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Mediterraneo di pace. Sindaci di Firenze, Gerusalemme, Istanbul e Atene: “I regni passano, le città restano”

L'incontro conclusivo a Firenze del Forum dei vescovi e dei sindaci del Mediterraneo. Una sessione ricca di testimonianze tra le quali quelle dei sindaci di Atene, Gerusalemme e Istanbul

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Si è concluso domenica 27 febbraio l’incontro tra vescovi e sindaci del Mediterraneo 58 fra cardinali, patriarchi e vescovi e 65 primi cittadini di trenta Paesi che fanno parte del bacino mediterraneo. Firenze, città scelta come luogo del confronto, ha sentito risuonare il grido unanime contro la guerra che ha accompagnato le cinque giornate (23-27 febbraio) del forum internazionale, in cui si sono avvicendate testimonianze diverse, ma unite nel nome del dialogo. A chiosare il tavolo del confronto la Carta di Firenze, The Florence Charter, il documento conclusivo che sintetizza i principali punti dei lavori svolti.

Foto tvprato.it

Daniele Rocchi – “Il Mediterraneo è un luogo dello spirito e non solo geografico. I confini del Mediterraneo arrivano fino in Ucraina. Per questo diciamo ‘No’ alla guerra, ‘No’ alla guerra, ‘No’ alla guerra!”: lo ha detto il sindaco di Firenze, Dario Nardella, aprendo questa mattina la sessione conclusiva dell’incontro dei vescovi e dei sindaci del Mediterraneo. Una sessione ricca di testimonianze tra le quali quelle dei sindaci di Atene, Gerusalemme e Istanbul, presenti al forum internazionale che ha visto ieri la firma della Carta di Firenze, il documento conclusivo dei lavori. “Abbiamo parlato di inclusione, di clima, di migrazioni e cercato di capirne le cause. La nostra Dichiarazione – ha spiegato Nardella – parla di educazione e della necessità di formare i giovani, auspica la creazione di una Università del Mediterraneo, ribadisce la dignità di ogni essere umano, migranti in testa, sottolinea che è necessario salvare sempre la vita. Il dialogo è più forte della guerra. La diplomazia delle città è forte e rivoluzionaria. I regni passano le città restano”.

Atene. “Dobbiamo prendere consapevolezza delle nostre responsabilità in questo frangente della storia: le città sono ‘un occhio’ lungimirante sui popoli, punti nevralgici per prendere le decisioni per il futuro” ha sostenuto nel suo intervento il sindaco di Atene, Kostas Bakoyannis. “Dobbiamo difendere l’unica e sola verità che da millenni i popoli che abitano il Mediterraneo difendono: l’aver continuato a stare in contatto fra loro. È importante mantenere le tradizioni che fanno parte delle nostre identità, ricordare che per millenni i popoli del Mediterraneo si sono sempre tenuti in contatto nonostante culture e religioni diverse”. Per il sindaco di Atene “è fondamentale parlare di integrità, in questo momento difficile”. Chiaro il riferimento all’Ucraina: “Siamo tutti scioccati dalla brutalità della guerra e siamo impauriti per ciò che sta accadendo in Ucraina. Siamo anche orgogliosi del coraggio mostrato dal popolo ucraino”.

Gerusalemme. “Gerusalemme è nel cuore di tutti i popoli. Siamo impegnati a difendere e a portare la pace in tutto il mondo, nel pieno rispetto di tutte le differenze che ci sono fra gli uomini”. È stato questo il messaggio del sindaco della Città Santa, Moshe Lion. “A Gerusalemme – ha aggiunto – abbiamo due compiti: salvaguardare il passato e la santità della città e custodire il futuro”. Lion ha ricordato che “Gerusalemme recentemente ha conosciuto una rivoluzione diventando una città moderna, un centro economico con tante start up, eccellenze nel campo sanitario, dell’innovazione e delle cyber-tecnologie. È la città dei profeti della Bibbia e dei miracoli moderni”. “Da Gerusalemme – ha affermato – vi porto la benedizione della pace. A Gerusalemme noi preghiamo sempre per la pace nel mondo, anche per l’Ucraina. Gerusalemme sarà in pace solo se il mondo sarà in pace. Preghiamo per la Città Santa e per la pace nel mondo”.

Istanbul. “Il Mare Nostrum è un luogo di grande cultura e bellezza, ma queste non sono di proprietà di nessuno. Chi vede questo nostro mare così, è arrogante e sbaglia. E soprattutto vuole il male delle civiltà. Per questo dobbiamo combattere il male, perché Dio protegge chi difende il bene, e non importa a quale religione appartiene. Per questo è fondamentale lavorare per il bene dell’umanità, per la pace. Allontaniamoci dall’arroganza”. Di pace ha parlato anche Ekrem İmamoğlu, sindaco di Istanbul. “Il Mediterraneo è la civiltà delle civiltà, dove il dialogo, la democrazia e la pace sono sovrani”. “Dobbiamo essere uniti, dobbiamo essere un segno per l’intero mondo. Mettiamo da parte le differenze, i pregiudizi, per comprenderci l’uno con l’altro, per stabilire una cooperazione permanente. Curiamo la pace, promuoviamo uguaglianza, benessere, solidarietà e dialogo in tutte le città mediterranee affinché sia poi così anche nel mondo. Pace nelle nostre case e nelle nostre città”.

La voce delle Chiese. Alla sessione finale di stamattina hanno portato la loro testimonianza anche alcuni vescovi. Il card. Cristóbal Lopez Romero, arcivescovo di Rabat (Marocco) ha definito il Mediterraneo “modello di mondo globale dove vivere in unità, integrando nella fraternità persone di origini e identità diverse”. Da Firenze, ha aggiunto, “usciamo con l’impegno di fare una Chiesa più cattolica e quindi universale grazie anche ai rapporti di fratellanza nati tra noi in questi giorni. Una Chiesa preoccupata per i cittadini e dei più poveri, non racchiusa in una bolla, non autoreferenziale, costruttrice di ponti, artefice di dialogo tra le tre fedi abramitiche, tra credenti e non credenti a servizio della fraternità universale”. Parole condivise anche da mons. Zelimir Puljic, arcivescovo di Zadar, Presidente della Conferenza episcopale di Croazia, che ricordando l’opera del sindaco La Pira ha ribadito l’importanza del mare Mediterraneo, quale “nuovo continente da riscoprire e valorizzare perché sulle sue sponde le fedi abramitiche si sono mescolate come in nessun altro posto al mondo”. Per mons. Rami Flaviano Al-Kabalan, Procuratore a Roma del Patriarcato di Antiochia dei Siri, “è urgente dialogare per la salvaguardia del bene comune. Per questo la collaborazione intra-ecclesiale deve allargarsi a quella con la società civile. Siamo corresponsabili dei fedeli e dei cittadini: dobbiamo essere guide sicure per promuovere l’amicizia tra i nostri popoli”.

Fonte Agensir

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