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Addio a Bruno Pizzul. Le interviste con Clarus, la sua voce colonna sonora del calcio italiano e scrigno di valori

Si è spento all'ospedale di Gorizia all'età di 87 anni; con lui se ne va un appassionante pezzo di storia calcistica, in particolare legato alle Nazionali

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“Un giovane sportivo ha un primo grande diritto: non dover diventare per forza un campione”, così Bruno Pizzul nella sua intervista con Clarus, a cura di Mario Fattore. Era appena iniziato il Campionato mondiale di Calcio disputato in Brasile dal 12 giugno al 13 luglio 2014, evento che si era aperto non senza polemiche sulle condizioni di un Paese vessato da tante povertà materiali e sociali, impegnatosi in un paradossale investimento economico. Pizzul, per la seconda volta ai nostri microfoni (la prima in occasione del mondiale in Germania nel 2006) tornava a proporsi come attento osservatore della società e del mondo sportivo, ma soprattutto come educatore ancor prima che brillante cronista. 

di Mario Fattore (da Clarus n.6-2014)
L’esordio della Nazionale italiana contro l’Inghilterra ci ha fornito una risposta positiva ed entusiasmante. L’esordio della Nazionale italiana contro l’Inghilterra ci ha fornito una risposta positiva ed entusiasmante. Cosa ne pensa delle tanto criticate scelte di Prandelli alla vigilia del Mondiale?

Inevitabilmente, quando si arriva al momento di prendere le decisioni e il C.T. elenca i nomi dei calciatori convocati, c’è sempre qualcuno che si lamenta per essere stato escluso. Tutto sommato direi che le scelte di Prandelli possono essere condivise, non invece le modalità attraverso le quali è arrivato all’esclusione di Giuseppe Rossi. Convocandolo fra i trenta, aveva aperto più che una porta a Rossi e, anche se poi ha dichiarato che fin dall’inizio non aveva intenzione di portarlo in Brasile, ha creato aspettative sia nel ragazzo che nell’opinione pubblica. La vicenda Rossi poteva essere gestita in modo diverso.

Tante polemiche accompagnano questo Campionato del Mondo: era opportuno organizzare la manifestazione in un Paese dove molte persone vivono in condizioni di povertà?
La situazione del Brasile è particolare. Da anni i mass media sostengono che l’economia brasiliana è in grande sviluppo e il PIL cresce. La gente comune, però, verifica che tali affermazioni non trovano riscontro nella quotidianità. Per questo motivo, le spese sostenute per i Mondiali vengono criticate e molti ritengono che quelle risorse dovevano essere impiegate diversamente. D’altra parte il Brasile nel 1986 aveva dovuto rinunciare all’organizzazione del Campionato del Mondo che poi si svolse in Messico. Fallire un’altra occasione del genere sarebbe stata recepita come una nuova sconfitta.  Sono stato recentemente in Brasile e credo che ci sia il rischio di vedere una grande festa del calcio internazionale rovinata da episodi di intolleranza e protesta violenta.

Quando l’Italia sarà in grado di organizzare una manifestazione sportiva internazionale?
Sicuramente non aiuta, al momento della candidatura di una sede italiana per competizioni sportive internazionali, il problema della corruzione esistente nel nostro Paese. Fino a quando ci sarà questo pericolo, difficilmente daranno all’Italia l’opportunità di ospitare manifestazioni sportive importanti.

Dal 2006, anno in cui la Nazionale azzurra ha vinto la Coppa del Mondo, ad oggi, com’è cambiato il calcio in Italia?
La crisi economica ha interessato anche le società calcistiche che non sono più in grado di competere con i grandi club stranieri sul piano finanziario. Si è aggravata la posizione di inferiorità del nostro campionato rispetto a quelli più competitivi. In Italia non arrivano più giocatori di grande valore individuale ed economico. Inoltre molti calciatori italiani, soprattutto giovani, approdano all’estero. Bisogna aggiungere che, negli ultimi anni, il calcio italiano non ha prodotto grandi talenti, probabilmente perché i tecnici dei club lasciano poco spazio ai nostri giovani e preferiscono affidarsi all’usato sicuro. La politica della gestione del calcio giovanile in Italia va, forse, rivista.

Come giudica la presenza di investitori stranieri nel nostro Campionato? Un segno di debolezza o una risorsa?
È certamente un segno di debolezza. La ricerca di capitali stranieri è un fenomeno consolidato già da tempo nei campionati inglese, francese, tedesco e spagnolo. Alla Roma la situazione con Pallotta sembra essersi risolta positivamente. Persistono alcuni dubbi sulla figura di Thohir che, più che essere un diretto investitore, sembra una persona capace di rastrellare risorse da utilizzare per risanare i bilanci dell’Inter e, solo successivamente, rinforzare la squadra dal punto di vista strettamente tecnico. È un panorama generale che può suscitare qualche perplessità ma che sottolinea come da soli è dura riuscire a trovare i mezzi economici sufficienti per restare competitivi a livello internazionale.

Molti calciatori italiani vengono dalla formazione sportiva degli oratori. Questi spazi sono ancora luoghi in cui individuare i giovani talenti? Un giovane può ancora sognare liberamente di diventare calciatore?
L’attività calcistica e sportiva negli oratori in Italia si è diffusa a macchia di leopardo. In Lombardia, dove vivo, la realtà oratoriale è molto dinamica: molti ragazzi frequentano quei luoghi e l’attività sportiva e agonistica è molto sviluppata. È cambiato molto l’atteggiamento dei ragazzi e, mi dispiace dirlo, soprattutto dei loro genitori che qualche volta danno l’impressione di avviare i f igli alla pratica sportiva, soprattutto al calcio, quasi come investimento economico futuro. Si creano delle aspettative esagerate. I ragazzi si sentono quasi costretti a diventare dei bravi calciatori. Invece un giovane sportivo ha un primo grande diritto: non dover diventare per forza un campione. I ragazzi e i bambini devono divertirsi e vivere momenti di aggregazione ludico-sportiva che si trasformano in momenti educativi. In caso contrario la situazione si complica terribilmente. Persino la FIGC, che di norma si avvede dei problemi con epocali ritardi, da qualche anno ha rilevato una percentuale molto elevata di ragazzi che cominciano ad avvicinarsi al mondo del calcio e dopo un po’ abbandonano. Questo fenomeno si verifica anche in ambito oratoriale, perché i giovani vengono trattati come se fossero già dei professionisti ed evidentemente non si divertono. Si è perso il sorriso anche nel calcio giovanile e ciò è molto grave. Bisogna recuperare la capacità di far giocare i bambini facendoli divertire, senza pressarli con le pretese degli adulti.

Scarica il pdf con l’intervista pubblicata nel 2014.

 Dai nostri archivi  Nella foto in basso la prima pagina di Clarus, nel maggio 2006 che raccoglieva la testimonianza di Pizzul su Calciopoli, lo scandalo del calcio italiano che vedeva Luciano Moggi il principale protagonista. “Occorre per forza di cose, fare piazza pulita – spiegava nell’intervista raccolta da Mario Fattore – eliminare certe abitudini assolutamente sbagliate e inaccettabili; ma bisogna anche stare attenti a non fare di tutt’erba un fascio(…)”. “A voi giovani della Redazione dico: portate avanti il vostro discorso e cerchiamo di recuperare quelli che sono i valori veri della vita e dello sport”. 

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