L’agenzia di stampa pubblica le parole che questa mattina Serena Riselli ha riferito a noi di Clarus Online
Tanta paura ma nessun danno per una famiglia residente a Piedimonte Matese (Caserta) presente ieri alla maratona di Boston dove due bombe hanno ucciso tre persone, tra cui un bambino di 8 anni, ferendone 144. Al momento dell’attentato, Umberto Riselli gareggiava, mentre la moglie Ida e la figlia Serena erano a non molta distanza dal traguardo. «In prossimità del traguardo – come ha detto, secondo quanto riferiscono il giornale ‘Clarus‘ della diocesi di Alife-Caiazzo e il sito www.caiazzorinasce.net – c’era troppa gente e perciò abbiamo pensato di allontanarci in attesa che transitasse mio padre con la speranza di vederlo passare in prossimità del segnale dell’ultimo miglio». Scoppia la prima,
quindi la seconda bomba, le due donne odono distintamente le deflagrazioni, in particolare l’ultima, vicinissima; «inizialmente l’illusione è stata quella che si trattasse di spari in occasione del patriot day, come era accaduto al mattino – prosegue la ragazza – ma poi abbiamo visto alzarsi una colonna di fumo denso a pochi metri da noi, così ho afferrato mia madre per una mano e abbiamo iniziato a correre imbattendoci da subito in poliziotti e militari. In mezz’ora abbiamo raggiunto l’albergo».
Serena contatta a quel punto il padre. «L’ho chiamato al telefono avvisandolo di quanto fosse accaduto: lui che era in corsa, a 5 km dall’arrivo ancora non sapeva nulla. Poi una volta fermata la corsa, dopo circa un’ora ci ha raggiunte in albergo». La famiglia Riselli tornerà in Italia giovedì.
ANSA