La Corte Costituzionale ha liberalizzato totalmente la commercializzazione, rigettando tutte le istanze delle Regioni. Da monsignor Casile (Ufficio Cei per i problemi sociali e il lavoro) l’invito a ”non sacrificare all’economia” il giorno del Signore
Gli orari e i giorni di apertura (o chiusura) degli esercizi commerciali sono un tema che non cessa di interessare e anche dividere l’opinione pubblica, il mondo politico nonché la stessa Chiesa, soprattutto per gli aspetti legati al riposo festivo, alla celebrazione cristiana della domenica, alla vita comunitaria, alla dimensione dei legami familiari. Recentemente la Corte Costituzionale italiana si è pronunciata sulla materia, prendendo in considerazione numerosi ricorsi presentati da diverse Regioni italiane, in forma e con modalità e contenuti diversi, ma tutti accomunati dall’intento di salvaguardare, in qualche modo, la domenica come giorno festivo e di riposo oltre che di armonia familiare e sociale. La Corte Costituzionale ha di fatto rigettato tutti i ricorsi regionali variamente motivati a difesa dei piccoli esercizi (Piemonte), del riposo settimanale (Friuli e Toscana), del rispetto delle peculiarità socio-culturali (Lombardia) e altre. La Consulta ha così sancito, a quanto sembra una volta per tutte, la prevalenza del principio di “tutela della concorrenza” e del valore superiore della liberalizzazione, “rimuovendo vincoli e limiti alle modalità di esercizio delle attività economiche”. Tutto ciò – sostiene la Corte – va “a beneficio dei consumatori” creando “un mercato più dinamico e più aperto all’ingresso di nuovi operatori”. Di fronte a questi pronunciamenti, il Sir ha raccolto il parere di monsignor Angelo Casile, direttore dell’Ufficio nazionale per i problemi sociali e il lavoro della Cei.
Per l’intervista clicca qui
Ma il territorio altocasertano come la pensa?