Noemi Riccitelli – Zang, Tumb Tumb.
Così come i versi onomatopeici del celebre componimento di Filippo Tommaso Marinetti, questa serie ha fatto rumore.
E non è un caso questa citazione, come avrà modo di comprendere chi ha guardato i primi due episodi di M – Il Figlio del Secolo.
La serie, tratta dal romanzo omonimo vincitore del Premio Strega 2019 di Antonio Scurati, ha suscitato scalpore sin dall’annuncio della sua messa in produzione, in occasione della Festa del Cinema di Roma del 2022.
Così, dopo essere stata proiettata in anteprima assoluta nel corso dell’ultima edizione del Festival del Cinema di Venezia, generando ulteriori commenti entusiastici, la serie arriva finalmente su Sky e NowTV a partire dal 10 gennaio, per un totale di 8 episodi.
Diretta dal regista britannico Joe Wright, che con la narrazione della storia ha un feeling particolare, suo infatti, tra gli altri, è L’ora più buia (The darkest hour), pellicola che valse al protagonista Gary Oldman l’Oscar come Migliore attore per il ruolo del Primo Ministro inglese Winston Churchill.
M – Il Figlio del Secolo racconta l’ascesa al potere di Benito Mussolini, sin dalla fondazione dei Fasci Italiani di combattimento; protagonista è l’attore italiano Luca Marinelli, nel ruolo dello stesso Mussolini.
Un’atmosfera fumosa, forse ambigua, che reca tuttavia con sé quella febbricitante attesa di un qualcosa che deve essere, deve accadere.
Lo ripete spesso il protagonista, un Benito Mussolini dall’evidente accento romagnolo, “io sono una bestia che sente il tempo che viene”, ed è lui stesso che ammicca alla camera vivace e vorticosa di Wright, rompendo la cosiddetta quarta parete e rivolgendosi direttamente agli spettatori, in una narrazione tra l’ex-post e l’ex-ante in cui egli commenta le sue azioni, giustifica i suoi pensieri, quasi un’intima e complice confessione con chi guarda.
La sceneggiatura di Stefano Bises, Davide Serino e dello stesso Scurati contribuisce a mettere in evidenza la natura dei singoli personaggi, enfatizzandone caratteristiche e propensioni, conferendo all’intero racconto una patina quasi punk, che lungi dal voler essere un tentativo di esaltazione, rappresenta in modo icastico la rivoluzione scorretta, feroce, che il fascismo ha rappresentato e il meccanismo che ha portato alla sua diffusione e persuasione tra il popolo italiano.
Colpiscono, indubbiamente, le interpretazioni di un brillante cast tutto italiano: Luca Marinelli è riuscito, con straordinaria naturalezza, ma anche con un lavoro e studio certosino, ad impersonare e a rendere tutto l’atteggiamento teatrale, vigoroso, meschino, affascinante di un personaggio storico tutt’altro che semplice.
La sua performance è la colonna portante di tutta la serie, ma anche gli altri interpreti offrono validissime prove: Francesco Russo, Barbara Chichiarelli, Benedetta Cimatti, Paolo Pierobon, Federico Majorana; tutti, dai personaggi secondari alle comparse, contribuiscono ad un quadro unico e vivido.
Le maestranze tecniche completano un lavoro accurato che, probabilmente, avrebbe avuto una più piena affermazione (anche in termini di premi e riconoscimenti internazionali) sul grande schermo: la fotografia di Seamus McGarvey, i costumi di Massimo Cantini-Parrini, apprezzatissimo costumista vincitore di premi Oscar e David di Donatello, e le musiche di Tom Rowlands del celebre duo The Chemical Brothers, che nella visione di Joe Wright hanno reso l’energia, il ritmo insito nell’ispirazione della serie stessa.
Da sottolineare, inoltre, la presenza di note firme registiche tra i produttori esecutivi, come Paolo Sorrentino e Pablo Larraìn.
Dunque, i primi due episodi di M – Il Figlio del Secolo dicono già molto su un progetto ambizioso, discusso, criticato.
Una rappresentazione che, ricordiamo, nasce pur sempre da un romanzo che, come tale, non ha velleità propriamente storiche, ma più che altro la volontà di presentare degli avvenimenti storici, quello sì, lasciando un’interpretazione soggettiva riguardo i suoi protagonisti, non snaturandone tuttavia aspetti e caratteristiche proprie.
Quest’ultime, forse, enfatizzate con un certo spirito, una vena satirica, ma nell’ottica di una visione che pone al centro i personaggi stessi, con le loro peculiarità, vizi, virtù di uomini veri.
Un’opera poderosa sotto il profilo artistico, il manifesto di un uomo con cui si fa ancora fatica a confrontarsi, figlio, appunto, di un secolo, di un tempo che è ancora nostro.
E se una certa critica parla di faziosità, di ideologia dietro l’ispirazione di questa serie, c’è pur sempre da ricordare che per quanto il legame tra arte, cultura e potere sia antico, la Storia parla da sé, lasciando poco spazio a fantasie e M – Il Figlio del Secolo mostra ciò che è stato, con incisivo disincanto.
Come diceva un altro nome altisonante, “Fu vera gloria? Ai posteri l’ardua sentenza”, se mai ci sarà.