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Venezia 69. Bellocchio, "Bella addormentata" non sorprende

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A partire dal caso Englaro il regista racconta, senza cercare la polemica, storie in prospettive diverse su temi scottanti

Non è un film ideologico. Marco Bellocchio, in concorso con l’ultimo lavoro “Bella addormentata“, lo ha sottolineato più volte alla conferenza stampa del suo film, il secondo italiano a passare per la competizione principale. E, è bene chiarire, non è un film sul caso di Eluana Englaro e della sua morte per eutanasia, sebbene il fatto costituisca il tessuto emotivo sul quale il regista piacentino intreccia quattro vicende nelle quali si toccano i temi della vita, della morte, dell’etica privata.
La polemica, comprensibilmente, è in ogni caso dietro l’angolo, anche se l’incontro con la stampa non ha innescato dibattiti di particolare intensità.
In “Bella addormentata” (un riferimento, forse, alla stessa Italia?) Bellocchio ci narra quattro storie: una donna vuole morire e dire addio al mondo; una madre soffre e si affida alla religione a causa del coma della figlia; un senatore del Pdl, in crisi di coscienza, si oppone al pensiero del Partito sul caso Englaro; due ragazzi, dalle opinioni completamente opposte, si innamorano.

Bellocchio dopo la conferenza stampa

Il regista di “I pugni in tasca” ci offre prospettive parallele e differenti, sovrapposte, senza prendere mai posizione, né pretendere di fornire risposte, concedendosi soltanto il piacere consueto di sferzare una classe politica (formidabile in quest’ottica il contributo dell’attore Roberto Herlitzka, il Moro di “Buongiorno notte“) che nel film appare incapace di fornire soluzioni a una delle questioni più complesse che la società oggi necessita di affrontare con fermezza. In generale è lo stesso universo istituzionale a uscirne malconcio, dai medici che scommettono sulla sopravvivenza dei pazienti ai poliziotti che giocano a carte con gli arrestati.
Era lecito forse aspettarsi qualcosa di più da Bellocchio, visti i temi scottanti al centro del racconto, e considerati i precedenti cinematografici di notevole e maggiore forza. Ma il tocco di maestro si sente costantemente, per niente assopito stando a guardare l’intensità con la quale le storie vengono raccontate. Bellocchio si affida in questo anche alle doti degli attori protagonisti, tra cui spiccano, oltre al già citato Herlitzka, Toni Servillo (presente in due film del concorso) e Isabelle Huppert.

Michele Menditto

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