Home Chiesa e Diocesi Se uno mangia di questo pane, vivrà in eterno. Commento al Vangelo...

Se uno mangia di questo pane, vivrà in eterno. Commento al Vangelo del Corpus Domini

Commento al Vangelo nella Solennità del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo - Anno C

343
0

di Padre Gianpiero Tavolaro
Comunità Monastica di Ruviano (Clicca)

Santissimo Corpo e Sangue di Cristo – Anno C
Gen 14, 18-20; Sal 109; 1Cor 11,23-26; Lc 9, 11b-17

Sergey Shemet (1971): “Cinque pani e due pesci”

La solennità del Corpus Domini mostra nell’Eucaristia il principio di trasfigurazione del mondo: ma questa trasfigurazione non è senza l’uomo, senza la partecipazione e la collaborazione della sua libertà. Il pane e il vino che diventano il Corpo e il Sangue del Figlio di Dio non sono, infatti, semplice materia bruta, ma sono già il frutto della terra e del lavoro dell’uomo: eppure a questa “fatica” che l’uomo compie sulla natura, sopravviene il dono di grazia che “eleva” il naturale, mostrandone la sua possibile (e più alta) destinazione. Nell’Eucaristia è il creato tutto che si incammina verso la divinizzazione e i discepoli di Cristo, nutrendosi di quello stesso Corpo e di quello stesso Sangue, permettono a Dio di trasformarli sempre più, consentendogli di essere per loro pane nel duro cammino della storia e bevanda che toglie la sete nel grande “esodo” verso l’uomo nuovo.

Non a caso Luca, nel suo racconto della moltiplicazione dei pani, registra alcuni particolari sottilmente allusivi all’esodo: il luogo della moltiplicazione è deserto, la gente si accampa a gruppetti, i villaggi sono distanti… Mediante questi elementi di richiamo, Luca – riprendendo la credenza propria del giudaismo a lui contemporaneo che il Messia avrebbe rinnovato le meraviglie dell’esodo – offre un racconto “rivelativo” su Gesù: egli è il Messia, l’inizio di un esodo definitivo. D’altro canto, qualche pagina prima, nel racconto della trasfigurazione, Luca (unico tra gli evangelisti) aveva scritto che Gesù sul monte discorreva con Mosè ed Elia dell’esodo che egli avrebbe compiuto a Gerusalemme (cf. Lc 9,31). E ora, eccolo nel deserto a sfamare il popolo stanco. Luca, però, non si accontenta di questo aspetto “rivelativo” circa il Gesù della storia: egli ha chiaro che quel Gesù della storia è ancora vivente e operante grazie alla sua croce e risurrezione. Il Signore è presente come Risorto, vivente nella sua Chiesa: egli è ancora alla mensa della comunità dei discepoli e continua a mostrare i “prodigi” dell’esodo… dell’esodo “nuovo” (cioè, “ultimo”), dando da mangiare ai suoi il pane spezzato del suo Corpo e offrendo loro il calice di obbedienza nell’amore del suo Sangue. Luca sottolinea che «il giorno cominciava a declinare», annotazione questa che anticipa e prepara l’esperienza di Emmaus in cui, mentre «il giorno volge al declino» i due pellegrini dicono al Risorto: «Resta con noi…».

Nel racconto lucano della moltiplicazione dei pani, le folle sulla riva del lago non formulano alcuna richiesta esplicita… non rivolgono a Gesù la preghiera/invito dei due di Emmaus: eppure, non vanno via… restano, perché vogliono che Gesù resti. Ed egli rimane per loro, come segno del suo desiderio di rimanere per ogni uomo affamato e assetato di vita: il pane da Lui donato diviene, così, luogo di speranza, di forza, di amore, di vita per tutti coloro che in esso sapranno riconoscere la Sua presenza. L’Eucaristia non è solo “fatta” dalla Chiesa: in realtà è il grembo in cui la Chiesa stessa è fatta. Nel pane eucaristico, la Chiesa cresce e riceve forza per camminare verso il Regno e per resistere alla mondanità. L’Eucaristia, allora, non è un rito da celebrare o, almeno, non è solo questo: essa è un mistero da vivere e da assumere, giorno dopo giorno. Ciò che la Chiesa è chiamata a portare per le strade del mondo non è il pane eucaristico, quanto piuttosto ciò cui quel pane mira, ossia la comunione fraterna, l’amore che genera amore, secondo il comandamento definitivo del Signore (cf. Gv 13,34-35)! Ancora una volta, di fronte al mistero di questo pane, la Chiesa è invitata a guardare “dentro” di sé, assumendo, fino all’estremo, il senso di quel «fate questo… in memoria di me» (1Cor 11,25), per diventare anch’essa amore spezzato, a immagine del suo Signore, che ancora tutto si consegna.

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.