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San Claudio ritorna in Cattedrale. La Diocesi di Alife-Caiazzo chiude il lungo restauro

Il Covid e le condizioni critiche in cui versava il busto ligneo del santo martire hanno dilatato la durata dei lavori; venerdì 10 ottobre la consegna del manufatto di Scuola napoletana del Settecento

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San Claudio ritorna nella Chiesa Cattedrale dopo un’assenza durata circa sei anni. Le ragioni? Un necessario e delicato restauro che oggi permettono di restituirlo alla sua comunità d’origine. Ad occuparsi del lavoro di recupero, i restauratori Maria Paola Bellifiori e Vincenzo Esposito della ditta Nova Ars di Avellino, autori di altri recuperi nelle chiese del territorio, che hanno lavorato in stretta sinergia con la Soprintendenza alle Belle Arti Paesaggio e Archeologia delle Province di Caserta e Benevento. Oggi stesso, la ditta di Piedimonte Matese Restauro Cappiello, incaricata dalla Diocesi di Alife-Caiazzo, preleverà il manufatto presso la Nova Ars per riportarlo ad Alife in Cattedrale.

 Le condizioni e la scelta del restauro 
Un busto reliquiario in legno, inumidito, ricoperto di muffe, mancante di alcune parti ed estese lacune dovute alla caduta del colore: così si presentava San Claudio nella cripta della Cattedrale lì dove era depositato da tempo; né buona sorta gli era toccata prima se non quella di essere stato appoggiato in un ambiente meno umido ma ugualmente sottratto all’occhio di fedeli e alle loro preghiere. Nel 2018, il Vescovo Valentino Di Cerbo, durante il periodo di presenza ad Alife nella veste di parroco di Santa Maria Assunta-Cattedrale, decide di destinare San Claudio ad un’azione di restauro sottraendo il busto – di cui si percepiva il valore storico del manufatto e il valore della Storia del personaggio – ad ulteriore deterioramento. La Parrocchia investiva la prima somma necessaria all’inizio dei lavori. Più recentemente e senza esitazione, la volontà del Vescovo Giacomo Cirulli, pastore diocesano, è stata quella di portare a compimento il lavoro, e tramite il contributo economico della Diocesi di Alife-Caiazzo, restituire alla Chiesa Cattedrale l’antico manufatto, opera d’arte e memoria di fede.

 L’iconografia 
Un’opera ascrivibile al primo Settecento, probabilmente della Scuola scultorea napoletana del Sanmartino, realizzata secondo la classica impostazione che prevedeva all’interno del busto una cavità destinata a contenere le reliquie del santo raffigurato. Il San Claudio alifano è un martire risalente alle persecuzioni di Diocleziano (la sua iconografia e la datazione del busto, ben lo separano dal San Claudio de La Colombiere, il gesuita francese morto nel 1682, canonizzato da Giovanni Paolo II nel 1992); ma del santo non vi sono reliquie. Nel corso del tempo, il cranio custodito nel busto è stato sottratto come pure l’aureola (in metallo) e la mano con la palma, simbolo del martirio (anch’essa in metallo). L’urgenza del restauro si attestava dunque come forma di rispetto per un bene della comunità e per il ricordo di un martirio che – come tanti nella storia del cristianesimo – sono stati linfa e vita per il cammino della Chiesa.

 Le fasi di lavoro 
L’umidità dell’ambiente in cui era allocato il busto aveva causato la perdita di circa il 60% della preparazione e dello strato pittorico ed il distacco di alcune parti del modellato ligneo. La prima operazione dei restauratori è stata quella di deumidificare l’opera per poter proseguire con gli interventi successivi. Prima di disinfestare il busto si è reso necessario fissare la pellicola pittorica onde evitare la perdita di ulteriori parti di colore. A seguire, una serie di operazioni sotto il diretto controllo dei funzionari della Soprintendenza per la corretta individuazione di tecniche e materiali: la disinfestazione contro gli attacchi di insetti xilofagi; l’ulteriore fissaggio della preparazione e della pellicola pittorica; il consolidamento della struttura lignea; il fissaggio e l’ancoraggio di alcune parti staccate del panneggio; la pulitura della superficie pittorica; la verniciatura intermedia; la ricostruzione del bulbo oculare totalmente mancante e parti della capigliatura. Purtroppo San Claudio resta privo di una mano la cui realizzazione ex novo non è stata autorizzata. Il lavoro è proseguito con le stuccature di tutte le lacune del busto tranne la base, dove è stato lasciato a vista il legno aggiunto alle parti mancanti. A seguire, il delicatissimo lavoro di reintegrazione delle cadute di colore con la “tecnica a puntinato” e con una selezione cromatica leggermente sotto tono, al fine di evidenziare le parti antiche dalle aggiunte (solo una visione ravvicinata consente di notare tale caratteristica). In ultimo la verniciatura semiopaca che ha restituito la statua oggi visibile. Come tradizione per le statue dei santi martiri, venivano adoperati il colore rosso simbolo del martirio, e il verde segno della speranza nella vita eterna; la mano sinistra regge il testo della Sacra Scrittura; tutto il panneggio presenta l’impostazione classica del barocco.

Il Covid che ha rallentato il processo di restauro e le condizioni critiche dell’opera appartengono ormai al passato: San Claudio e la sua storia di fede riportano in Cattedrale un messaggio forte: l’amore per il Vangelo è donare tutto di sé come Cristo ha insegnato e testimoniato con la propria vita.

Si ringraziano: don Antonio Sasso, Responsabile Ufficio Arte Sacra e Beni Culturali della Diocesi di Alife-Caiazzo; Ditta Nova Ars di Avellino. 

In foto: il busto ligneo durante i lavori di restauro e a lavoro concluso.

 

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