Ogni anno, prima dell’inizio, la parola al direttore artistico Roberto Perrotti per fare il punto sui contenuti, sulle prospettive che offre il Festival che a Piedimonte Matese riunisce scrittori, filosofi, poeti, artisti.
Festival dell’Erranza edizione “numero dodici”. Rimettiamo al centro l’idea da cui nasce questa manifestazione. Perché nel Matese questo festival? In che modo luoghi e concetti s’incontrano?
Anni fa, alcuni amici ed io abbiamo deciso di stabilire uno spazio fisico (una stazione di posta) nel quale viaggiatori, filosofi, scrittori, religiosi e artisti potessero sostare e riflettere sull’arte di girare il mondo, sulla necessità di mettersi in cammino, sull’esplorazione e sulla fatica del migrare. Il festival così ha “trovato casa”, nel chiostro domenicano del borgo antico di Piedimonte.
Come è cambiato il festival nel tempo? Quali sono divenuti i suoi punti di forza e i temi che lo hanno identificato?
La rassegna negli anni ha declinato gli aspetti polisemantici dell’erranza. Dall’attenzione verso i cammini spirituali ed esistenziali ai passaggi di crisi antropologica. Dal tema della Dimora a quello dell’Altrove. Dall’incontro con lo Straniero al significato dei Confini. Dalla Partenza alla Restanza.
Lei è psicoanalista e scrittore: dalla sua esperienza di costante ricerca sulla ricerca dell’uomo e delle parole che ne narrano la vita, in che direzione sta andando la società, e se è possibile, leggere questo camminare, dopo l’esperienza del Covid.
È difficile orientarsi in questo tempo, manca una lettura della complessità. Si vive in una mediocrità culturale che non aiuta ad interpretare ciò che succede. Ci si schiera su posizioni estreme: massima positività oppure massima negatività. Siamo in presenza di una miseria culturale che ci conduce ad un bivio: dobbiamo decidere se siamo solo un algoritmo oppure un mistero biologico irriducibile e imponderabile. Stabilire, cioè, chi vogliamo essere.
Il tema di quest’anno “Il fallimento e l’umiltà” su cui interverranno diversi e distanti autori fa i conti con le trasformazioni che mettono la vita alla prova del fuoco e la migliorano, ricollocando l’uomo sulla scena del mondo.
La XII edizione del festival ha per tema la dissonanza esistenziale, il vivere fuori sincrono, l’inadeguatezza. Pensiamo che far buon uso di questa comune esperienza di fallimento possa agevolare una visione più definita della nostra oscura condizione umana. Il fallimento potrà indicarci un nuovo senso della vita, che definiremo di umiltà, a patto di saper fallire bene. In questa luce potrà trasformarsi in un’opportunità personale, offrendoci una nuova collocazione esistenziale, una diversa maniera di sperimentare la nostra presenza nel mondo.