Messaggi come questi non bastano più; non è più sufficiente fare appello agli amici del quartiere per sostenere le attività commerciali locali se lo spopolamento avanza e vengono meno attività sociali che in buona parte contribuiscono ad alimentare il piccolo commercio locale. Alta la preoccupazione dei commercianti del quartiere Vallata di Piedimonte Matese che questa sera (13 febbraio) incontreranno l’Amministrazione comunale per fare il punto, per esprimere il disagio del momento e sollecitare i lavori di riqualificazione urbanistica che si attendono dal sindaco Vittorio Civitillo in continuità con le opere già realizzate in altre aree della città funzionali alla gestione del traffico, alla socialità, al ripristino di spazi comuni con il beneficio di cittadini ed esercenti.
Il quartiere Vallata di Piedimonte Matese, uno di nuclei antichi di Piedimonte. Via Angelo Scorciairni Coppola (memoria di un uomo che visse per il bene della città) è la strada principale di accesso al quartiere: percorrendola, sulla vecchia pavimentazione in basole di pietra vulcanica è facile rivivere la storia del luogo incrociando soprattutto la sequenza di antichi edifici: il complesso dei padri Celestini e la vicina chiesa del Carmine; il complesso monastico che fu benedettino e oggi vive con la comunità delle monache adoratrici perpetue; il vecchio ospedale civico, il palazzo della Scuola “N. Ventriglia” oggi dismessa. Alle vetrine dei negozi aperti al pubblico (pasticceria, alimentari, barbiere, falegnameria) si alternano quelle di attività che hanno tirato in giù le loro serrande ormai definitivamente. Salendo si ritrova l’Ufficio postale di zona, importante presidio per la comunità locale soprattutto la popolazione più anziana, e ancora piccole attività commerciali (un bar, un alimentari e un negozio di articoli per la casa) che oggi maggiormente risentono la chiusura del locale Istituto scolastico la cui utenza è stata trasferita nell’edificio di via Caso a comporre, insieme ad altri plessi cittadini, l’unico Istituto comprensivo del Matese. Prima del trasferimento ha avuto la sua vita anche una cartoleria ultimamente gestita da giovani che hanno dovuto rivisitare la loro prospettiva futura. “Siamo nell’anno in cui dobbiamo decidere se dentro o fuori, se andare avanti o cambiare completamente prospettiva” il commento preoccupato ed amareggiato dei commercianti locali gravati dalle spese ordinarie, in attesa di una parola o un progetto concreto che li incoraggi e restare.
L’edificio ospitante il vecchio ospedale civile, dopo lavori di adeguamento è stato destinato agli Uffici del servizio veterinario del distretto sanitario; nelle vicinanze altri fabbricati di proprietà comunale potrebbero diventare la nuova sede del SERT (servizio per le tossicodipendenze); ma non basta a sostenere un disegno di pianificazione futura per chi nel luogo lavora ormai da venti, trenta o quarant’anni.
Prima che la strada salga verso il più fitto abitato prendendo il nome di Via Annunziata, si incontra il Santuario di Ave Gratia Plena, chiesa parrocchiale del 1500; lo spazio antistante il ristretto sagrato è Piazzetta Annunzianta, anch’essa in attesa di lavori di restauro e il ripristino di una storica fontana transennata dall’ormai lontano terremoto del 2013. Sono questi piccoli spazi luoghi di incontri, di saluti che iniziano ancor prima dell’alba essendo molti abitanti del posto boscaioli per tradizione (fino a poco fa carbonai). Qui c’erano i bambini e le mamme all’entrata e all’uscita di scuola, ma anche intere famiglie in occasione delle funzioni religiose anch’esse meno frequentate di prima.
La strada riprende a salire con il nome di via Annunziata: sull’asse principale si affacciano case e si aprono nuove strade, vicoli e “cortiglie”, e ancora qualche commercio, anch’esso esasperato e stanco. Chiedono di lavorare con serenità, di poter dire che un lavoro conferisce dignità e non frustrazione; chiedono di partecipare ad un dibattito sul futuro e contribuire con proposte perché un po’, possiamo dirlo, di questo quartiere ne sono stati lungamente custodi e ne hanno fatto un presidio di socialità e civiltà.
“Porsi una prospettiva reale, come reale è la persona del lavoratore” avrebbe detto Papa Benedetto XVI commentando un tema, quello del lavoro, tanto caro alla Chiesa.