Home Chiesa e Diocesi Commento al Vangelo domenica 23 febbraio. Siate misericordiosi, come il Padre vostro

Commento al Vangelo domenica 23 febbraio. Siate misericordiosi, come il Padre vostro

Commento al Vangelo settima domenica del Tempo ordinario - Anno C

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di Padre Gianpiero Tavolaro
Comunità Monastica di Ruviano (Clicca)

Settima domenica del Tempo ordinario – Anno C
1Sam 26, 2.7-9.12-13.22-23; Sal 102; 1Cor 15, 45-49; Lc 6,27 38

Guercino: “Saul che attacca David” (1646) – Galleria Nazionale d’Arte Antica

Se la povertà è condizione della beatitudine, massima espressione della beatitudine è l’amore. L’amore che Gesù chiede ai suoi discepoli, non diversamente da quello che egli stesso ha scelto di vivere, è un amore incondizionato, reale, pienamente umano, non sottoposto alle condizioni imposte dall’altro, soprattutto quando queste, all’estremo, coincidono con il rifiuto. Essere rifiutati, non essere corrisposti nell’amore, non autorizza i discepoli a non amare, ma diviene, al contrario, il banco di verifica dell’autenticità del loro amore («Se amate quelli che vi amano, quale la vostra grazia?»).

L’amore, infatti, non è per Gesù espressione di una passione improvvisa e passeggera dell’intimo dell’uomo – nella quale si esprime magari un bisogno di cercare nell’altro quanto non si trova in sé stessi –, ma è un movimento consapevole e permanente di apertura all’altro, che ne consente, ne custodisce, ne desidera l’esistenza: per questo Gesù pone al centro del suo discorso (che per Luca è il “discorso della pianura”) la cosiddetta regola d’oro («Ciò che volete gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro»). Bisogna desiderare per l’altro quella medesima vita che si desidera per sé. L’amore, dunque, si radica nella volontà di bene per l’altro, che, concretamente, è volontà di fare storia con l’altro, di essere con lui e per lui, sempre.

Se autentica, questa volontà mai può venir meno, anche quando viene contraddetta dal rifiuto dell’altro, perché essa è “nel cuore” dell’amante, prima di essere in quello dell’amato e perché essa non produce il suo oggetto, ma lo accoglie, ne accoglie l’esistenza, anche quando non è ricambiato. E in questo amore, che non ammette altra condizione che la propria scelta dell’altro, si manifesta la grazia, la gratuità di colui che ama. L’amore gratuito non è un amore che si accontenta: esso non ignora chi sia l’altro concreto, reale, che si sceglie di amare e con il quale si desidera fare storia; non ignora la “fatica dell’altro”, la fatica che è l’altro. L’altro, infatti, è sempre portatore, come ogni uomo, di opacità interiori, di miserie, di limiti (a volte di una semplice diversità) che, lungi dal costituire un impedimento all’amore, chiedono all’amore che sia intelligente, capace cioè di vedere l’altro per quello che è e di assumerlo così come è, non per lasciarlo nella miseria (o nella “distanza” della diversità) in cui è, ma per garantirgli, mediante l’esperienza della gratuità dell’amore ricevuto, uno spazio di crescita e di conversione (o, anche semplicemente, di incontro).

L’altro va amato non nell’idealità delle proiezioni e delle attese che si nutrono verso di lui, ma nella concretezza di una umanità che è segnata dalla fallibilità e che, di fatto, ne patisce le conseguenze. La misericordia diviene, così, la dimensione essenziale di ogni relazione amorosa nella quale siano coinvolti degli uomini: essa è il modo in cui l’amore (cioè il desiderio dell’altro e della sua vita) si incarna ogniqualvolta la caduta porta nella relazione amorosa la contraddizione. L’invito che Luca rivolge a essere misericordiosi come il Padre è, dunque, un altro modo per dire – come invece fa Matteo – che occorre essere perfetti come il Padre: la perfezione del Padre sta, infatti, nella sua capacità di amare anche chi lo rinnega, non facendo dipendere il proprio agire dall’altro, ma esercitando quella misericordia che è il volto che l’amore verso chi è nella miseria e nel peccato.

L’amore, dunque, è pienamente divino – capace, cioè, di essere un riflesso autentico dell’amore che Dio vive in sé e verso l’uomo – quando tende all’eternità, scegliendo, cioè, di amare a qualunque costo l’altro: ma solo in questo modo, l’amore è anche pienamente umano. L’uomo, infatti, è portatore dell’immagine di Dio, la quale, seppure contraddetta, non può mai essere cancellata: vivere da uomini è vivere secondo quella immagine… amare da uomini è amare conformemente a quella immagine… “uomo” è, in senso pieno, chi sa vivere e amare come Dio, esattamente come Gesù.

 

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