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SanPa: luci e tenebre di San Patrignano

La prima docuserie prodotta da Netflix Italia oggi è tra quelle con il maggior numero di visualizzazioni

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Armando Pepe – Ho visto “SanPa: luci e tenebre di San Patrignano”, disponibile su Netflix, tutto d’un fiato e tutte le 5 puntate in una volta sola. Per chi, come me, aveva poco più di venti anni alla morte di Vincenzo Muccioli, fondatore nel 1979 della Comunità terapeutica per tossicodipendenti di San Patrignano, sulle colline riminesi, sovviene alla memoria il processo per la morte di Roberto Maranzano, che ebbe uno strascico molto intenso di polemiche e cronache giudiziarie. Io mi e vi pongo due domande: a) Muccioli era divisivo? b) Perché nelle comunità terapeutiche il confine tra legalità e illegalità è molto labile? Alla prima posso rispondere al di là di ogni ragionevole dubbio che Muccioli era, anche nel ricordo che si ha di lui, molto divisivo, anche forse per via di un forte carattere e una altrettanto marcata personalità: di conseguenza suscitava contrastanti sentimenti di simpatia e antipatia ma anche di ferma opposizione a pratiche border line da un punto di vista dell’umano agire.

È possibile incatenare ragazzi che vogliono fuggire dalla comunità anche se vogliono di nuovo drogarsi? Questo è un problematico dilemma che ci rimanda ad altre cogenti opzioni, alla necessità di scegliere tra due contrastanti soluzioni. Nell’angoscia, come a suo tempo Antigone fece la propria scelta, anche Muccioli si è trovato di fronte ad un bivio e non ha agito ‘come l’asino di Buridano’ ma, prendendo una certa strada, ne ha pagato le conseguenze. La Procura della Repubblica di Rimini nel rispetto della legge non aveva altro percorso che quello di fare rispettare il Codice penale. Chiaramente il giudice delle indagini preliminari, Vincenzo Andreucci, spiega le procedure adottate e la sua narrazione è inappuntabile. Chi aveva ragione tra Muccioli e i giudici? Lascio rispondere a voi, senza nessuna pretesa di ergermi a giudice!

Ritornando al confine tra legalità e illegalità nelle comunità terapeutiche, ebbene le cronache sono linee di cose che non vanno, e non faccio citazioni perché in ogni motore di ricerca se ne trovano riscontri negativi a iosa. Parlando erga omnes e non di Sanpa, cosa è lecito e cosa è illecito? Pestare un drogato per il suo bene è lecito? Legargli mani e piedi è lecito? Approfittarsi di una personalità debole è lecito? Il piccolo ricatto è lecito? La docuserie televisiva, a mio avviso molto ben condotta e altrettanto profonda nelle analisi e nelle problematiche fatte emergere, ha scavato egregiamente nella psiche delle persone intervistate, tra cui Walter Delogu, il padre della più nota Andrea, portando alla luce fatti piacevoli e spiacevoli. Walter Delogu, che non si è risparmiato, ha “fatto il carcere” per non compromettere Muccioli, quando fu arrestato alla frontiera mentre viaggiava con 300 milioni di vecchie lire dovendo comprare un cavallo Francia, e maturò la convinzione di abbandonare la comunità per trovare una propria emancipazione.

Il distacco fu netto, ma Delogu, ex autista e guardia del corpo di Muccioli, intervistato anche dall’allora giovane Gad Lerner in una puntata di “Milano Italia”, inserendosi pienamente nella società e lavorando come autista del 118 in Romagna, trovò una propria dimensione e nel lavoro la libertà e l’indipendenza. Alla docuserie va riconosciuta una forte valenza pedagogica e la capacità di aprire uno spazio per la riflessione.

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