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Sant’Angelo d’Alife. La festa di Santa Lucia nella tradizione locale e in un raro affresco di Porta Paradiso

Sono numerose le comunità parrocchiali che ricordano in modo particolare Santa Lucia portatrice di luce e bellezza: la sua figura è venerata come colei che avanzando tra le tenebre dell'inverno apre varchi di luce verso il Natale

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Chiesa di Porta Paradiso (privata) a Sant’Angelo d’Alife. Sec. XVI

Michela Visone –Lucia dicitur a luce. Lux enim habet pulchritudinem in aspectione, quia, ut dicit Ambrosius, lucis natura haec est, ut omnis in aspectu eius gratia sit”[1].
Ecco l’incipit della biografia agiografica medievale su Santa Lucia scritta da Jacopo da Varazze, in cui l’autore mette in evidenza non solo l’origine del nome Lucia che deriva da luce, ma anche che tale luce è bella da guardare e fa risplendere tutte le cose belle, così come la vita della martire siracusana brilla non solo della purezza della  verginità ma anche dell’abnegata devozione a Dio.

La pratica devota al culto di Santa Lucia la troviamo diffusa in tutta Italia, al Sud come al Nord, da Siracusa, sua città natale, a Bergamo, ma anche oltre confine, infatti è molto diffusa in Scandinavia ma anche nei Caraibi, dove c’è un’isola che porta il suo nome e dove è la santa patrona.

Chi di noi non conosce uno di questi due proverbi popolari?  “Santa Lucia, il giorno più corto che ci sia” oppure “Santa Lucia, la notte più lunga che ci sia”, che si legano al solstizio d’inverno e al calendario agrario-solare, infatti a Caiazzo si dice che il giorno si allunga di “un passo di gallina”.

Questa dicotomia oscurità/luce, letta allegoricamente, mette in evidenza la contrapposizione simbolica tra la cecità della vita terrena e la luce/Sole/Dio che le ha apportato il martirio. Il suo essere  luce è testimoniato anche da Dante, nel Purgatorio, quando  scrive: “I’ son Lucia lasciatemi / pigliar costui che dorme;/ sì l’agevolerò per la sua via”[2], quindi Santa Lucia, con la sua grazia illuminante, è tra colei che hanno reso possibile il cammino di salvezza e riscatto del sommo poeta che “la diritta via era smarrita”.

Attualmente, a Sant’Angelo d’Alife, la devozione verso questa Santa è praticata in due momenti dell’anno: il martedì in albis quando vi è una vera e propria festa al Castello in suo onore, con la santa messa e la processione, in cui le donne  portano la statua della Santa conservata nella cappella omonima. Questa  festa venne iniziata dall’ing. Gabriele Martone subito dopo il restauro del castello (anni ’70) e tutt’oggi è mantenuta dal comitato. L’altro momento dell’anno in cui si venera Santa Lucia è tra il 10  e il 13 dicembre, quando, nella Chiesa parrocchiale di Santa Maria della Valle, vi è il triduo in suo onore, la Santa Messa e l’esposizione della statua.

Come nasca questo legame a Santa Lucia non è dato saperlo. Nei documenti antichi non vi è nulla che faccia trasparire una certa devozione. L’unica testimonianza iconografica, ben conservata, che raffigura Santa Lucia, nel comune di Sant’Angelo d’Alife, la troviamo nella Chiesa di Porta Paradiso in località Rua, appartenente alla famiglia dei Girardi, risalente all’inizio del  XVI secolo (foto in alto e a sinistra), dove nella parete laterale dell’abside, sul lato sinistro vi è affrescata la Santa, che sembra guardare chi l’osserva,  riconoscibile “per il piattino recante i bulbi oculari e la palma del martirio che reca nella mano destra. La santa veste un abito color magenta con sfumature bistro alle piegature[3]”.

Anche l’ing. Martone, che si occupò del restauro di tutto il complesso del  Castello di Rupecanina, ci ricorda che  “All’interno delle cinta murarie del Castello di Sant’Angelo d’Alife vi è una piccola chiesa consacrata al culto di Santa Lucia”[4] , continua dicendo che nell’abside sono raffigurati “Santa Lucia al centro e quattro santi, due per lato, uno dei quali è indubbiamente San Giovanni Battista ed un altro Sant’Andrea”, affreschi in stile bizantino, antecedenti alla costruzione del castello stesso, probabilmente affrescati dai monaci Cassinesi. Dell’affresco centrale attualmente non ne resta più alcuna traccia.

Tra culto e riti, sempre perché “l’uomo vive nel rigurgito del passato”, come sosteneva l’antropologo De Martino, vi è un’antica filastrocca, che veniva recitata a partire dalla sera di Santa Lucia per raccogliere la legna per il fuoco che si accendeva alla “Cupa” la vigilia di Natale e subito dopo la messa si faceva festa e si mangiava fino a notte fonda.

Si narra che un gruppo di uomini, uno dei quali con un pezzo di legno di ginepro ardente in mano, bussava ai portoni dei “signori”, forse a iniziare questa tradizione fu un certo Bianchino, e recitava questa cantilena:

Pepe pepe santa Lucia,
stanotte nasce u figlio r Dio
e chi rice Amen- Amen

Quanti pili tene u cane
tante tommele r grano.
e chi rice Amen- Amen

 Quanta prete stannu a Castellu
tanta vacche e vitelle.
e chi rice Amen- Amen

Quanta penne tene la gallina
tanta tommele r farina.
e chi rice Amen- Amen

Abbiamo mietuto, abbiamo scognato
per la festa di Dio.
e chi rice Amen- Amen

È difficile ricostruire quanto effettivamente veniva fatto tra le due guerre e nel dopoguerra, resta il fatto che nei ricordi degli anziani del paese quel tempo è descritto come l’età dell’oro, quando oltre al rispetto gli uni verso gli altri vi erano quegli antichi valori oggi da ripristinare e di cui tutti abbiamo tanto bisogno.

L’augurio è che Santa Lucia sia luce alla nostra vita e modello di azione, così come pregava Papa Giovanni XXIII e che riempia di gioia e di luce  il suo popolo [5] e lo rassicuri nei momenti difficili.

Messe in parrocchia: il triduo, durante la messa vespertina alle 17.30.
Domenica alle 8.00, 11.00, 17.30

Si ringraziano: Ilaria Cervo, Enrico e Francesco Girardi, Luigi Di Cosmo, Antonio Mario Napoletano, Annina Picillo, Ninuccia Picillo, Linozza Pocino, Michele Di Muccio, Angelina Orsi, Filomena De Risi, don Mario Rega.

Bibliografia
[1] J. Da Varazze, Legenda aurea, pag. 29.
[2] D. Alighieri, Divina commedia, Purgatorio, canto X, vv. 55-57.
[3]A.M. Napoletano, Ecclesie Sancti Angeli De Ravicanina, pp. 142 e 165
[4] G. Martone, Rupecanina, pag. 55.
[5] Triduo a Santa Lucia della Chiesa di Santa Maria della Valle.

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