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Attività commerciali aperte a Pasqua. È giusto? LA PAROLA ALL’ESPERTO

La parola al professore Raffaele Santoro. Reazioni diverse a confronto: sciopero dei lavoratori oppure sciopero dello shopping? Per qualcuno le attività aperte nel giorno di Pasqua incrementerebbero le vendite per limitare la crisi. La scelta è questione di vera coscienza

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Raffaele Santoro*

Nello specifico, l’articolo 31 (comma 1) del decreto legge 6 dicembre 2011 n. 201 (decreto Salva Italia) ha riformato l’articolo 3 (comma 1, lettera d-bis) del decreto legge 4 luglio 2006 n. 223 (decreto Bersani), il quale, per effetto delle modifiche introdotte, attualmente dispone che «le attività commerciali, come individuate dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, e di somministrazione di alimenti e bevande, sono svolte, tra l’altro, senza i seguenti limiti e prescrizioni: (…) d-bis) il rispetto degli orari di apertura e di chiusura, l’obbligo della chiusura domenicale e festiva, nonché quello della mezza giornata di chiusura infrasettimanale dell’esercizio».

Sulla base di questa previsione normativa è stata adottata in alcuni casi la decisione di non chiudere le attività commerciali nel giorno di Pasqua.
Al di là di quelle che possono essere le considerazioni personali, costantemente oggetto di dibattito negli ultimi giorni in numerose trasmissione televisive, ho ritenuto alquanto grave l’assenza di un necessario dimensionamento della vicenda all’interno del suo naturale alveo che è quello del diritto.

Sotto questo profilo, l’art. 6 della Legge 25 marzo 1985 – Ratifica ed esecuzione dell’accordo con protocollo addizionale, firmato a Roma il 18 febbraio 1984, che apporta modifiche al Concordato lateranense dell’11 febbraio 1929, tra la Repubblica italiana e la Santa Sede, sancisce che «La Repubblica italiana riconosce come giorni festivi tutte le domeniche e le altre festività religiose determinate d’intesa tra le parti».

È un dato acquisito che la legge di esecuzione degli accordi tra Repubblica italiana e Santa Sede costituisca una “fonte atipica” del diritto, in quanto dotata di “efficacia passiva rinforzata”, ossia è in grado di resistere all’abrogazione da parte leggi ordinarie ad essa contrarie.

Pertanto, circa il rispetto dei giorni festivi riconosciuti dalla Repubblica italiana nella predetta norma, il testo del decreto Salva Italia non produce alcun effetto abrogativo e pertanto non può incidere su quanto previsto nell’art. 6 del su indicato Accordo sottoscritto con la Santa Sede.

La Costituzione italiana, inoltre, nel sancire che «L’iniziativa economica privata è libera» (art. 41, comma 1), aggiunge che essa «Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana» (art. 41, comma 2), della quale è elemento strutturale il rispetto del diritto di libertà religiosa (art. 19 Cost.).

È da apprezzare, invece, la scelta di una serie di aziende di chiudere le strutture nel giorno di Pasqua. In merito agli altri casi, in numerosi interventi è stato proposto uno sciopero dei lavoratori.
Personalmente ritengo più efficace un’opera di sensibilizzazione dell’opinione pubblica che potrebbe tradursi in uno “sciopero dei consumatori” in solidarietà dei lavoratori, i quali, nel giorno in cui si celebra una delle più importanti festività cristiane, devono abbandonare le proprie famiglie per recarsi a lavoro.

Le rivoluzioni buone iniziano sempre da piccoli gesti, come potrebbe essere uno “sciopero dello shopping” nel giorno di Pasqua, anche per invocare il rispetto di quanto sancito nell’Accordo tra Repubblica italiana e Santa Sede, il quale, come sopra detto, non può essere modificato unilateralmente dallo Stato.

*Professore di Diritto Canonico presso l’Università della Campania “Luigi Vanvitelli” e di Attività concordataria della Santa Sede presso la Pontificia Università Urbaniana

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