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Piedimonte Matese. Alberto Bacchiani, la sua memoria della Seconda guerra mondiale su Rai Storia

Nato in Tunisia, poi rientrato a Roma, vive la gioventù assistendo alle imprese di Mussolini; frequenta l'Istituto agrario di Piedimonte d'Alife dove intesse solide amicizie. Si stabilisce in città dopo la guerra. È morto a 103 anni lo scorso gennaio

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Alberto Bacchiani, tra gli ultimi testimoni della Seconda guerra mondiale, sarà protagonista questa sera (mercoledì 23 aprile) della puntata “Il giorno e la storia” in onda su Rai Storia alle 21.10 nel documentario del regista Pasquale D’Aiello.
Piedimontese per scelta, aveva deciso di stabilirsi nella città matesina dopo averla conosciuta da giovane durante gli studi all’Istituto Agrario e ne  rimasto affascinato, e come per un naturale legame di sangue se ne sentiva figlio.
Deceduto lo scorso 3 gennaio a 103 anni, la sua testimonianza di guerra è stata raccolta nel 2022 insieme a quelle di uomini di altre Regioni italiane che combatterono per il Paese; e finalmente questa sera, alla vigilia della Festa della Liberazione, la ascolteremo in tv.

Lo aveva già fatto il signor Alberto; aveva già affidato le sue memoria alle collettività con il libro “La memoria e il tempo” pubblicato nel 2014; ma volutamente il suo diario di combattente si apriva con la narrazione di un periodo a lui particolarmente caro: il fascismo delle grandi opere pubbliche, delle centrali idroelettriche, della costituzione dei Parchi nazionali, delle opere sociali: “Nato nel 1922 ho vissuto quel periodo con la spensieratezza della prima gioventù – spiega Bacchiani –  entusiasta come tutti i giovani di allora, dei traguardi che, anno dopo anno venivano raggiunti”. Come tanti anziani di oggi, testimoni di quegli anni, Alberto per tutta la vita ha riconosciuto i meriti delle imprese mussoliniane che avevano conferito all’Italia la crescita sperata; l’esperienza della gioventù lo aveva reso consapevole del progresso che stava investendo il Paese e lo affascinava; diversamente è stato quando un’altra consapevolezza si è fatta strada nella società: il dolore e il male che il fascismo e le sue estreme conseguenze portarono all’intera popolazione.

Di origini pesaresi Alberto era nato il 12 maggio 1922 a La Goletta, in Tunisia, dove la mamma era impiegata come insegnante di italiano e francese in quella che era diventata meta di immigrazione e colonia di italiani. Vissuti a Monastir e Susa quindi trasferiti a Rabat in Marocco ed infine a Casablanca dal 1926 al 1930, anno in cui tornano definitivamente in Italia, a Roma. Vissero presso il fratello della mamma: Alessandro Bacchiani, professore, giornalista e redattore capo presso l’allora Giornale d’Italia. Profondo studioso nel campo delle antichità ricoprì cariche importanti come direttore della toponomastica di Roma e Consultore presso il governo diretto da Benito Mussolini. Come non poteva interessarsi il giovane Alberto all’Italia di Mussolini e alle imprese del Duce! In questo clima di vivacità e fermento culturale che cresce fino all’iscrizione in collegio a Firenze e poi all’avviamento professionale agrario nella città di Latina, altro simbolo dell’impresa fascista, allora Littoria. Su consiglio del direttore, per fargli proseguire gli studi, la madre decise di trasferirsi a Piedimonte d’Alife sede di uno dei più antichi e accreditati Istituti Agrari, fondato il 12 luglio 1888 come Regia Scuola Pratica di Agricoltura. Nel 1942 arrivò la chiamata alle armi; successivamente Alberto venne inviato in Africa Settentrionale e sino all’11 maggio 1943 fu combattente nella seconda guerra mondiale. Dopo l’Armistizio fu fatto prigionieri prima in Algeria e quindi negli Stati Uniti, in Virginia nella città di Norfolk. Nel 1945 finalmente tornò a Roma in tempo per festeggiare il Natale con la famiglia. Lo accolse una città completamente trasformata dagli eventi della guerra in cui lavorò come manovale per ricostruire le strade urbane al 1947. Fu in quel periodo che a Roma incontrò per caso, durante una passeggiata a piazza Cavour, Gino Mattera, vecchio amico Piedimontese, che cantava da tenore e in quel momento era impegnato al Teatro dell’opera di Roma. Gli regalò dei biglietti per una delle rappresentazioni, episodio che fece nascere in Alberto la nostalgia e la voglia di tornare in visita nella cittadina matesina che lo aveva ospitato e in cui aveva tanti cari amici. Fu quel breve viaggio a riaccendere in lui il desiderio di tornarci e rimanere; e così accadde dopo aver convinto la madre al trasferimento. Dal 1948 Piedimonte divenne la sua casa, la sua nuova famiglia. Conobbe Italia che sarebbe diventata sua moglie, godendo la gioia del matrimonio per ben 71 anni. La sua riconoscenza per Piedimonte, l’amore per la città e per il Matese lo ha raccontato in poesie e scritti; il suo sentirsi parte della comunità lo ha portato nelle scuole del territorio a farsi narratore di una pagina di Storia unica ed indimenticabile per l’Italia.

Rinnegò il fascismo e le leggi razziali, e da adulto volle perciò precisare: “Se le cose avvenute nel passato, come nel bene e nel male, non sono passibili di alcuna correzione, sono però, se ricordate, preziose da un lato se prese ad esempio, dall’altro per non ricadere in errori ancora più gravi”.

Alberto Bacchiani durante gli anni della prigionia negli Stati Uniti d’America

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