Home Arte e Cultura Alife. Giada Paterno in finale alla XIX edizione del Festival delle Lettere

Alife. Giada Paterno in finale alla XIX edizione del Festival delle Lettere

Studentessa, 17 anni, immagina di essere vittima di violenza e in una lettera indirizzata alla mamma le affida la battaglia per la libertà di tutte le donne

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La più giovane finalista del Festival delle Lettere, edizione 2025: Giada Paterno ha raggiunto Milano con la famiglia per vivere il traguardo che premia la sua passione per la scrittura. Presso la Casa Cardinale Ildefonso Schuster, a pochi passi dal Duomo, si è tenuto sabato 21 giugno l’evento che ha chiuso la XIX edizione della manifestazione dedicata al valore epistolare: le lettere, preziose testimonianze storiche, relazionali, diplomatiche accompagnano la storia dell’umanità. Un po’ meno nell’era digitale e ancor meno con il dominio dei social fondato su più immediati contatti privati dell’espressività delle parole pensate, pesate, incise con inchiostro sulla carta e destinate e restare…

Quattro le categorie principali del concorso e tre categorie speciali; Giada, ha scelto la categoria più attesa, Lettera ad una donna, concentrando in essa delicatezza e forza, consapevolezza di un dramma e speranza, aggrappandosi al valore insostituibile della relazione tra una figlia e sua madre.

17 anni, alunna del Liceo Statale Galileo Galilei di Piedimonte Matese, una brillante carriera scolastica e il sogno di un futuro in campo medico, ha scelto di raccontare il dramma che più di altri le hanno raccontato tv e social da quando è nata, coinvolgendosi quasi direttamente nella tragedia di una violenza, anche estrema, immaginando di scrivere alla sua mamma dopo essere rimasta intrappolata nella rete della barbarie umana. Si firma “Ultima donna”, sperando si essere veramente l’ultima “a portare il peso di quei silenzi, ma anche la forza di chi si rifiuta di piegarsi alla violenza”.

Il coinvolgimento emotivo della giovane Giada riflette un’intera categoria sociale purtroppo troppo coinvolta nella consapevolezza di quel che possa accadere ad una ragazza, ad una donna di ogni età, anche a lei che oggi vive in un pacato paese di provincia; la riflessione che al termine del concorso mette a disposizione di tutti riflette la maturità – ormai adulta e fuori dallo scontro adolescenziale genitori-figli – che possa essere una mamma l’àncora di salvezza, la voce a cui affidare un grido più forte di riscatto, la persona più vicina. “A te mamma chiedo di farmi una promessa – scrive nel suo testo – una promessa che nel mio cuore risuona forte; un canto, una preghiera che so essere stata anche la tua: ‘Mamma, se dovessi essere io la prossima, fa’ che io sia l’ultima’. Un’invocazione disperata che squarcia la brutalità, un desiderio immenso di un futuro libero dalla paura, dalla minaccia, dall’ombra cupa del sopruso”.

Il dramma s’impone alla vita dei giovanissimi, non è lontano, non è distante, lo sentono intorno, lo percepiscono sulla pelle, lo vedono con i loro occhi, e Giada, con estrema libertà ce lo conferma: “Non è solo violenza fisica, ma soprattutto verbale e psicologica quella a cui assisto nei confronti delle ragazze come me”, poi aggiunge, “ce n’è troppa. Forse in una società più aperta al confronto noi non saremmo le vittime”.

Cosa chiedono allora le ragazze come lei? Cosa implorano fuori dalle righe di una lettera che si fa strada in un festival di adulti? “Meno propaganda, meno spot in favore della donna, ma un concreto cambio di mentalità perché nonostante tutto, nei colloqui di lavoro di ieri o di oggi, continua a farsi largo la domanda “ma pensi di avere dei figli?”. Con pacatezza condanna, con dolcezza denuncia quel che non va; ma la speranza non l’abbandona.

Il testo integrale, finalista della XIX edizione del Festival delle Lettere
di Giada Paterno
Cara Mamma,

ti scrivo oggi con il cuore pieno di un’eco doloroso, una risonanza delle tante voci che si sono spente troppo presto. Sento sulle mie spalle il peso di silenzi forzati, di vite spezzate, di sogni infranti contro un muro di cieca violenza. Penso a tutte coloro a cui la vita è stata strappata via, da quelle mani oscure e torpide che hanno voluto soffocare la loro libertà. E penso a te, Mamma, che mi hai preceduto con la speranza nel cuore, la speranza di non dover mai scrivere a un’altra “ultima”. Stringiamoci forte in questa lotta, unite contro l’ombra che strappa via la vita.
Oggi, Mamma, io sono qui. Porto con me il peso di quei silenzi, ma anche la forza di chi rifiuta di piegarsi alla violenza. Sono il bocciolo più prezioso di un’era che grida riscatto.
Ti scrivo con la penna intinta nel pianto di tante madri, sorelle, amiche. Ogni parola è un sussurro di dolore, ma anche un grido di giustizia che lotta per farsi sentire nel frastuono dell’indifferenza. Sento in me la rabbia, la tua rabbia, la nostra rabbia, che cerca di esplodere e cambiare il mondo.
A te, Mamma, chiedo di farmi una promessa, una promessa che nel mio cuore risuona forte, un canto, una preghiera che so essere stata anche la tua: “Mamma, se dovessi essere io la prossima, fai che io sia l’ultima”. Un’invocazione disperata che squarcia la brutalità, un desiderio immenso di un futuro libero dalla paura, dalla minaccia, dall’ombra cupa del sopruso.
Ti giuro che porterò con me la memoria di tutte. Sarò testimone e custode di un mondo che imparerà a guardare con occhi nuovi, un mondo che fonderà la sua esistenza sulla comprensione e sulla giustizia. Sarò come l’alba che dissolve l’oscurità, una luce che illumina le macerie del passato.
Sappi, Mamma, che non sarò sola. Sarò la voce di cuori indignati, di menti illuminate, di mani pronte a tendersi per costruire insieme un mondo in cui “ultima donna” diventi sinonimo di donna libera, artefice del proprio destino. Che il mio nome, se questo terribile fardello dovesse toccarmi, diventi un faro che guidi i nostri passi verso un domani di consapevolezza e di autentica libertà.
Una voce fra le tante,
Ultima donna.

 

 

 

 

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