Noemi Riccitelli – Dieci anni in dieci episodi, in cui il regista spagnolo Rodrigo Sorogoyen, forse ancora poco noto ai più, ma già distintosi nell’ambiente cinematografico (il suo cortometraggio Madre ha ottenuto una candidatura agli Oscar nel 2019 e il film As Bestas ha avuto un ampio successo al Festival di Cannes nel 2022), si misura così con il formato seriale, raccontando la storia di due giovani trentenni incontratisi per caso e l’evoluzione della loro relazione nel corso del tempo.
Presentata in anteprima nel corso dell’ultima Mostra del Cinema di Venezia, Dieci Capodanni (Los años nuevos) è disponibile, completa, su RaiPlay dal 7 febbraio.
Madrid, Vigilia di Capodanno del 2015. Ana (Iria del RÍo) e Òscar (Francesco Carril) si conoscono ad una festa di amici comuni. Tra loro è subito evidente una certa attrazione e curiosità, data anche dal fatto che lui festeggia il compleanno quello stesso giorno e lei il seguente, il 1 gennaio.
Il loro rapporto si sviluppa nel corso dei 10 anni successivi, tra alti e bassi, cambiamenti, progressi e sentimenti contrastanti.
Dieci anni per capirsi e per amarsi: i due protagonisti si stringono e si allontanano, con movimenti sinuosi, febbrili, in quello che sembra un tango serrato che tiene lo spettatore in sospeso, ma incantato, avido di conoscere di più su questa coppia tanto affascinante quanto scostante.
Sorogoyen, sostenuto nella scrittura e nella regia da Sara Cano e Paula Fabra, sceglie di mostrare la parabola della storia di Ana e Òscar nelle sue conseguenze, non soffermandosi sull’effettivo vissuto dei loro dieci anni, e quindi sui perché, ma solo su quegli unici due giorni che per i protagonisti rappresentano una sorta di tradizione irrinunciabile, il momento della riconciliazione dopo un anno di vita vissuta.
A colpire è proprio la struttura narrativa della serie, con dialoghi che si distinguono per la naturalezza, l’autenticità del quotidiano che esprimono, soffermandosi sulle dinamiche relazionali e il cambiamento individuale che avviene nel corso del tempo.
In tal senso, gli interpreti si mostrano eccezionali, unici nelle loro performance: Iria del RÍo e Francesco Carril offrono tutto sé stessi in una prova di immedesimazione, comprensione e comunicazione con e dell’altro affatto facile.
I due protagonisti sembrano essere stati uniti dal destino, l’ultimo nato del 1985 e la prima nata del 1986: l’uno il consecutivo dell’altro, e questo legame li unisce anche quando sembrano lontani, ormai persi nel ritmo delle loro vite e quelle delle persone loro care.
Certo, Sorogoyen si muove su una linea di racconto non originale, infatti, la rappresentazione di relazioni simili è già nota in altre pellicole, One day di Lone Scherfig, About Time di Richard Curtis e soprattutto la trilogia di Richard Linklater Prima dell’alba, Prima del tramonto e Before Midnight;
tuttavia, la cifra caratterizzante di Dieci Capodanni è nel modo in cui Sorogoyen porta sullo schermo il soggetto, seguendo due direttrici: la semplicità, chiamiamola anche banalità della vita di tutti i giorni, che però può rivelarsi singolare nel suo corso e poi la fisicità, i corpi che, il più delle volte, esprimono ciò che i personaggi non riescono a comunicare, di fatto, con le parole.
Interessante è anche il modo in cui gli stessi protagonisti raccontano e guardano lo sviluppo dei legami intorno a loro, una galleria di umanità, di modi di fare, di approcci alla vita che rappresentano spunti di riflessione e di osservazione.
Dieci Capodanni vale la visione, offrendo a chi guarda la possibilità, a sua volta, di soffermarsi su sé stesso e sugli altri in una prospettiva intima e molto realistica.