“La capacità di realizzare il bene comune e il bene delle persone in una convivialità delle differenze è e dovrebbe diventare sempre più anche un obiettivo politico, dal momento che ci troviamo a vivere in un contesto nel quale le differenze o sono armonizzate e allora produrranno convivialità o sono esasperate e allora produrranno conflitto”. È il monito del Custode di Terra Santa, padre Francesco Patton, lanciato durante la messa celebrata il 1° giugno a Gerusalemme, nel convento di San Salvatore, in occasione della Festa della Repubblica italiana del 2 giugno. Una liturgia dedicata allo Stato italiano, per sottolineare la profonda e storica unione che lega la Custodia di Terra Santa con l’Italia. Un tributo che la Custodia riserva anche ad altre tre nazioni di tradizione cattolica, Francia, Spagna e Belgio, “per l’impegno profuso nel passato e nel presente nella promozione e la protezione delle comunità cristiane in Terra Santa”.
“I testi biblici, la tradizione cristiana e la Dottrina Sociale della Chiesa – ha spiegato il Custode – ci ricordano sia l’importanza e la necessità sia il limite dell’autorità secolare e del potere politico”. Entrambi, nell’antichità “hanno sempre avuto il significato profondo di garantire un’ordinata e feconda convivenza tra le persone ed hanno sempre avuto come orizzonte la realizzazione del bene comune. Per questo motivo sia i filosofi, sia la grande letteratura, sia i testi sacri hanno sempre ritenuto una degenerazione del senso autentico dell’autorità un potere fine a se stesso, un potere che opprime il popolo anziché promuoverne il bene, un potere che prevarica la coscienza delle persone e degli individui”. Che è quello che, ha avvertito padre Patton, “continuano a fare oggi coloro che ritengono che la propria autorità e il proprio potere non abbiano limiti e non debbano tener conto né del rispetto degli ordinamenti civili degli stati né delle leggi internazionali, e nemmeno del bene comune delle società che governano, del rispetto per la vita delle persone e dell’orientamento della loro coscienza”. Davanti a questo mancato rispetto delle leggi e ordinamenti anche internazionali il Nuovo Testamento ricorda gli apostoli Pietro e Giovanni che rivendicarono “libertà di coscienza e di parola contestando le disposizioni date dal Sinedrio di non predicare che Gesù è risorto”. “Per lo stesso motivo i cristiani dei primi secoli preferirono il martirio piuttosto che conformarsi a leggi che vanno contro la loro coscienza e contro l’insegnamento divino. I martiri dei primi secoli sono tutti autentici obiettori di coscienza, ma hanno fatto questo senza mai negare la legittimità di un’autorità ordinata al bene della società, dei popoli e delle persone”. Da qui l’auspicio del Custode: “Possa l’Italia, anche in virtù delle sue radici classiche e cristiane, essere un modello di organizzazione statale e di gestione dell’autorità capace di garantire davvero il bene comune e il rispetto delle singole persone”.
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