Terremoto in Irpnia.
C’è sempre da chiedersi quanto abbiamo imparato, cosa abbiamo migliorato nel nostro stile di vita, quanto la politica abbia investito per la sicurezza dei luoghi…
Lenta la ricostruzione in tutte le aree interessate, infarcita di scandali e mazzette, di appalti truccati e di lentezze, e forse di ancora tanti errori. Ma anche del forte senso di comunità che si generò per quell’istinto che non era solo di sopravvivenza ma di vita da garantire alle future generazioni; fu un tempo di riscatti, di solidarietà, di impegni sociali ed ecclessiali che fino ad allora non si erano mai visti.
Il bene messo in campo generò la voglia di restare…anche nei luoghi ormai ridotti a macerie. Chi ha scelto di andare via, solo qualche anno più tardi, lo ha fatto perchè deluso tuttavia da ll’esito delle ricostruzioni, del rilancio economico mai ripartito.
Questa mattina ne ha parlato il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella: “Nella ricorrenza del più catastrofico evento della storia repubblicana desidero anzitutto ricordare le vittime, e con esse il dolore inestinguibile dei familiari, ai quali esprimo i miei sentimenti di vicinanza”, prosegue il presidente, evidenziando come “anche il senso di comunità che consentì allora di reagire, di affrontare la drammatica emergenza, e quindi di riedificare borghi, paesi, centri abitati, e con essi le reti di comunicazione, le attività produttive, i servizi, le scuole, appartiene alla nostra memoria civile”.
Ma quel senso di comunità ha anche rivelato delle faglie (forse più profonde di quelle generate nel suolo) e che ancora paghiamo: non è soltanto una ricostruzione spesso mal fatta ed esteticamente “improvvisata”, ma anche nello stile in cui per decenni la stessa ricostruzione si è trascinata.
Per decenni si sono alzati cantieri e sono piovuti finanziamenti per riportare tutto in sicurezza; meno sicuro è apparso il costume con cui sono stati gestiti i servizi.
Un costume che negli anni successivi ha continuato a riflettersi sulle decisioni leggere di costruire nei posti meno sicuri…
Un terremoto è solo uno dei rischi che stanno dietro l’angolo di un territorio come quello matesino dove la terra trema non solo per le scosse che arrivano dalle viscere, ma trema ogni qualvolta una pioggia abbondante rischia di allagare case e strade, rischia di riportare in superficie i torrenti tobati, rischia di tracimare dagli scoli eternamente tappati da sterpaglie. E fa tremare l’anima.
Un terremoto non è soltanto una terribile calamità naturale e un triste evento di cronaca da ricordare, ma un pensiero che deve edificare il senso di civiltà, mutare il senso della posizione dell’uomo rispetto alla Natura e rispetto alle leggi dello Stato.
Siamo o non siamo nelle condizioni di migliorare il nostro stile di vita e il nostro approccio con le calamità, anche in vista di un orientamento equilibrato delle risorse (economiche e ambientali)?.
Papa Francesco nell’Enciclica Laudato sì, al n. 105 riflette sugli sviluppi dell’essere umano ma anche sul suo egoismo e sui desideri di potere che tante, troppe volte ne caratterizzano il fallimento rispetto alla missione di difendere e tutelare la vita: «Il fatto è che «l’uomo moderno non è stato educato al retto uso della potenza»,perché l’immensa crescita tecnologica non è stata accompagnata da uno sviluppo dell’essere umano per quanto riguarda la responsabilità, i valori e la coscienza. Ogni epoca tende a sviluppare una scarsa autocoscienza dei propri limiti. Per tale motivo è possibile che oggi l’umanità non avverta la serietà delle sfide che le si presentano, e «la possibilità dell’uomo di usare male della sua potenza è in continuo aumento» quando «non esistono norme di libertà, ma solo pretese necessità di utilità e di sicurezza». L’essere umano non è pienamente autonomo. La sua libertà si ammala quando si consegna alle forze cieche dell’inconscio, dei bisogni immediati, dell’egoismo, della violenza brutale. In tal senso, è nudo ed esposto di fronte al suo stesso potere che continua a crescere, senza avere gli strumenti per controllarlo. Può disporre di meccanismi superficiali, ma possiamo affermare che gli mancano un’etica adeguatamente solida, una cultura e una spiritualità che realmente gli diano un limite e lo contengano entro un lucido dominio di sé».
A parlarci così da vicino del passato è un documento di oggi, che sempbra essere scritto sui quei fatti, su quella esperienza. Contunuare a imparare ci tocca, ma anche a sollecitare a più livelli la domanda “a che punto siamo?”.