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Sotto il burqa: l’Afghanistan raccontato dagli occhi e dalla fantasia di una bambina

Il film animato del 2017 candidato all’Oscar e a un Golden Globe è disponibile su Netflix e, purtroppo, torna di drammatica attualità

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Noemi Riccitelli – Uscito nel 2017, quando ricevette una candidatura agli Oscar e una ai Golden Globes, I racconti di Parvana (The Breadwinner), in Italia anche con il titolo di Sotto il burqa, è un film animato tratto dall’omonimo romanzo dell’autrice canadese Deborah Ellis.
Il racconto fa parte di una serie che comprende i volumi Il viaggio di Parvana e Città di fango, pubblicati nella cosiddetta Trilogia del burqa.
Diretto da Nora Twomey, I racconti di Parvana è stato prodotto, tra gli altri, anche dall’attrice Angelina Jolie; è possibile vederlo sulla piattaforma streaming Netflix e, forse, mai questo momento storico può dirsi più adatto.

Parvana (Saara Chaudry) vive con la sua famiglia a Kabul, nell’oscura morsa del regime talebano: il padre Nurullah (Ali Badshah), insegnante, la madre Fattema (Laara Sadiq), la sorella maggiore Soraya (Shaista Latif) e il piccolo fratello Zaki.
Un giorno, il padre di Parvana viene arrestato ingiustamente e portato in prigione: dopo aver saggiato le oggettive difficoltà nel vivere senza un uomo in casa, perché alle donne è proibito uscire e compiere qualsiasi attività all’aperto, Parvana decide di tagliare i suoi capelli e prendere, così, le sembianze di un ragazzo per aiutare la sua famiglia e, soprattutto, cercare suo padre.

Deborah Ellis ha scritto il libro da cui il film è tratto a seguito di un’esperienza in un campo di rifugiati afghani in Pakistan e, infatti, la sceneggiatura, cui l’autrice stessa ha collaborato, pur addolcita dai tratti di un’animazione semplice e delicata, nulla toglie alla rappresentazione della cruda realtà di un Paese sconvolto e martoriato troppo a lungo.

L’arbitraria e crudele negazione di diritti naturali, soprusi, violenza e la guerra sono la realtà di cui il film si fa testimone e denuncia, tuttavia, il cuore della pellicola reca in sé anche altro e si fa, così, messaggero di valori positivi, come la forza della fantasia, dell’immaginazione e della speranza.
Parvana, infatti, custodisce e coltiva ciò che il padre le ha insegnato: “Le fiabe, Parvana, rimangono nel cuore quando tutto il resto se ne va”.
E lei, così, ogni giorno, al suo rientro in casa narra la storia di un ragazzo che deve sconfiggere il Re Elefante, un racconto che riprende i miti e le leggende di una terra afghana favolosa e affascinante che in pochi conoscono.

Il sogno e l’ispirazione favolistica costituiscono quella libertà che Parvana non ha mai conosciuto, esse hanno nutrito in lei l’attaccamento e il desiderio di vita, permettendole di resistere e di avere il coraggio di andare oltre la bruttezza e la malvagità di un contesto drammatico.

I disegni di Reza Riahi e Ciaran Duffy sono semplici, ma gli sguardi dei protagonisti esprimono stati d’animo ed emozioni quanto i volti di attori reali; invece, le immagini che prendono vita dalle parole delle storie di Parvana recano i dettagli, i colori intensi e vivi del folklore locale.

I racconti di Parvana è un film duro e insieme commovente, fermo nella denuncia politica e sociale che si fa chiara nella metafora a chiusura del film: “Non è la tua voce, ma sono le parole che dici a fare la differenza. Non è il tuono, ma è la pioggia che lo segue a far crescere i fiori”.
La violenza e la repressione, per quanto dirette e semplici nella loro affermazione, non sono mai la giusta via.
Consigliato a tutti, alle nuove generazioni per conoscere, alle vecchie per ricordare e mai dimenticare.

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