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Rapporto Istat: famiglie tradizionali della provincia, anziane sole e giovani disoccupati

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L’Istat la ha definite “famiglie tradizionali della provincia” e rappresentano il più esiguo tra i nove gruppi sociali presentati nel rapporto 2017. L’elemento tradizionale sta soprattutto nel fatto che in nove casi su dieci il principale percettore di reddito è un uomo e nella presenza di più generazioni. Si tratta di meno di un milione di famiglie (il 3,3% del totale) per 3,6 milioni di individui (6%).
Quindi si tratta di nuclei relativamente numerosi (4,3 componenti in media), nella quasi totalità coppie con figli o costituiti a loro volta da più nuclei (8,2%). Vivono per lo più al Sud e in centri al di sotto dei 50mila abitanti. La persona di riferimento ha in media 53,5 anni, possiede al massimo la licenza media e in un caso su due è commerciante o artigiano. E’ uno dei gruppi a minore benessere monetario, ma può contare su un minimo di supporto sociale se è vero che a un rischio di povertà elevato (quasi il 30%) corrisponde una quota di grave deprivazione in linea con la media nazionale (11,8).

Il gruppo “anziane sole e giovani disoccupati” si spiega perché l’Istat non è partito da un’ipotesi a tavolino, ma ha lasciato che fossero i dati a determinare le categorie. In questo caso concorrono i livelli di reddito, la cittadinanza italiana e le modeste dimensioni del nucleo (fino a tre componenti).
Detto ciò, il gruppo è comprende 3,5 milioni di famiglie e 5,4 milioni di persone (l’8,9% del totale) ed è costituito per l’88,7% da pensionati, prevalentemente donne in età avanzata (68,4 anni di media) e con pensioni diverse da quelle da lavoro (sociali, invalidità…), mentre solo per l’11,3% da disoccupati, per lo più maschi e con una media di 43,1 anni. Ovviamente si tratta di un gruppo molto eterogeneo ma con un elevato rischio di povertà (39%) e, in particolare, una quota di persone in condizioni di grave privazione (21,6%) quasi doppia rispetto alla media nazionale.

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