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Perché il futuro dei paesi è nei diritti! Primo, la scuola. Online l’ultimo podcast della serie “Spaesati” sulle aree interne

Partito a settembre 2023 il podcast promosso dalla Biblioteca San Tommaso d'Aquino della Diocesi di Alife-Caiazzo ha dedicato spazio alla riflessione sulle aree interne denunciando numerose ferite, proponendo nuove prospettive. Autorevole voce a condurre il format il prof. Rossano Pazzagli

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Luca Di Lello – Il futuro dei paesi è nei diritti. Primo, la scuola! Lunedì 15 gennaio termina Spaesati! Potremo ascoltare dunque l’ultimo dei dodici podcast editati del collettivo Cervelli in centrifuga e da Rossano Pazzagli* nell’ambito delle attività promosse dalla Biblioteca San Tommaso d’Aquino della Diocesi di Alife-Caiazzo. Dodici brevi episodi per parlare dei nostri paesi (e ispirati al libro Un paese di paesi, di Pazzagli appunto…) pubblicati ogni lunedì mattina da settembre (il link per ascoltarli tutti) a cui era difficile dare una didascalia che andasse oltre le canoniche presentazioni degli ospiti. Forse la più aderente era «il podcast che cerca le parole giuste per raccontare le aree interne e rurali».

 Le parole-chiave 
Innanzitutto “Podcast”, la nuova forma di veicolo scelta, da ascoltare ovunque e in qualsiasi momento del giorno. E poi “Cercare”, un verbo dal sapore indefinito, primo perché non ci sono ricette per il rilancio dei paesi, e poi perché ci catapulta nei salotti degli appassionati, nelle biblioteche che fanno attività, nelle università dove circolano le idee, prima ancora che queste arrivino nelle aule del potere decisionale. E poi “parole giuste”, perché tanto, ultimamente, si è parlato di aree interne, di marginalità, di rilancio. Non solo la letteratura scientifica che accoglie sempre più articoli e pubblicazioni, ma le iniziative sui luoghi si sono moltiplicate ovunque, nelle scuole, nelle associazioni di categoria e in quelle culturali. Non c’è paese forse che non abbia ospitato un convegno dedicato al tema del rilancio delle aree interne, o sindaco che non abbia ricevuto almeno tre inviti. “Racconto” infine, perché il senso dello spaesamento (da cui il titolo) proviene anche e soprattutto dal sovrapporsi di due narrazioni che possono rivelarsi tossiche: da un lato quella dello sconforto che impreca contro una presunta “caduta libera” del numero di abitanti, che vede i restanti come ultimi eroi di una resistenza romantica che spesso si sintetizza in frasi retoriche e banali quando chiude un negozio di lunga data perché nessuno in famiglia vuole continuare l’attività o nei comizi sempre più scontati (e sempre più pochi) di alcuni candidati alle comunali; dall’altra quella vuole i paesi cartoline oleografiche, che vuole piegare le loro peculiarità ai canoni di una bellezza “instagrammabile” (e omologante) e che cela sempre più spesso tentativi di turistificazione e di mera economia estrattiva per i nostri paesi (che spesso chiama “borghi”) senza alcun reale ancoraggio al senso e al sentimento dei luoghi.

 Aree interne: dalle ferite alle prospettive 
Un podcast che richiami non solo i punti di forza che potranno essere le leve di un rilancio (sempre invocato e mai realizzato) di un territorio marginale come il nostro Matese, ma anche e soprattutto le sue criticità, le sue ferite da rimarginare (torna qui – per magia – la parola margine!) e i suoi problemi atavici da risolvere. Il Matese non si salverà quando sarà trasformato nel parco giochi perfetto dei turisti ricchi, ma quando alle comunità che lo abitano saranno riconosciuti i diritti che non hanno, quando saranno attuate politiche di coesione vere e veramente in grado di connetterlo a più livelli ai centri. Politiche che rispondano a un approccio place based e non alla logica del cogli l’attimo dei bandi europei di turno. Perché tutte queste iniziative che si svolgono in cui arriva l’esperto di turno a esaltare le “magnifiche sorti e progressive del Matese se solo fossimo in grado di lanciare questa o quella risorsa” si svolgono sempre con un convitato di pietra che spesso relatori e pubblico non vedono o fanno finta di non vedere: cioè i diritti di chi abita le aree interne. Che sono sempre di meno e che non inverano l’articolo 3 della nostra Costituzione che ci vuole tutte/i uguali. Perché oltre alle disuguaglianze di sesso, etniche, religiose e sociali esistono anche quelle territoriali, laddove un abitante di Gallo Matese, Letino o Valle Agricola deve accedere all’ospedale, laddove un abitante di Castello del Matese, San Potito Sannitico o Ailano deve raggiungere un servizio svolto solo a Caserta, Benevento o a Napoli. Perché al progresso che abbiamo avuto in questi anni legato non solo alla tecnologia, ma anche al buon cibo, all’agricoltura, al consumo consapevole non si è accompagnato per niente un progresso dei servizi (o meglio dei diritti) come trasporti, scuola e sanità. I treni che portano i nostri studenti a Napoli (e potrebbe all’inverso riportare abitanti da noi) impiega sempre le sue due ore di venti anni fa, con la differenza che molte corse e tutte quelle dei giorni festivi sono state cancellate. Perché il nostro ospedale da venti anni si è visto perdere sempre più reparti, provate a fare un confronto con il nostro ospedale negli anni ‘80 e ’90, tutto a vantaggio della medicina privata. E ciliegina sulla torta, la scuola. Il primo presidio per ogni comunità che rischia ogni giorno di più di vedersi soffiare presidenze, plessi, istituti. E non solo per i dimensionamenti che rispondono alla diminuzione del numero degli alunni, ma anche per politiche accentratrici che al seguito di una logica che forse (in buona fede) insegue l’eccellenza, il nuovo, il moderno a tutti i costi, calpesta il senso e la storia dei luoghi, la vita delle comunità. Perché un paese senza scuola, semplicemente muore. Mentre in molte aree interne, grazie alla SNAI e a una nuova visione delle aree interne e marginali si sono avute delle esperienze virtuose nelle politiche educative legando la scuola al territorio, sfruttando le peculiarità dei luoghi per rendere unica la didattica con esperienze outdoor, di scuola nel bosco, di pluriclassi che sviluppino le potenzialità degli apprendimenti di prossimità, l’innalzamento della qualità dell’insegnamento che, con meno alunni, rende più facile la personalizzazione della didattica. Mentre si va nella direzione di una decontestualizzazione dell’azione formativa e si insegue la logica dei numeri, un’altra vision si fa lentamente strada e connette la funzione di presidio democratico e sociale delle scuole con quella di valorizzazione delle specificità dei territoriali. Una didattica ancorata ai luoghi li rende vivi, li abita meglio e di più. Intanto qui si perdono classi, scuole, presidenze e con esse i paesi e con i paesi noi, sempre più… spaesati!

*Rossano Pazzagli è docente di Storia moderna e contemporanea all’Università del Molise, dove insegna anche storia del territorio e dell’ambiente. È anche l’autore del libro Un paese di paesi (Edizioni ETS 2021).

Immagini dal Matese (archivio Clarus)

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