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“Bombs away!” Il bombardamento di Alife il 13 ottobre 1943

Ricorre oggi l'82esimo anniversario del bombardamento degli Alleati su Alife. Si tratto di un tragico errore, ma lo si scoprì solo a distanza di mesi

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bombardamento alife 1943
Alife bombardata

L’esposizione al pericolo correva di pari passo con il bisogno di nutrire tutti e chiunque si fosse rifugiato sulle colline di San Michele, la frazione di Alife poco distante dal centro abitato, ma al sicuro per chi ormai era consapevole che i tedeschi in ritirata era disposti a tutto. Anche il 13 ottobre del 1943: molti erano rimasti in collina; pochi – comprensibilmente – erano in città per curare qualche animale lasciato nelle stalle, per racimolare effetti personali, per cucinare nei forni disponibili. A San Michele, nei piccoli rifugi ricavati tra la vegetazione, si stava insieme: dormire, mangiare, parlare di ciò che accadeva, ricamare, rammendare erano le attività di quei giorni. Da lì si udì chiaramente il rombo dei bombardieri americani (li avevano visti sorvolare e bombardare già il 9); sul quartiere Castello piovvero bombe e piombò la morte. Erano le 12.02 quando 88 ordigni esplosivi furono sganciati su quell’angolo di città verso un obiettivo “nemico” che solo dopo si comprese essere un falso: “Open the doors…”, fu l’ordine impartito dal capitano Rammelkamp, “Bombs away!”. Il giorno seguente, i report di guerra annunciavano «Alife eliminated».

“Nell’estate del 1944, poco dopo la liberazione di Roma da parte delle truppe anglo-americane, Pat N. Walker, sergente capo (M/Sgt.) dell’aviazione americana (USAAF), si recò ad Alife alla ricerca di un non meglio precisato “cimitero tedesco”, scrive il prof. Giuseppe Angelone nel libro H-2703. Alife, una città dimezzata, Edizioni ASMV 2010. “Dopo che numerosi abitanti, alla sua bizzarra richiesta, gli avevano risposto che in città non vi era mai stato un luogo di sepoltura di soldati germanici, improvvisamente capì: il bombardamento di Alife del 13 ottobre 1943 era stato «a dreadful mistake», un terribile errore!”.

A pagare quell’errore, nell’immediato, furono diversi cittadini tra cui il giovane parroco don Antonino Leggio. Nel tempo i riverberi del bombardamento e di quelle morti pesarono non poco sulla vita che necessitava di svolte e passi coraggiosi in avanti. Vinse la solidarietà tra quanti non avevano più niente; la generosità di chi seppe condividere; ma vinse anche la fame e la strada di cercare altrove un più sicuro rifugio: Alife fu uno dei paesi dell’area matesina a registrare negli anni successivi uno dei più alti flussi di emigrazione all’estero.

Cosa insegna la guerra? E cosa insegnano le azioni di solidarietà che si compirono tra i cittadini? Sul piatto della bilancia la morte e la vita, ieri come oggi, affidata agli uomini di buona volontà, quelli che anche ad Alife – come nel resto del mondo – amano la pace, spendono parole di pace, compiono azioni di pace.

Sul nostro canale YouTube ci racconta quei fatti la signora Iolanda Manzo intervistata un anno fa in questa medesima circostanza.

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