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Diocesi. I frutti buoni del Convegno

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L’invito del Vescovo di fare insieme la chiesa di Alife-Caiazzo è risuonato più volte. Chi saranno i protagonisti del cantiere diocesano?

Quale nuova esperienza sarà per la diocesi di Alife-Caiazzo all’indomani del convegno diocesano “Dalla memoria alla testimonianza”. Una necessità si è imposta all’attenzione di sacerdoti e laici e che don Emilio Salvatore ha sintetizzato facendo tesoro del prezioso contributo venuto dalle parrocchie: la formazione.
Seppur questa “esperienza” sia stata vissuta in passato con fatica e si è reclamato la necessità di perfezionarla, di contenerla nei costi, la formazione è ritornata di frequente tra le richieste e le priorità del confronto che ha preceduto il convegno.
“Mettersi in stato di formazione”. E’ l’atteggiamento individuato dal relatore don Emilio Salvatore per l’intera comunità di Alife-Caiazzo, perchè sua pronta a interloquire con il territorio, ad intercettare i segnali più deboli e apparentemente inascoltati che provengono dalle famiglie, dai giovani, dai tanti che chiedono vicinanza: “Occorre formazione umana, che tocchi un’educazione al rispetto dell’altro, della sua storia e della sua identità, dei ruoli, senza il quale il dialogo è impossibile. (…) Occorre formazione spirituale, nel senso forte del termine. Dobbiamo riappropriarci della nostra fede, quella autentica, fondata sul Credo, sulle verità essenziali, sfrondandola di tante sovrastrutture che somigliano alla polvere che si condensa sui santi delle nostre nicchie”.
Un coraggioso e appassionato movimento fatto di cuore e di azione che tenga “alta la luce del Vangelo sul territorio”. Così in conclusione del suo intervento don Emilio Salvatore lanciando un invito a sacerdoti e laici.
Provocazioni che interrogano sul futuro e che puntano sulla effettiva volontà di assumenre impegni e responsabilità, senza mezzi termini. Impegni e sacrifici che talvolta sanno anche di dolore.
Una fede vissuta e meno parlata. Una fede delle opere come ha voluto sottolineare il Vescovo, Mons.Valentino Di Cerbo, citando San Giacomo ed esortando ad essere sul territorio segni concreti di carità.
Il Convegno diocesano ha posto così delle domande, acceso nuovi dubbi, avviato nuovi percorsi interiori. Si tratta di riflessioni, personali o collettive, che già fanno parte della storia di questi giorni e che meritano voce e ascolto. Si tratta del pensiero e delle idee venute nella mente dei trecentocinquanta che per due giorni hanno accolto con semplicità e impegno il racconto di una chiesa tanto antica nelle tradizioni quanto giovane nei progetti. Questo “quadro positivo – come lo ha definito il Vescovo – deve sostenerci anche quando ci assale lo scoraggiamento, quando prevale la considerazione dei nostri limiti e dei nostri peccati, o quando vediamo che le nostre fatiche non ottengono i risultati sperati. Ma i gesti di amore seminati nelle storie delle persone che incontriamo, sono semi buoni affidati alla terra nell’attesa paziente e fiduciosa che – non sappiamo quando – il Signore trasformerà in alberi frondosi e accoglienti”.

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