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Diocesi di Alife-Caiazzo. Cresima è l’impegno ad una nuova responsabilità, questa la chiamata per i 50 giovani presenti ieri in Cattedrale

Presenze ridotte al minimo nel totale rispetto delle norme anticontagio. Ma se la Chiesa è comunione, confronto, relazione, con creatività è possibile pensare al modo migliore per "festeggiare" questo momento: l'idea della Parrocchia di Dragoni

2002
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Ieri sera nella Cattedrale di Alife, cinquanta giovani hanno ricevuto il sacramento della Cresima dal vescovo Mons. Orazio Francesco Piazza in una cerimonia che – come tante in questi mesi – ha subito la fatica delle restrizioni anticovid necessarie a tutelare la salute di tutti e quindi delle distanze sociali necessarie.
Accesso in chiesa consentito solo ai cresimandi e ai padrini per rispettare la capienza massima nei banchi e favorire un sicuro controllo delle persone in entrata e in uscita.
Ma non per questo è venuto meno il significato di una celebrazione che i presenti – da diverse parrocchie della Diocesi di Alife-Caiazzo – aspettavano da tempo, e soprattutto i più giovani hanno desiderato e coltivato attraverso il percorso del catecumenato crismale nelle comunità di appartenenza.
Con il Vescovo i sacerdoti don Mario Rega, don David Ortega, don Massimiliano Giannico, don Pasquale Rubino, il diacono Raffaele Fazzone.

“Lo Spirito stasera dice ‘io ci sto’: la sua è presenza che consola e ci spinge con gioia nella vita”, le parole di Mons. Piazza nell’omelia, che richiamando la difficile esperienza sociale di questi mesi hanno provato ad instillare speranza e consolazione, attingendo significato e valore dalla forza del sacramento celebrato. Allo Spirito che “dirada le ombre della nostra esistenza” e cambia la prospettiva con cui si guarda la vita e ci si orienta in essa, ha spiegato il Pastore, si affianca la presenza dei padrini e delle madrine, che sono “una mano sulla spalla non solo simbolicamente” ma coloro che nel cammino personale di fede restano accanto come modello di fede e testimoni del Vangelo che loro per primi hanno conosciuto e se ne fanno annunciatori.

La Celebrazione di ieri sera, rinviata più volte a causa dell’epidemia da Covid19, pone tuttavia di fronte al disagio delle comunità parrocchiali e al bisogno di formazione e spiritualità che emerge e che la Chiesa è chiamata tanto ad intercettare quanto a suscitare e poi accompagnare, plasmare… Il ruolo educativo di catechisti e sacerdoti, fortemente messo alla prova in questi mesi, ha fatto i conti con la rinuncia agli incontri formativi in presenza, con la fatica di gestire e tenere alta l’attenzione negli appuntamenti online, ma anche con le domande inespresse e talvolta difficilmente captate provenienti da quei giovani che già da qualche anno camminavano per “scelta”, per aver deciso di leggere la propria vita con la lente del Vangelo fino alla decisione di confermarsi nella fede.

L’epidemia di Covid19, ieri sera ha costretto anche ad altre rinunce: l’assenza delle famiglie in occasione di una celebrazione (la Cresima!) che è momento unico nella vita, si scontra inevitabilmente con il bisogno di famiglia e di condivisione, unici rimedi alla rarefazione dei legami sociali in corso a causa del non potersi vedere, del non potersi incontrare, non poter maturare insieme nelle relazioni…
Ed è  proprio sul valore di queste che punta la proposta della Chiesa italiana nella riproposta dei percorsi formativi futuri, scanditi da una graduale ripresa di “contatti”.

Se allora l’epidemia ha acceso una luce sul valore delle relazioni, sul significato della preghiera condivisa in famiglia, sul valore dell’intera esperienza cristiana che è comunitaria e quindi sull’urgenza di non rimandare ancora ma individuare con creatività le occasioni di vita insieme, non possiamo non guardare alla reazione straordinaria che giunge da una delle parrocchie coinvolte nella celebrazione di queste Cresime.
Sono i giovani della comunità di Dragoni, che ieri sera, insieme al numeroso gruppo di tutti gli altri cresimandi, erano in una Cattedrale che appariva ancor più grande delle sue dimensioni, toccati dalla preghiera “distante” dei loro genitori, dei fratelli, di quei nonni non più presenti, ormai, a tanti momenti di socialità: ebbene la loro comunità parrocchiale li festeggerà nella celebrazione eucaristica di domenica prossima perché la Chiesa è un’esperienza che si tocca con la preghiera, gli impegni e la condivisione di responsabilità in cui questi giovani sono già coinvolti insieme agli adulti della comunità…
Ed è da questo “condividere” che si resta contagiati, ma di Vangelo (che vuole farsi annunciare).

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