E se non fosse un lupo?
L’avvistamento di alcuni giorni fa, nel borgo di Villa Santa Croce (comune di Piana di Monte Verna), ha acceso l’interesse dei residenti, dei curiosi, degli studiosi…
Lupo? Inequivocabile la foto. Esattamente un lupo…
Seppur sia stata scattata al buio, l’esemplare è ben visibile e riconoscibile a pochi metri dall’auto che l’ha incrociato nel piccolo centro abitato del Monte Maggiore. Qualche dubbio è sorto invece alla vista del video che mostrandone i movimenti lascia intravedere l’animale non eccessivamente impaurito e confidente nei movimenti tra le auto…
Ai più piace pensare che di lupo si tratti! E non sarebbe sbagliato se consideriamo che negli ultimi anni la loro popolazione è notevolmente aumentata in Campania (il Matese e il Cilento sono habitat privilegiati; così come avvistamenti certi risultano nelle province di Benevento e Avellino) e che si tratti di animali in continuo spostamento: allora ben si comprende la frequenza degli avvistamenti e un possibile episodio come quello di Villa Santa Croce.
Le prime ipotesi sull’esemplare avvistato sono state quelle di un lupo giovane fuoriuscito dalla famiglia (gli studi sui lupi in Campania non parlano di presenza in branchi ma in famiglie, quindi di numeri inferiori…) a cui però necessariamente se ne aggiungono altre sulla scorta degli studi e degli avvistamenti nella nostra regione, soprattutto per capire quale atteggiamento la popolazione deve assumere in occasioni di simili incontri che – secondo gli esperti – potrebbero essere sempre più frequenti, ma anche pericolosi.
Ne abbiamo parlato con il prof. Vincenzo Peretti, ordinario di Genetica del dipartimento di Medicina Veterinaria e produzioni animali dell’Università Federico II (a destra nella foto) e con il prof. Luigi Esposito, responsabile del Centro MoGAE (Monitoraggio Gestione dell’AgroEcosistema) della Campania (a sinistra nella foto).
“L’incontro con l’esemplare di Villa Santa Croce ci mette di fronte al fenomeno di incontri sempre più frequenti, ma deve aprirci anche alla conoscenza del fenomeno per imparare a controllarlo e fronteggiarlo con intelligenza, senza nulla affidare al caso”, le parole di Peretti.
“Dobbiamo tener conto di ben tre possibilità: che si tratti di un lupo o di un ibrido o di un cane rinselvatichito cioè che ha conosciuto l’uomo e ne conosce le dinamiche di vita, ha vissuto con lui e da lui ha preso cibo, ma poi ha per cause diverse si è innestato in un habitat diverso e da solo… Quanto agli ibridi parliamo dei sempre più diffusi lupi cecoslovacchi nati dall’incrocio tra lupi e cani lupi a cui si è data ampia diffusione anche nel nostro paese (l’ibrido veniva sperimentato nel 1955 in Cecoslovacchia per dare vita ad una specie che avesse le caratteristiche fisiche del lupo e l’addomesticabilità del cane, ndr) con i vantaggi e i limiti che tale “esperimento” comporta come ad esempio la cecità e alcuni fastidi scheletrici…”
Tuttavia la presenza di ibridi è spesso causata da incroci che avvengono in natura, senza controllo, e che solo un’indagine genetica potrebbe accertare.
“L’idea del MoGAE è questa: un centro che in Campania che contribuisca allo studio, alla diffusione di dati scientifici, di indicazioni comportamentali da parte dell’uomo a partire dal necessario equilibrio tra attività antropiche in ambito agricolo e zootecnico e quelle di conservazione della biodiversità” come ci spiega il prof. Esposito. Parliamo di un laboratorio di conoscenza che si rendere urgente nella nostra Regione dove all’attenzione degli studiosi non vi è soltanto il lupo, ma anche gli equilibri tra uomo e natura come altri animali selvatici come il cinghiale, anch’esso più temuto oggi di qualche anno fa sia per le coltivazioni sia per l’incolumità dell’uomo.
L’incontro con il presunto lupo di Villa Santa Croce apre pertanto ad una riflessione ben più complessa che non riguarda più soltanto l’animale ma anche l’uomo e il contesto in cui avviene l’incontro.
“La necessità di capire di che animale si tratti è fondamentale”, spiega Peretti. Entrano in gioco le competenze di Carabinieri forestali o di Centri di lotta al randagismo: i lupi vanno reimmessi in natura, gli ibridi non controllati e di cui non si conosce geneticamente l’identità vanno condotti in ambienti di studio per capire chi si ha di fronte: un esemplare che è più lupo, o ha maggiori tratti di un cane? Da questi fattori ne deriva il comportamento e anche le sue reazioni nei confronti dell’uomo; se fosse un rinselvatichito allora è necessario un canile e la dovuta prassi veterinaria…”.
Ma perché un lupo (o un cane rinselvatichito) in un centro abitato?
“Quasi sempre è la ricerca di cibo a spingere gli animali fuori dai loro habitat, se poi parliamo di lupi, beh consideriamo le loro altissime capacità olfattive. Questo chiama in causa il criterio della raccolta differenziata nei nostri centri urbani: lì dove un rifiuto di cibo non è adeguatamente chiuso o depositato diventa appetibile per un semplice cane randagio e ancor di più per un lupo, con il rischio di generare anche nell’animale selvaggio l’abitudine ad un comodo pasto. La loro presenza nei centri abitati significa però pericolo anche per gli animali domestici di piccole taglie” continua Peretti. “La caccia ad un cagnolino o ad un gatto si rivelerà ben più comoda di quella ad una lepre in corsa o ad un cerbiatto…con meno dispendio di energie per il lupo. Ecco perché, in caso di certezza, sulla razza dell’esemplare, è necessario spingere per il suo ritorno in habitat naturale perché è lì che deve vivere”.
Cercare meno suggestioni e maggiori protezioni per le specie che popolano i nostri boschi e per la popolazione… “evitare di rincorrerlo un lupo, soprattutto d’inverno, con il rischio di procurargli un grave dispendio di energie a maggior ragione se si tratta di un esemplare in difficoltà e senza cibo…”