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Bartolo Longo. La santità “dietro le quinte” di chi lo prese per mano

Se Dio aveva già tracciato la strada per lui, volle servirsi di testimoni del Vangelo perché Bartolo Longo cambiasse. Il valore di una testimonianza che fa miracoli nell'esempio di Vincenzo Pepe e il domenicano Alberto Radente

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Nel Santuario di Pompei, durante l’Anno giubilare per il 150° anniversario dell’arrivo del beato Bartolo Longo ( 1° ottobre 2022 – 31 ottobre 2023) le frasi celebri del Beato e le immagino che lo ritraggono accanto agli ultimi

Immaginate di trovarvi a Pompei nel bel mezzo di un suono di campane a festa; proverete a chiedervi il perché, e ancor maggiore la sorpresa se in Santuario ci si prepara per una preghiera fuori programma guidata dall’arcivescovo prelato Mons. Tommaso Caputo. Il tam tam di parole dura un attimo tra la gioia di chi già attende e l’incredulità di chi non se l’aspetta: Bartolo Longo sarà santo! L’uomo che fondò il Santuario della Madonna del Rosario e numerose opere di carità – già santo nel cuore di milioni di devoti – è pubblicamente riconosciuto dalla Chiesa cattolica tra i santi di Dio per le virtù che lo contraddistinsero, e perché no, per il suo integrale percorso di vita, compreso il tempo della personale rinascita prima ancora che di “rinascita” potessero parlare altri grazie alle opere da lui realizzate e offerte per la nuova vita di tanti sofferenti (nel corpo e nello spirito). Il suo cuore fu il primo santuario dove avvenne il nuovo incontro con Dio dopo averlo lasciato per un’esperienza di ombra, di buio tra le pratiche dello spiritismo, a Napoli. Più fragile e più umano di tanti uomini, si afferrò alla luce che gli mancava, ora è santo e ricorda al mondo come la strada della felicità è tutta nel Vangelo, in una dimensione di dono gratuito per la felicità degli altri.

Eppure, non da solo. Sì perché la santità non è dei battitori liberi ma di chi si presta alla comunione, di chi si presta all’’azione forte e tuonante del Vangelo; è per quelli che prendono, offrono, restituiscono in termini di bene.   Bartolo Longo trascina sugli altari più solenni gli invisibili attraverso i quali Dio tornò a parlargli: artigiani della Parola, persone che con la testimonianza minuziosa, laboriosa, creativa – come tanti oggi nel mondo – lo aprirono al nuovo.

Quanto potremmo esserlo tutti, promotori della santità altrui!
Farsi strade spianate per facilitare il cammino affaticato di altri; una parola donata e non trattenuta quanto bene può fare nel cuore di chi sta cercando una via d’uscita; un buon esempio mostrato ma non esibito; una presenza che alimenta la libertà altrui e non ne trattiene o soffoca l’identità. Brillare ed accendere altri…

Osare. Fu così per Vincenzo Pepe e il padre domenicano Alberto Radente, due nomi e due volti che quasi naturalmente passano in secondo piano rispetto alla figura di Bartolo Longo ma che esprimono in pieno il valore forte e determinante della missionarietà in nome del Vangelo. Il Santuario di Pompei, divenuto luogo di grazie ricevute, ha un suo precedente nella ‘grazia’ che Bartolo Longo ricevette da Dio tramite loro.

Il professore Vincenzo Pepe, amico e compaesano, fu il primo a cui Bartolo Longo si rivolse nel momento di maggior difficoltà psichica ed emotiva causategli dalle scelte dello spiritismo e dalla contestazione anticlericale in cui si era coinvolto da giovane; fu lui ad indirizzarlo al domenicano Padre Alberto Radente giunto a Napoli dopo una lunga permanenza a Larino dove aveva insegnato dogmatica morale e diritto naturale nel seminario vescovile. Il religioso ebbe cura assidua di Bartolo Longo che maturò presto la scelta di aggregarsi al Terzo Ordine di San Domenico, e di ricevere la “nuova prima comunione” che lui stesso gli amministrò il 23 giugno 1865. Le spoglie mortali di Padre Radente sono custoditi nella cripta del Santuario di a Pompei, di cui fu il primo Rettore.

Per approfondire su Bartolo Longo e la storia del Santuario della Beata Vergine del Rosario di Pompei. Clicca

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