Il labirinto di Minerva pubblicato con Guida Editori a novembre 2024 si è aggiudicato il primo premio nella categoria “Racconti editi” nell’ambito del “Premio Letterario Nazionale Giovane Holden” con una motivazione articolata e dettagliata dalla giuria che mette in luce “la soluzione” che l’autrice individua per ogni labirinto umano e psicologico: “un bagliore di speranza: la soluzione di cui abbiamo bisogno potrebbe essere molto vicina e proprio in chi è prossimo a noi”. Dietro di lei, ma sempre sul podio i racconti “Frecce dall’azzurro cadute” di Enrica Mambretti di Lurago d’Erba (Como) e “Solitudini” di Marcello Loprencipe di Sacrofano (Roma).
Sabato 27 settembre nella cornice dell’Hotel Residence Esplanadea di Viareggio sono stati convocati i finalisti di tutte e sei le categorie e qui celebrati per i loro capolavori: poesie, romanzi, racconti che in Italia si fanno strada grazie alla penna di autori per lo più giovani, innamorati della scrittura, travolti dalla passione di farne esperienza di comunicazione che mette in circolo sentimenti, valori ma anche stile letterario e doti narrative.
Sono dieci i racconti che l’autrice casertana Teresa Piciocchi inserisce nel suo libro: tutti dedicati all’Uomo, al suo mondo interiore, ai desideri e ai sogni, alla sua capacità introspettiva generatrice di futuro per sé stesso e per le persone con cui si relaziona. Quasi un anno dalla pubblicazione del suo lavoro, per la scrittrice il percorso che l’ha condotta al prestigioso premio “Giovane Holden” è stato un “un percorso estremamente interessante in cui ho avuto la possibilità di confrontarmi con tanti lettori”, ci racconta. “È stato sorprendente constatare come il libro riesca a far breccia nell’animo di diverse persone, a prescindere dal loro rapporto con la lettura. Molti mi ringraziano per aver scritto la raccolta e le presentazioni si stanno rivelando un proficuo momento di confronto e scambio”.
La sua passione per la scrittura è stata una costante nella vita; sin da piccola, Teresa elegge la scrittura a strumento espressivo privilegiato. Negli anni della formazione scolastica e universitaria, la coltivarla perlopiù sottoforma di diario personale, mentre, negli anni postuniversitari inizia a cimentarsi con la narrativa, con una progressiva sicurezza per il bagaglio di letture e studi e l’esperienza acquisita. “Ricordo di aver scritto una poesia in seconda elementare. Mi interrogavo sulle lacrime di Pierrot e cercavo di ricostruirne le possibili cause. Poi ci sono stati tanti temi nella scuola elementare, particolarmente apprezzati dal mio maestro, che amava le mie descrizioni ed era convinto che un giorno sarei diventata una scrittrice…”. Ma sono solo i primi passi di un percorso coltivato con passione e dedizione e cura delle parole, dei temi. Si aprono nuove strade? Sembrerebbe sì, il futuro è ancora nella scrittura (e nell’insegnamento come lei ama spesso sottolineare); dunque già nuovi progetti sulla scrivania: “Il riconoscimento ottenuto a Viareggio, anche in considerazione della motivazione della giuria, ha rappresentato per me un’importante conferma della validità dell’opera e, contestualmente, un’ulteriore spinta a proseguire con i nuovi progetti di scrittura già intrapresi con fiducia ed entusiasmo”.
Il libro è disponibile cliccando qui e in tutti gli store digitali.
La motivazione della giuria al Premio di Teresa Piciocchi.
I labirinti che l’uomo si trova a percorrere (tormenti sotterranei senza tregua) con l’investigazione attivata per cogliere orientamenti nuovi da offrire a un vissuto sofferente rappresentano l’oggetto di osservazione e di ricerca che Teresa Piciocchi trasforma in narrazione. La silloge ha il titolo del secondo dei dieci racconti. Il labirinto di Minerva diventa così rivelazione e simbolo di tutta l’opera, denotando e connotando l’approccio psicologico scelto quale filo conduttore. Le situazioni considerate e descritte – con pennellate delicate, toni tenui, ovattati, parole accuratamente ponderate – tutte diverse per contesto, disvelano la stessa anima che le pervade: un’umanità davanti al peso delle continue scelte da compiere. Un peso che può divenire angosciante, estraniante, disorientante, conturbante, stravolgente, obbligando l’uomo a percepirsi collocato nel confine sottilissimo tra realtà, sogno e incubo. L’autrice ci conduce per mano ad assaporare le solitudini che tutte le opzioni comportano, lasciando intravedere comunque un bagliore di speranza: la soluzione di cui abbiamo bisogno potrebbe essere molto vicina e proprio in chi è prossimo a noi. La struttura dei racconti, lo stile sobrio, l’armonia sintattica, il ritmo, richiamano alla memoria i migliori narratori del Novecento. Teresa Piciocchi, con perizia e sicuramente anche grazie all’attenzione costante, sempre vigile, all’interiorità, ai tormenti che pervadono la coscienza, alle paure che la sconvolgono e alle ossessioni che il pensiero attraversa, si dimostra capace di far immergere il lettore nel perenne conflitto che l’uomo percorre tra il sé e l’altro da sé. Evidenziando i vuoti, colmandoli con spiragli improvvisi, colpi di luce che rompono lo spazio, lascia trasparire, a tratti, soluzioni: boe alle quali aggrapparci, isole sulle quali approdare per riposare, arrendendoci alla meraviglia che improvvisa appare. Ma i conflitti interiori, in moto perenne, sono destinati a rincorrersi all’infinito fino alla scomparsa del tempo.



















