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L’associazione MateseNostrum si racconta: umiltà, sincerità, ricerca scientifica nel nostro zaino di montagna

"Imparare e condividere" i due verbi che hanno accompagnato per alcuni anni un gruppo di amici appassionati del Matese. Prima un sito, poi una seguitissima pagina facebook e ora una associazione

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A distanza di alcuni giorni dalla nascita e visto il gran successo, Clarus approfondisce con Pasquale Buonpane, presidente di MateseNostrum la genesi e la mission dell’ultima associazione del territorio: dalla ricerca scientifica alle pubblicazioni, dagli impegni ai consigli riservati agli escursionisti e appassionati della montagna; e un passaggio sulla fragilità dell’habitat della Valle dell’inferno tra i comuni di Piedimonte Matese, Castello del Matese e San Gregorio Matese.
Omaggio all’aquila reale del Matese nel logo scelto per essere rappresentati.

La notizia di un’associazione con il nome di MateseNostrum, dopo tanti anni di militanza sui social e più semplicemente come luogo virtuale di condivisioni…ha suscitato non poco interesse, e il consenso di molti. Perché secondo te?
Eravamo certi che l’associazione sarebbe stata accolta con favore, in effetti era qualcosa che ci veniva richiesta da tempo, ma mai avremmo immaginato tanto entusiasmo. Confesso che siamo stati investiti da una sorta di tsunami fatto di messaggi di apprezzamento e di richieste di adesione che, specie nei primi giorni dopo l’annuncio, ci ha un po’ disorientati. Credo che il successo di MateseNostrum (clicca per il sito) dipenda molto dall’umiltà e la sincerità con cui ci siamo sempre rivolti alle persone che ci seguono: non ci siamo mai posti come detentori di verità assolute, non siamo mai saliti in cattedra guardando gli altri dall’alto. Siamo sempre stati persone comuni tra le persone, consapevoli di non avere sempre tutte le risposte ma desiderosi di imparare e condividere con gli altri ciò che imparavamo sui testi e soprattutto sul campo. Tutti gli approfondimenti pubblicati sul sito sono sempre stati scritti con linguaggio semplice, senza abusare della terminologia scientifica, per fare in modo che fossero accessibili a tutti e far recepire il nostro messaggio a quante più persone possibile.
Credo inoltre che MateseNostrum stia ricevendo tutto questo consenso anche perché è qualcosa che mancava quasi del tutto: in passato c’è stato qualche timido tentativo ma ad oggi, oltre al nostro sito, non c’è nessun altro luogo in cui è possibile vedere riunite quasi tutte le piante che crescono sul Matese, tutti i rettili e gli anfibi,  gran parte delle farfalle o delle libellule, quasi tutti gli itinerari escursionistici e via dicendo. La stragrande maggioranza delle persone non immaginava neanche che vi fosse una tale ricchezza di biodiversità o una tale varietà di luoghi e paesaggi, spesso proprio dietro l’angolo.

Siamo pronti con la campagna adesioni? Cosa chiederete ai soci…?
Proprio in questi giorni stiamo curando gli ultimi preparativi per dare il via alle adesioni. Più che su cosa chiedere ai soci ci stiamo concentrando su ciò che possiamo offrire loro nel corso di questo primo anno dell’associazione. Purtroppo le restrizioni dovute alla pandemia al momento ci impediscono di programmare qualsiasi tipo di incontro con sicurezza, posso anticipare però che, quando sarà possibile, le assemblee annuali si svolgeranno all’aperto sulle nostre montagne: saranno delle giornate a tema sulla biodiversità in cui i soci potranno osservare dal vivo ciò che negli anni gli abbiamo mostrato solo in foto.

Il dibattito e la riflessione sul tema “Matese”, pur slanciata grazie all’iniziativa di associazioni che sfiorano la vostra mission, si rivela fragile e privo di contenuti nella riflessione che viene dal contesto politico e istituzionale. Quale contributo, quale sensibilità aggiunta pensate di inserire come MateseNostrum?
Credo che il punto di forza di MateseNostrum sia la profonda conoscenza del territorio e delle forme di vita che lo abitano, parliamo di una conoscenza acquisita soprattutto sul campo. Questo fa sì che molte delle informazioni di cui disponiamo non siano reperibili nemmeno nella letteratura scientifica. Qualsiasi strategia di sviluppo ecosostenibile non può prescindere da una buona conoscenza del territorio, credo quindi che il nostro compito sarà affiancare e supportare le istituzioni, mettendo in campo le nostre conoscenze perché aiutino a fare le scelte più giuste.

Possiamo ipotizzare a breve termine qualche iniziativa o studio che intendete far conoscere e partecipare?
Proprio in questi giorni ci è stata affidata un’aiuola nell’ambito del progetto di recupero della fontana posta nella principale piazza di Piedimonte, un magnifico progetto promosso e realizzato da un gruppo di virtuosi cittadini. La trasformeremo in un’aiuola didattica con piante officinali alle quali successivamente saranno affiancate specie della flora spontanea che stiamo preparando partendo da talee e semi, evitando così il prelievo in natura. C’è poi in cantiere una guida al riconoscimento dei fiori del Matese, l’uscita era prevista per il 2021 ma dovrà slittare: le limitazioni negli spostamenti ci hanno già impedito di fotografare molte specie a fioritura primaverile, è quindi necessario rimandare l’appuntamento al prossimo anno. Sto lavorando anche ad una checklist aggiornata dei lepidotteri del Matese che oltre a tutti i dati disponibili in letteratura conterrà tutti quelli da noi raccolti negli ultimi anni. Sarà quindi la somma di tutto ciò che ad oggi conosciamo su farfalle e falene del Matese.

Di recente l’attenzione dell’opinione pubblica si è catalizzata sulle ferite inferte al bellissimo spazio naturale della sorgente del Torano ad opera di visitatori ed escursionisti sprovveduti di conoscenza e attrezzatura, con danni per l’habitat… La produzione scientifica di MateseNostrum può meglio chiarirci di che ambiente si tratta e quali urgenze si impongono in questo momento per quel delicato ecosistema…
E quale suggerimento possiamo dare ai tanti e “nuovi” appassionati della montagna?
Nella valle del Torano vivono creature estremamente vulnerabili come la Salamandrina di Savi (Salamadrina perspicillata) e la Rana appenninica (Rana italica), due specie diffuse lungo la dorsale appenninica ed endemiche del nostro paese, ciò significa che non è possibile incontrarle in nessun altro posto del pianeta.
La responsabilità della loro sopravvivenza è quindi tutta nelle nostre mani.
Il caso ha voluto che l’improvvisa notorietà del luogo e quindi l’interesse delle masse si manifestassero proprio nei mesi in cui questi animali si avvicinano all’acqua per riprodursi, uscendo necessariamente allo scoperto e rendendosi più visibili e quindi più vulnerabili. Se il forte disturbo arrecato nelle ultime settimane da centinaia di persone che, nella maggior parte dei casi, non sapevano assolutamente nulla di questi animali e del modo corretto di comportarsi in loro presenza si ripetesse ogni anno, la scomparsa di questi animali sarebbe inevitabile e avverrebbe in tempi relativamente brevi.

Campo dell’Arco

A mio avviso nei mesi di marzo, aprile e maggio l’accesso alla valle dovrebbe essere vietato o almeno consentito solo nel primo tratto fin dove il sentiero non incontra il ruscello, sito di riproduzione degli anfibi. Questi ultimi oltretutto non sono gli unici ad essere minacciati dal disturbo di massa, si pensi ad esempio al sempre più raro granchio d’acqua dolce (Potamon fluviatile) e alle tante specie di rapaci che nidificano sulle pareti rocciose che delimitano la valle. Vi è poi il problema legato alla sicurezza dei visitatori: il sentiero che attraversa la valle del Torano è classificato come EE, adatto quindi ad escursionisti esperti. Presenta tratti esposti decisamente pericolosi, la caduta di massi dall’alto è piuttosto frequente e in caso di pioggia possono verificarsi piene improvvise e violente. Ai “nuovi cultori” dell’escursionismo consigliamo da tempo anche sulle nostre pagine facebook di evitare assolutamente di maneggiare gli anfibi e di acquisire un minimo di esperienza con mete e percorsi meno rischiosi e impegnativi prima di affrontare la Valle del Torano. Va detto però che in assenza di qualsiasi forma di controllo da parte delle istituzioni in molti casi queste raccomandazioni lasciano il tempo che trovano.

Con la nascita dell’associazione avete adottato anche un nuovo logo che facesse da “biglietto da visita” per il progetto MateseNostrum. Puoi dirci come è nato?
Volevamo qualcosa che fosse facilmente riconoscibile e che rappresentasse l’intero patrimonio naturalistico del Matese, quindi sia la flora che la fauna, rimanendo allo stesso tempo piuttosto semplice nei tratti, senza essere “appesantito” da troppi elementi. Volevamo inoltre che vi fosse un riferimento a qualcosa di fortemente identitario, di prettamente matesino. Così il nostro Danilo Coluccio, autore del logo, che proprio quest’anno aveva avuto il suo primo incontro con l’aquila reale ha pensato di omaggiare un esemplare preciso, la femmina più anziana, riconoscibile per l’assenza di una penna remigante sull’ala sinistra. Il logo è stato subito accettato all’unanimità da tutti i membri del direttivo, ci è sembrato un omaggio dovuto a quella che ormai da molti anni è la vera regina del Matese ed anche un modo per conservarne il ricordo quando un giorno, speriamo molto lontano, dovrà per legge naturale passare lo scettro ai suoi discendenti.

> Vai al sito www.matesenostrum.com 

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