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Il velo, le scarpe e la terra. Il potere dei segni, l’ultima enciclica di Francesco

Le ultime immagini del corpo di Papa Francesco sono invito alla riflessione futura: in tre segni ancora una consegna e un insegnamento all'umanità

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La tomba di Papa Francesco nella basilica di Santa Maria Maggiore. (Foto Calvarese/SIR)

Emilio Salvatore – In una ricca e semplice celebrazione esequiale di Papa Francesco, tre segni mi hanno colpito: la velatura, le scarpe, la sepoltura nella terra.

Il velo, che è stato considerato una novità da alcuni giornalisti, in realtà esso appartiene alle antiche tradizioni delle esequie papali, è presente tuttora nel rituale della chiusura della bara in uso anche presso diverse comunità cristiane. Un familiare stende un velo bianco sul volto del defunto, sottratto alla vista dei suoi cari. Le parole della preghiera (presente nel Rito delle Esequie della CEI), che accompagnano il gesto, danno voce al dolore ma aprono alla fiducia e alla speranza: Mentre il suo volto scompare al nostro sguardo donaci la sicura speranza che un giorno /lo vedremo trasfigurato nella tua dimora di luce e di pace.
Il volto nella vita terrena è fondamentale per la relazione con gli altri, ma anche nella vita soprannaturale non cambia la natura. Il volto è sottratto alla vista dei contemporanei, per essere visto solo da Dio. Il volto del defunto e il volto di Dio si trovano faccia a faccia per una contemplazione in qualche modo reciproca, che resta nascosta agli uomini. Quando quel velo sarà tolto, alla fine dei tempi, allora anche noi potremo rivedere il volto a noi caro, trasfigurato nella luce di Dio.

Il secondo segno è quello delle scarpe. Esse richiamano una condizione più prosaica. Servono a custodire e difendere il piede mentre si cammina sulla terra. Le scarpe con cui Papa Francesco è stato sepolto sono quelle che ha usato per i suoi piccoli e grandi passi. Di per sé le scarpe ora non servono più neanche al Papa. Sarebbe potuto andare a piedi nudi verso la Terra santa del cielo, quella in cui come Mosè sull’Oreb non servono i calzari (cf Es 3,5): un testo caro a Papa Francesco che lo applicava alle relazioni umane, sottolineando che bisogna considerare l’altro come terra sacra (cf EG 169). Queste scarpe, ortopediche e consumate, sono memoria del cammino già fatto da parte di un uomo fragile e stanco. Il suo cammino di peccatore (come tante volte ha avuto modo di dire) ma anche di pellegrino appare qui in piena luce. Nel guardarle mi sono venute in mente prole di anonimo: Prima di giudicare la mia vita/ o il mio carattere mettiti le mie scarpe, /percorri il cammino che ho percorso io. /Vivi il mio dolore, i miei dubbi, /le mie risate./ Vivi gli anni che ho vissuto io/ e cadi là dove sono caduto io /e rialzati come ho fatto io.
Si tratta di un invito ad usare misericordia nel giudizio, a mettersi nelle scarpe degli altri. Come se Francesco volesse dire a noi, di non giudicarlo con troppa facilità, così come ha invitato a non giudicare gli altri. Tanti giudizi in questi giorni sono stati formulati da molti commentatori e esperti, uomini di Chiesa e non credenti, sul suo pontificato e sulla sua persona. In realtà nessuno di noi può capire come possano essere scomode le scarpe di un Papa, di un povero cristiano, di un uomo.

Infine l’ultimo segno: la terra, quella di Roma, che da poco in Santa Maria Maggiore accoglie le spoglie mortali. La terra è come una madre, come la chiama il poverello di Assisi: «Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra matre Terra, la quale ne sustenta et governa, et produce diversi fructi con coloriti flori et herba»: Cantico delle creatureFonti Francescane 263; come del resto papa Francesco ci ha ricordato con la sua enciclica Laudato si’. Fedele sino in fondo al nome programmatico egli ha voluto un sepolcro “nella terra; semplice, senza particolare decoro”, vicino all’immagine di Maria, Salus Populi Romani, Colei che lo ha accompagnato in tutto il cammino terreno, e veglierà e intercederà per lui. Qui, in una madre, di fronte alla Madre, il pellegrinaggio si fa sosta, si fa attesa della risurrezione nell’ultimo giorno.

Ognuno di questi segni ci parla di uno stile unico e inconfondibile, quello di Francesco. Sino all’ultimo egli ha rinunciato ai segni del potere umano (spesso sontuosi e appariscenti) per credere e offrire il potere dei segni, come avrebbe detto don Tonino Bello. Così sanno fare i profeti di ieri e di oggi, e – ci auguriamo – anche di domani.

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