi l’aguzzino è proprio il partner. Quali sono i fattori che fanno scattare la violenza nell’uomo?
L’uomo a differenza della donna ha una predisposizione mentale più rigida, molto più concentrata su di sé…i filosofi parlerebbero di assolutismo; al contrario delle donne le quali sono costituite già fisiologicamente ad ospitare un’altra vita e psicologicamente sono propense alla relazione con l’altro. È questa la prima grande differenza che a lungo andare inizia ad avere un peso nella relazione e infastidire l’uomo riconoscendosi in questo limite inizia provare prima intolleranza alla differenza che poi può tramutarsi in invidia. Il femminile ha una velocità di pensiero che si riconosce già nel linguaggio: indipendentemente dal substrato culturale, la donna è superiore all’uomo per quel che concerne la comunicazione interpersonale. L’uomo non è inferiore, è diverso. Quando qualche uomo per sua predisposizione personale, suo malgrado, sposa questa insicurezza e si rende conto di quanto sia difficile comprendere la donna, scatta in lui un senso di inferiorità e anziché incuriosirsi per le differenze, le riduce, schiacciandole.
Non dimentichiamo però che esiste però una compartecipazione da parte della donna quando sentendosi smarrita, sceglie di affidarsi completamente all’uomo, cercando in lui le risposte che non riesce a trovare in sé.

Da dove scaturisce questo smarrimento?
Nella incapacità della donna di definirsi in quanto tale, a partire dal presupposto che l’esperienza di controllo del proprio corpo, fin dalle fasi del menarca, dà luogo ad uno spiazzamento, un senso di frustrazione nei riguardi della propria fisicità che risulta sempre sfuggente e non prevedibile. Ciò può provocare angoscia e di conseguenza richiesta di sicurezza.

La società dipinge le donne come un oggetto sessuale e sessualizzabile, mentre propone agli uomini un modello di mascolinità tossica che lo vuole dominante e senza emozioni. Pensa che questo disegno che la società ci impone sia una causa della violenza sulle donne e se sì quale pensa sia una soluzione? E la scuola, quale ruolo riveste nella educazione e  formazione dei ragazzi di sesso maschile?
Cominciamo dall’ultima parte della domanda. Avete mai sentito parlare di educazione sessuale nelle scuole? In questa esperienza formativa è facile cadere nell’errore… L’educazione sessuale non dovrebbe spiegare ai ragazzi gli aspetti fisiologici e anatomici dell’uomo e della donna, ma insegnare ad amare e a gestire la sessualità come una diramazione dell’amore.
L’amore che cos’è? C’è dichiarazione sull’amore di uno psicoanalista, psichiatra e filosofo francese (1901-1981, ndr), Jacques Lacan, che si basa sul concetto di etheròs dei Greci antichi (amore per l’altro, per la differenza). Un uomo ama veramente la donna se è incuriosito proprio dalla differenza; la conoscenza assoluta dell’altro sottrae spazio al mistero e al continuo percorso di conoscenza reciproca. Non si può pretendere di conoscere tutto del partner perché sarebbe come trovarsi davanti ad un libro già letto quando invece è necessario leggerne una pagina per volta.
Se non c’è curiosità non c’è possibilità di progresso e continuità nella relazione, se invece non c’è amore ma fastidio per la differenza ecco che la relazione si incrina. Questa è una deriva della nostra società che si è basata per millenni su un’ottica patriarcale. La donna ha quasi raggiunto la propria autonomia sociale e lavorativa da pochi anni, dopo 10.000 anni di sudditanza che l’hanno incapsulata come oggetto di soddisfazione.

Crede che, durante il lockdown, l’introduzione del numero 1522 abbia concretamente aiutato le donne contro la violenza oppure no?
Il numero 1522 si è dimostrato uno strumento molto efficace, non solo a livello territoriale, ma anche nazionale. C’è stato un notevole incremento delle chiamate fin dalla seconda metà del mese di marzo, rispetto allo stesso periodo del 2019. A livello nazionale, nonostante l’ingente aumento di richieste di aiuto, è stato difficile adoperarsi fino a maggio, a causa dello stato emergenziale in cui si trovava il nostro Paese, ma dopo la metà di aprile, sono state introdotte nuove modalità di interazione con le vittime (videochiamate tramite zoom, whatsapp e piattaforme analoghe).
Presso il nostro Centro diocesano per la famiglia, che offre assistenza psico-terapeutica anche a donne che sono vittime di abuso non solo sessuale, perché per  abuso intendiamo un uso improprio del potere, abbiamo registrato 5 casi di violenza, talvolta anche su donne minori.

Secondo le statistiche, durante il lockdown, la violenza sulle donne è aumentata. Quale é stata la causa secondo lei?
Negli ultimi mesi di lockdown c’é stato un incremento di abusi dovuti principalmente alla convivenza forzata: lo stare in casa senza poter uscire, ha ulteriormente esacerbato le dinamiche relazionali intrafamiliari che erano già fragili di base. Durante questo periodo di chiusura si sono trovate in difficoltà sia le vittime di abusi nel chiedere aiuto sia gli organi predisposti alla loro protezione nell’ entrare in campo, in quanto c’erano vincoli molti restrittivi per il contenimento del contagio di COVID-19

Secondo lei,la mancata richiesta di aiuto è dovuta al fatto che le donne sono incapaci di chiederlo?
Sono incapaci perché hanno affidato se stesse al proprio uomo in modo sbagliato. Il fatto che alcune donne,nonostante le percosse e le violenze di diverso tipo subite, continuino a sentirsi soddisfatte della relazione col partner violento, fa capire che sono mentalmente fragili. Secondo la psicologia, l’insicurezze di alcune donne sono amplificate dal contesto socio-culturale in cui si trovano a vivere oltre che ad aspetti reconditi della propria personalità. Lì dove alla insicurezza dell’uomo di cui abbiamo già parlato all’inizio, si somma la fragilità della donna e lì dove le fragilità non sono condivise, è facile che alla parola che manca si sostituisce la violenza.

 

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