Home Attualità Venezia69. L'amore esistenziale di Malick e quello divertente della Bier

Venezia69. L'amore esistenziale di Malick e quello divertente della Bier

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Non delude il primo film italiano in concorso di Daniele Ciprì “E’ stato il figlio”

Era tra i più attesi in questa 69^ Mostra del cinema di Venezia, specialmente dopo la Palma d’oro al penultimo Cannes per “The tree of life“, saggio sulla vita e sul trascendente. Terrence Malick ha portato al Lido (non di persona, data la sua nota ed estrema distanza dai mondo), in concorso, il suo ultimo lavoro “To the wonder“, storia dell’amore che coinvolge una giovane coppia, imperniata, ancora, attorno ai concetti di natura, umanità, e di chi li “governa”.
Se il precedente film aveva il pregio di sviluppare, con un comparto visivo eccezionale e memorabile, una personale visione del mondo e della nascita della vita, in uno stile a metà tra la new age e il poetico (generando una netta divisione nella critica), stavolta il regista di “La sottile linea rossa” esaspera quelle cifre stilitiche, assieme allo stesso pubblico, spettatore di un continuo refrain di scene tra i due amanti che si attraggono e si allontanano, mentre la persistente voce fuori campo dei protagonisti vaga attraverso quesiti, senza risposta, sulla religione, la divinità, l’amore, il senso della vita. Tanta carne sul fuoco accolta alla proiezione stampa con applausi e fischi, come del resto poteva essere prevedibile.

"E' stato il figlio" di D.Ciprì

Un clima amoroso più rilassato, invece, in “Love is all you need” divertentissima commedia dolceamara fuori concorso della danese Susanne Bier, girata quasi totalmente nella nostra Campania, a Sorrento, con l’ex 007 Pierce Brosnan tra i protagonisti. L’attore interpreta un genitore diretto in Italia per il  matrimonio del figlio, e che durante il tragitto conosce la madre della futura nuora. Tra i due nasce un’intesa che attraverserà buffe vicende fra i vari membri delle due famiglie, con una nota malinconica sottesa e un velato senso di solitudine all’ombra dei limoni, tra incantate vedute di Sorrento e vivaci tinte pastello.
Altro film, altro contesto familiare. Non male il primo italiano in concorso firmato Daniele Ciprì, da solo al timone per la prima volta senza il compagno di sempre Franco Maresco a dirigere “E’ stato il figlio” (nelle sale dal 14 settembre). E dà quel che ci si aspettava, e cioè il ritratto grottesco di personaggi “mostruosi” che rivelano alla macchina da presa il peggio dell’essere umano, nello stesso stile a cui Ciprì ci aveva abituati con i lavori precedenti e con i corti di Cinico Tv. E’ la storia di una famiglia, i Ciraulo, che vive nella periferia della Palermo, in lotta quotidiana con la povertà. Quando la figlia più piccola viene uccisa, i Ciraulo ottengono dallo Stato diversi milioni di lire per la legge sulle vittime di mafia. Come spendere questa improvvisa fortuna? Da qui si dipanano le vicende che faranno di loro il simbolo di una famiglia disumanizzata e immorale, specie nella parte finale. Il casertano Toni Servillo interpreta la figura paterna del gruppo, e dà forma, con la sua solita energia, a un personaggio fastidioso che va ad infoltire il già ricco album di figure forti e ambigue che l’hanno reso celebre nel cinema italiano.

mich.mend

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