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FESTA DEL LAVORO. Roberta, pasticciera per amore e per lavoro. “Il Covid19, una lezione di vita”

1 maggio, festa del lavoro in tempo di Covid. La testimonianza di una giovane artigiana "di speranza"

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Roberta Iovine,  21 anni, di Piedimonte Matese.
Totalmente immersa nell’attività di famiglia che ormai da tre generazioni si identifica con lo storico nome Pasticceria Rotonda in via Scorciarini Coppola dove vive e lavora.
Siamo all’imbocco di una strada in cui, da oltre mezzo secolo, il profumo di zucchero caldo e di aromi dolci sale verso il quartiere Vallata di Piedimonte Matese, circoscrivendo un territorio, identificandolo insieme a tanti altri luoghi simbolo: il monastero benedettino, i cortili, le botteghe, la scuola Ventriglia, il santuario di Ave Gratia Plena, l’antico episcopio.

Storie di famiglie, di lavoro, di generazioni; incroci di vite…

Al termine degli studi superiori all’Istituto professionale Alberghiero di Piedimonte Matese, Roberta coltiva il sogno di andare all’università, ma necessita di tempo per schiarirsi le idee e piuttosto che starsene con le mani in mano, decide di scendere nella pasticceria di famiglia dove la sua esperienza è ormai collaudata. “E dalla pasticceria non ne sono più uscita…”, lo dice con fierezza, ma anche con apertura a nuove possibilità come il ritorno allo studio.

“Qui mi trattengono tante cose: l’amore che nutro nei confronti della mia famiglia e della storia che c’è dietro, perché è una storia molto importante che non mi stanco di raccontare (lo facevo anche con i miei compagni di classe) e ogni volta mi provoca una gioia immensa; e mi conferma nella scelta che ho fatto…”.

Covid, tra paure e legami
Quella di Roberta, in tempo di Covid, è un’esperienza lavorativa che stride sì, rispetto a tante altre di giovani senza una parete rocciosa a cui rimanere aggrappati: “in famiglia oltre a condividere il lavoro, ci siamo stretti ancora di più quando è stato il momento della chiusura quindi di tirare giù le saracinesche, di ripulire tutto in attesa di un nuovo giorno che sarebbe arrivato; ed è arrivato dopo tre lunghi mesi di dolore, di sfiducia. Ogni tanto entravo in pasticceria per non perdermi nulla di questo luogo tanto caro, per averne cura anche solo guardandolo, e ho pianto…”.

Il Covid, una tragica battuta d’arresto e una ferita ancora aperta; un’esperienza che per molti lavoratori è ferma alle condizioni e alle paure del primo giorno, del primo lockdown, sospesi tra la paura di perdere ciò che si aveva e l’incertezza del futuro: “Mi sono sforzata di guardare l’unico aspetto positivo, e cioè quello di poter trascorrere molto tempo con i miei genitori e le mie sorelle, anche al di fuori del contesto lavorativo. È stata sì una sorta di rigenerazione dei legami… un grande periodo di riflessione personale”.

Il lavoro generativo della gente, che la Chiesa cattolica italiana propone in occasione del 1 maggio 2021 nel messaggio “E al popolo stava a cuore il lavoro. Abitare una nuova stagione economico sociale” è  motivo di riflessione e di speranza: se da un lato cresce la sfiducia nel presente e il disappunto nei confronti delle Istituzioni di Governo e in qualche caso cresce anche il cinico sguardo verso il fratello alle prese con la propria ricostruzione personale, è pur vero che non si arresta la lenta ricostruzione di chi, uomini e donne, intere famiglie, persone sole, mattone su mattone hanno preso in mano i loro attrezzi del mestiere (o non li hanno mai abbandonati) e a testa bassa stanno onorando la vita.
Ancor di più coloro che hanno smesso una attività ma creativamente ne hanno generato un’altra…

Storia di famiglia
Accadeva così anche per il nonno di Roberta, Salvatore Iovine, mai arreso alla possibilità di rimanere “garzone” ma ostinato a crescere. Nato e cresciuto a Napoli, aveva iniziato da bambino dietro al “mastro” per imparare l’arte della pasticceria e di quel mestiere, ancora adolescente, aveva imparato tanto, forse tutto. Intanto aveva saputo da un amico che la vita nel lontano Piemonte andava molto meglio. Dunque… perché non tentare?
Una riunione con alcuni Sindacati dedicata ai lavoratori della farina, in Piazza degli Artisti nella sua città, gli valse la svolta della sua vita. La richiesta di cambiare aria, di intraprendere una strada ma lontano da casa, non rimase inascoltata e di lì a poco si ritrovò tra le mani un biglietto con destinazione Piedimonte d’Alife e un nuovo lavoro ad attenderlo. Sempre da pasticciere…
Aveva solo sbirciato quel biglietto, e le lettere lo avevano confuso; era salito su quella corriera convinto di scendere in Piemonte. Superato il centro cittadino di Caiazzo, in prossimità del Rio delle Tavole, il Matese gli si stagliava davanti possente… Solo lì, guardandosi attorno e chiedendo al suo compagno di viaggio, gli fu chiara la precisa destinazione del viaggio.
A Piedimonte, il Bar Rubino cercava un pasticciere bravo come lui; fu ben accolto e lì conobbe Rotonda Maria Di Palma, banconista nel famoso bar di Piazza Roma. Nacque l’amore e il sogno di una vita insieme e quello di un nuovo lavoro, anch’esso insieme.
Pasticceria rotonda apriva il 7 maggio 1956, esattamente 65 anni fa.

Eredità e responsabilità
“Dopo tutta questa storia non potevo lasciare tutto e andarmene; ho avvertito il valore di una singolare responsabilità che mi veniva affidata, un impegno consegnatomi per il futuro, eppure non mi sono sentita costretta a sceglierlo. Naturalmente ho capito che quella storia mi parlava (e mi parla ancora) in modo particolare e interpella il mio presente, ma soprattutto lo stile con cui faccio le cose che ho imparato dai miei genitori che a loro volto lo hanno appreso da mio nonno: la vita dei nostri clienti è toccata dal mondo in cui noi per primi interagiamo con essi e abbiamo cura delle loro esigenze. Onorare un lavoro è viverlo e portarlo avanti pensando che non si è mai da soli, ma si è per qualcuno…”.
Roberta pesa le parole che dice, ha cura anche di questo perché il suo lavoro sia ben compreso, ben raccontato e dosato proprio come in pasticceria dove gli ingredienti non cambiano, ma le quantità fanno la differenza e danno vita a sapori e reazioni diversi.
Così è per le parole, scelte con garbo per raccontare non solo un mestiere ma la vita e quella di un’intera famiglia.

Roberta è in pasticceria (nei locali al piano terra della abitazione) insieme al papà Antonio e alla mamma Mena; le sorelle maggiori Rotonda e Rossella per il momento hanno scelto altro, ma sono nell’unica squadra che si confronta, decide, prova a scommettere sul futuro e a reinventarsi, senza paura del nuovo e di sperimentare, perché come lei stessa ci ricorda “il successo non sta soltanto nel modo di fare le cose ma nel modo di essere lavoratori”.

Al mattino il primo pensiero è dare il massimo perché fare un dolce, e in questo caso venderlo, non è un passatempo ma la fonte di reddito di un’intera famiglia. Da qui il gioco di reinventarsi ogni giorno per leggere i gusti dei clienti, e le mode e i linguaggi ma senza abbandonare la tradizione. “Nasciamo come pasticceria franco-napoletana quindi di tradizione classica, ma ogni volta che si è trattato di aggiornare la proposta e il nostro bancone, non ci siamo scoraggiati, anzi è stato utile a rinnovare le motivazioni del nostro lavoro”.

Futuro e tradizione sono ben chiari nei progetti della giovanissima Roberta che al mattino si alza di buon ora e tira fino a tarda ora senza perdere l’entusiasmo: “C’è una frase bellissima che ho utilizzato anche nel lavoro conclusivo del mio percorso di studi, dell’architetto Antoni Gaudì ‘Per essere originali bisogna tornare alle proprie origini’ e io di questa frase ne ho fatto una profonda riflessione e una scelta… Ecco perchè confermo che è bello aprirsi al nuovo ma conta ricordare quali sono le proprie origini, come sei nato, e perché ti sei ritrovato a fare questa cosa. Camminare in avanti, ma senza strafare…”.

Alle giornate concitate, a quelle meno vivaci dal punto di vista delle motivazioni e delle risposte (il mercato non è tutti giorni lo stesso, i ritmi del commercio vivono di stagioni diverse…) non manca l’esperienza e la luce della fede.
Roberta era impegnata quasi quotidianamente come educatore di Azione Cattolica e poi nel coro parrocchiale: “Metà della mia giornata era lì insieme alla comunità parrocchiale di Ave Gratia Plena dove sono cresciuta e che oggi sacrifico un po’ perché crescere è anche compiere scelte nuove e diverse, ma senza perdersi però, senza smarrire la casa
E accade così, quando la domenica vado a messa, ritrovo la mia famiglia più grande alla quale sono grata per quella che sono oggi…”.

“Il tempo del Covid, è stata una grande lezione di vita. So che ci attende una nuova stagione a partire da ciò che noi uomini e donne del lavoro siamo diventati. Io ripartirei dalla speranza, da non perdere, anche se rimane attaccata ad un filo che è sul punto di scucirsi… Tentare il tutto per tutto per coltivarla e condividerla”.

 

 

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